Un po’ di fatti miei.
Sto scrivendo una storia ambientata negli anni Settanta (almeno in parte). Ho raccolto foto, letto giornali e riviste dell’epoca, consultato archivi telematici, scartabellato tra i ricordi. Fine dei fatti miei.
Un po’ di fatti vostri o nostri.
Ho visto Ballarò, ieri sera, proprio perché la trasmissione era dedicata agli anni Settanta e si occupava dell’angolazione che mi interessa: quella sbagliata.
Gli anni Settanta sono stati l’epoca di una violenza legittimata, quasi giustificata. L’idea romantica di un decennio di grandi rivalse, di teste rialzate, di riscossa italica mi fa, oggi, schifo. Gli anni Settanta, nel nostro Paese, sono un libro riscritto con grafia incerta, giorno dopo giorno. Parole, pallottole, neri, rossi, carnefici, vittime, giustizia, rivoluzione: parole sovrapposte, pasticciate, senza storia.
La storia è il senso del tempo. E il tempo ha regalato la libertà a molti assassini di quegli anni: il killer di Walter Tobagi ha fatto solo due anni di carcere, lo sapevate? Ve lo hanno raccontato?
Ma il tempo può regalare molto di più. Sergio D’Elia era un terrorista di Prima Linea. E’ stato condannato per banda armata e concorso in omicidio. Su venticinque anni ne ha scontati dodici. Nel 2006 è stato eletto deputato alla Camera nelle fila della Rosa nel Pugno, è stato nominato segretario alla Presidenza della Camera e fa parte della III Commissione, Affari esteri e comunitari, e del Comitato di vigilanza sulle attività di documentazione.
Ci indigniamo per i cinque anni in primo grado a Cuffaro, nell’anno di grazia 2008. Cuffaro non ha tirato bombe, non ha ucciso nessuno, non ha tentato l’evasione dal carcere di Firenze (come D’Elia), non si è riciclato come intellettuale, non si è ripulito le mani sporche di sangue sulla camicia inamidata. Cuffaro è un discutibile politico dei giorni nostri. Ma lo è certamente meno di D’Elia. Eppure fa più notizia. Il Signore mi fulmini se voglio difendere il governatore della Sicilia (col videoclip che gli ho regalato…).
Quello che voglio dire è che siamo tutti figli dei fatti. Ma l’amnesia ha un grembo ancora più capiente.
Gli anni Settanta nel mondo hanno portato i Pink Floyd come la discomusic, i libri di Stephen King come quelli di Henri Charriere, i film di Martin Scorsese come quelli di Stanley Kubrick, la rivoluzione tecnologica (compact disc e walkman) come il nudismo. In Italia nulla o poco più di nulla.
Facciamo un monumento nel nostro Paese a quegli anni, facciamolo brutto, un monolito grezzo e oscuro. E cominciamo a studiare almeno la storia più recente.