Gentile presidente Miccichè

Gentile presidente Gianfranco Miccichè, lei è la più alta carica dell’Ars, il parlamento siciliano, tra i più antichi del mondo. Recentemente ha scritto nel suo blog, e confermato in altre interviste, di voler far debuttare la Sicilia su Second Life. Non mi unisco al coro dei soliti disfattisti che rispolverano sempre problemi antichi (insoluti) quando si parla di idee moderne, anche se mi ha fatto sorridere la battuta di un blogger su Rosalio che, parafrasata, suonava così: prima di pensare alla second, pensiamo alla prima life.
Bando agli scherzi, la tecnologia e l’innovazione non sono surrogati, né vernice coprente della realtà quindi smettiamola con i piagnistei: la mafia, la disoccupazione, la siccità e il traffico non si sentono trascurati se si dà più forza al silicio e ai circuiti stampati.
Le scrivo dal mio piccolo blog perché qui c’è la certezza di rimanere in tema e c’è il mio personale impegno affinché tutti i commenti fuori argomento (in gergo internettiano OT) vengano evitati. Parliamo di tecnologia, di immagine virtuale della Sicilia, di risorse economiche destinate a questi settori.
Con l’operazione Second Life lei dice, anzi scrive, di voler coinvolgere “i cittadini in un processo di democrazia partecipativa” all’interno del “metamondo”. Ottima idea. Ma quanti cittadini hanno accesso alla rete senza problemi? E’ più importante una realtà virtuale con tanti commessi-avatar, mostre in alta risoluzione e banner assessoriali o una connessione con mezzi efficienti, tariffe eque e soprattutto al passo con le altre città europee?
Lei, gentile presidente, ha promesso un network Wi-Fi cittadino e leggo che entro due settimane partirà un servizio sperimentale in piazza Magione a Palermo. Favoloso, me lo segno. Possiamo sapere in modo chiaro quali sono i costi di questa operazione così da poter giudicare in modo sereno e soprattutto completo?
E, a proposito di costi, ci può dire a cosa stiamo rinunciando (perché la coperta è stretta, si sa) per lanciarci nell’avventura di Second Life?
Nel “metamondo”, che è già una parola poco digeribile in una regione che di “metà” sopravvive, dobbiamo dare immagini complete e aderenti alla realtà. Che specchio è quello che non riflette, ma deforma?
Ecco, gentile presidente, mi piace pensare che l’immagine virtuale della Sicilia che lei ha in mente sia quanto più veritiera possibile: con i tesori dell’Isola e con i pirati che le sono nemici, con le risorse e con i limiti che dovranno essere eliminati, con la storia dei grandi e con l’elenco degli ignobili, con le promesse in evidenza al pari degli errori da non ripetere mai più.
Solo così dimostrerà di aver indirizzato la medesima attenzione alla prima e alla second life.

Aggiornamento.
La risposta del presidente Gianfranco Miccichè.
Buongiorno
per quanto riguarda SL ribadisco quanto già detto….per quanto riguarda i costi di piazza magione si attestano attorno ai 10000€ che è al mio modo di vedere un costo basso per un servizio del genere…

saluti

Gianfranco Miccichè

La polemica sul fondoschiena

Apprendo che nei giorni della mia assenza si è sviluppata una polemica sul culo delle concorrenti di Miss Italia. Un giurato ha esternato la sua pulsione di vedere anche il fondoschiena delle concorrenti e ha innescato un dibattito nazionale sul tema. Ho letto critiche sdegnate, ho letto richiami al rispetto della donna, ho letto interventi di Grandi Firme, ho letto infine una marea di stupidaggini.
Fatta salva la risata per la goliardata del giurato – che era la reazione più consona che un Paese normale avrebbe dovuto riservare all’argomento – cosa ci si aspetta da un concorso di bellezza? Sorprese, leggerezza e, perché no?, stupidaggini.
Una volta, molti anni fa, mi capitò di scrivere su un concorso che aveva l’ardire di intitolarsi “Una checca per l’estate”. Mi commissionarono un pezzo ironico, anche di sfottò. Mi ritrovai invece a scrivere una cronaca crudele, e soprattutto seria. Come seria può essere una manifestazione del genere. Ricevetti – e fu l’unica volta – diverse lettere di complimenti che provenivano dalle/dai concorrenti. Le conservo ancora.
I concorsi di bellezza, in ogni latitudine, insegnano una sola cosa: l’aspetto fisico è carta d’identità e sbozzo di moralismi, è orgoglio e vergogna, è alcol dei sensi e valeriana della ragione. Pretendere che una miss abbia un bel culo è un diritto. Far finta di giudicarla dallo sguardo, un’ipocrisia pelosa.
Evitiamo i primi piani per via della fascia protetta, tanto chi guarda programmi simili sbircia senza tante storie. Però non facciamone un argomento serio su cui perdere tempo. Di culi in mostra parliamo, eh!

Breve assenza

Qualche giorno di assenza per motivi di lavoro. Appuntamento a lunedì prossimo. E mi raccomando, non fate troppo casino!

La lezione dei meetup

Avevo deciso di cercare un argomento diverso per il post di oggi, con fatica lo avevo anche trovato. Poi ho riletto i commenti al mio temino di ieri e ho capito che c’è ancora qualcosa che dobbiamo dirci. Il bello di un blog è la libertà assoluta di chi lo gestisce (io, nel mio piccolo) e di chi lo rende vivo (voi!). Allora proviamo a essere chiari, tanto siamo tutti maggiorenni e soprattutto resistenti agli incantatori.
L’onda populista che rischia di sommergere i partiti è più pericolosa della malapolitica che allaga il nostro Paese. E ciò non solo perché, come dice D’Alema, se spariscono i partiti arrivano i militari, ma perché, per parafrasare Napoletano, l’antipolitica è nemica di uno stato democratico. Ci sono due termini che, in questi giorni, puntellano la cronaca traballante di giornali e (alcune) tv: uno l’ho citato poco sopra ed è populismo, l’altro è qualunquismo. Il primo è riferito all’effetto, il secondo alla causa. Solo che il primo s’attaglia alla realtà, il secondo no. Se infatti il populismo è tragicamente palpabile nelle conferenze stampa, nelle chiacchiere da bar, nelle dichiarazioni pubbliche e nei dibattiti da tinello, il qualunquismo è lontano dal popolo dei meetup, vero motore della rivoluzione vaffanculista. Andatevi a rivedere la puntata di Primo Piano di due giorni fa e vi accorgerete che questa gente è impegnata da anni in lotte sociali e politiche, dal basso, con una sovrannaturale forza di volontà e soprattutto con o senza Grillo.
Come si possono bollare di qualunquismo persone così?
Ecco, di questa gente io mi fido. E’ questa la gente che voterei in qualsiasi lista civica. E’ questa la gente che conosce meglio di altri la realtà in cui vive e che meglio di altri può gestirla amministrativamente. E’ questa gente che può permettersi di prendere per un orecchio il premier Prodi quando spara che “la società non è migliore della sua classe politica”.
La classe politica deve essere migliore della società, per contratto, caro Presidente. Evidentemente lei ha le idee molto confuse o fa il birichino. Vada a scuola dai meetup di Napoli e stia dietro la lavagna per un po’.

Il governo del popolo

Grillo che fa politica mi diverte come Prodi che fa il comico, cioè pochissimo. Ma è un mio difetto: sono sempre stato per una precisa separazione di ruoli, carriere, ambiti. Mi piacerebbe vivere in un mondo di specializzati, dove ognuno ha una competenza (tecnica, umana, spirituale) e dove per trasmigrare da un campo all’altro ci vogliono, esami, riflessioni, giudizi qualificati e prove, prove, prove.
Esempio. Se un professionista vuole tentare la carriera politica, deve presentare un programma che non sia un temino delle scuole elementari, ma una bibbia delle sue azioni presenti, future e passate. Vuole abbassare le tasse? Dimostri di averle pagate sempre e correttamente. Vuole rilanciare il mercato immobiliare? Paghi il suo affitto (o il suo mutuo, o entrambi) come gli altri umani, senza privilegi di casta. Vuole lanciarsi in una campagna di legalità a tolleranza zero? Presenti tutte le ricevute delle multe pagate da quando ha preso la patente.
A parte la fondatezza di molte critiche mosse da Beppe Grillo al sistema politico italiano, trovo la sua iniziativa delle liste civiche zoppa dalla nascita. Un governo del popolo, inteso come massa che diventa ora deputato, ora ministro, ora sottosegretario, è un autobus con cento autisti e nessun passeggero. Un governo in nome del popolo è altra cosa: è la politica più seria ed efficace che guida il Paese (i passeggeri) e che sceglie con autonomia dove fermarsi e dove accelerare.
Per guadagnare fiducia, un governo – nel segno della specializzazione delle teste che lo compongono – deve fare scelte impopolari.
E il popolo che fa scelte impopolari non è solo un bisticcio linguistico, è un’utopia che va dritta al caos.

Ancora sul bacio

Ancora sul bacio tra omosessuali, tema sul quale ci scaldiamo da un paio di giorni. Stavolta vi do due elementi di cronaca, neanche troppo fresca, su cui riflettere.
Secondo il sostituto procuratore generale della Cassazione Vito D’Ambrosio, ”se si stavano solo baciando, non c’è alcun dubbio che i due omosessuali sorpresi al Colosseo non hanno commesso nessun atto osceno. Ormai da molti anni, per fortuna, la giurisprudenza è costante nel considerare il bacio in pubblico un comportamento lecito e la valutazione sulla liceità deve essere fatta indipendentemente dalle tendenze sessuali di chi si cambia questa effusione”.
“Non è ammissibile ritenere che gli stessi atteggiamenti che quotidianamente assumono in pubblico migliaia di coppie eterosessuali – ha detto D’Ambrosio – possano essere considerati ‘fuorilegge’ se si tratta di una coppia omosessuale: verrebbe violato l’articolo tre della costituzione sull’uguaglianza dei diritti”.
Ecco invece le cifre fornite dall’Istat sulle denunce per atti osceni in Italia. Lo scorso anno sono state 1.640 le persone denunciate. Il numero degli atti che – per il codice penale – offendono il “buon costume” e che si realizzano in luoghi pubblici sono stati compiuti per lo più da uomini (1514 denunce), mentre le donne accusate sono 126. I minori sono 53, 47 dei quali sono ragazzini. Per questo reato ci sono state 1.144 condanne, ma non sempre i colpevoli vengono identificati: in circa 620 casi le forze dell’ordine non sono riuscite ad identificare i responsabili. Una curiosità: sono i centri più piccoli, quelli fino a 30 mila abitanti che raggiungono il picco degli 851 atti osceni denunciati a fronte dei 349 avvenuti nelle città con più di mezzo milione di abitanti.

Tema

La bugia del bacio

Uno dice una bugia. Un altro si accoda. Qualcuno cerca di opporsi. Ma la bugia è talmente forte e grande da creare un movimento d’opinione. C’è sempre quel qualcuno che cerca di arginarla. Ma è inutile. Dietro quella bugia c’è ormai un popolo, non di bugiardi, ma di “fedeli alla linea”. La linea di una bugia.
C’è stata una levata di scudi per il caso dei due giovani omosessuali sorpresi e denunciati a Roma perché – a detta loro – si baciavano in pubblico. Oggi si scopre che i due non si baciavano, ma si intrattenevano in un rapporto orale in piena regola. E lo facevano in strada. Sulla loro bugia sono state costruite manifestazioni, si sono consumate tonnellate di carta, sprecate ore e ore di trasmissioni televisive.
Io li prenderei a schiaffoni e se fossi il capo dell’Arcigay (oltre agli schiaffoni) li citerei per danni.

La cenere di New York e quella di Kabul

Che gioco è quello in cui, alla fine, tutti perdono? E’ la domanda – banale quanto volete – che mi ronza in testa da qualche anno, dopo la strage dell’11 settembre 2001. Da allora, ad ogni anniversario, le due parti fanno, a modo loro, bilanci trionfali. Da un lato il progressivo annientamento degli “Stati canaglia”, dall’altro una continua pressione (anche psicologica e mediatica) su Bush e il suo “popolo di infedeli”.
Ci sono ancora molti dubbi su ciò che accadde la mattina di sei anni fa nei cieli d’America, i più sorvegliati al mondo. Non riesco ad avere un’idea precisa degli scenari, perché mi sono ingozzato di ogni tipo di documento, articolo, video, fanzine, pizzino sull’argomento. Posso solo riferire ciò che la pelle trasmette, perché a quella devo limitarmi: sotto c’è la carne, e in questa storia la carne brucia tra le macerie.
Il popolo Usa ha dimostrato una coesione degna della sua tradizione (non antica, peraltro). Nei momenti difficili, tutti col Presidente, sempre. Poi gli si faranno le pulci.
Le bombe intelligenti perdono punti nella scala del QI anche se a lanciarle è un premio nobel. Figuriamoci se le tira un coglione.
La guerra preventiva è un segno di onnipotenza che genera orfani preventivi, fame preventiva, vendette preventive.
Alcuni giornali, all’indomani delle stragi, scrissero: “Siamo tutti americani”. Dalle mie parti, per cultura, siamo più arabi che americani. Non lesiniamo aiuti e solidarietà, non abbiamo pulsioni da kamikaze. E soprattutto se vogliamo fare il pieno di benzina, ci affianchiamo con l’auto e paghiamo, non occupiamo militarmente tutto il quartiere per prenderci il distributore.
L’11 settembre è una buona occasione per riflettere sulle vittime senza colore. A Manatthan come a Kabul, la cenere è grigia.

 

Fischi

Agosto 1989. Keith Jarret sta suonando malissimo al Teatro della Verdura (Palermo). Uno spettatore pagante lo fischia, lui abbandona il palco. Lo spettatore viene allontanato dai carabinieri.
Luglio 1992. Ai funerali di Paolo Borsellino e degli agenti della sua scorta, una folla magmatica e inferocita contesta ministri e vertici delle forze dell’ordine. Oltre ai fischi, calci, pugni e sputi.
Aprile 1993. All’uscita dell’ hotel Raphael di Roma, Craxi, travolto dalle inchieste di Tangentopoli, viene sommerso dai fischi. Ma nella memoria (e nella storia) resta la pioggia di monetine.
Settembre 2007. Nello stesso giorno, sabato 8, un gruppetto di teste vuote fischia Prodi ai funerali di Pavarotti e uno stadio di teste vuote fischia la marsigliese, prima dell’incontro Italia-Francia.
Non ci sono più i fischi di una volta.