C’era uno splendido editoriale ieri sul Corriere della sera, firmato da Claudio Magris (se ve lo siete persi, lo trovate qui). Il tema è quello del ruolo degli scrittori, del valore della letteratura nel destino degli uomini. Da più parti e in varie epoche si è invocata, temuta o combattuta una politicizzazione dell’arte. Da anni, specie nei dibattiti sul cosiddetto romanzo sociale, si chiedono ai narratori strumenti e modi per risolvere i misteri del nostro tempo. Spesso gli si imputa di frequentare un’ideologia piuttosto che un’altra. Ancor più spesso di non sposarne una. Una variante più perniciosa di polemisti addirittura si spinge ad accusare una classe (intesa in senso anagrafico) di scrittori di tradire le proprie origini geografiche e culturali, di debordare rispetto all’orticello nel quale sono nati e cresciuti. E via criticando.
La statura intellettuale di Claudio Magris è tale da togliermi ogni possibilità di manovra nell’adoperarmi per dargli ragione, applaudire e sorridere quasi commosso. Perché chi vive di scrittura sa quanto sia difficile la scelta di questo non mestiere che riempie e svuota al tempo stesso. Lo scrittore non è una persona giudiziosa che pianifica, risparmia, investe. No, è un dannato nato per la sua dannazione che non sa fare altro, e se lo sa fare non gliene frega niente. Vive per le sue storie, che risultino belle o no, che siano pubblicate o cestinate. Si sveglia nel cuore della notte con un’idea in testa e corre ad appuntarsela prima che svanisca a causa della piena coscienza. E’ talmente abituato ai fallimenti che quando inanella qualche successo si chiede dove stia il trucco. Presuntuoso per quanto sia, si sente nudo davanti ai suoi personaggi, che sono la vera incarnazione del suo paradosso: un creatore condizionato dalle vite riflesse che lui stesso ha generato.
Gli scrittori, famosi e sconosciuti, conclamati e in pectore, hanno il compito di inventare un mondo sempre nuovo, pagina dopo pagina. Molti lo fanno gratis, altri lo farebbero gratis. Se non sognano nuove storie, sognano che qualcuno li legga. Invecchiano così, e non chiedetegli altro.
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