di Verbena
Ho fatto un rapido calcolo: quando lui è nato, io portavo il reggiseno già da qualche mese.
Il suo primo giorno di scuola è certamente coinciso con una delle mie scappatelle col fidanzato del liceo. E quando si sarà reso conto, qualche anno dopo, che i bambini non li portano le cicogne, io ne stavo già programmando uno.
Non sono io ad essere avanti con l’età, è lui che è giovane. Pure molto bello, e credo persino in gamba. Ora, questo esemplare di uomo dalla pelle chiara e intatta, i capelli folti e lucidi, gli occhi da cerbiatto e le labbra carnose, dice di essere terribilmente attratto da me.
Io invece ho fatto fatica più d’una volta a ricordare il suo nome, né mi ha lasciato dentro una traccia qualunque. Che ne so, uno sguardo speciale, una frase profonda, una cosa così.
Un giorno mi chiede il numero di cellulare ed è iniziato il battage di sms. Deliziosi in verità, raffinati persino, nessuna caduta di stile.
Lui mi confessa che gli interessa il mio cervello.
Che i miei discorsi trasudano profondità, ardore intellettuale. Che i miei occhi gli leggono dentro.
Non poteva darmi notizia peggiore.
Se fosse stato più scaltro avrebbe saputo che le donne alle soglie dei quaranta hanno bisogno anche di altre conferme. Di essere ancora attraenti, giovani e sensuali. Di avere ancora un bel culo.
Soprattutto se a dirlo è un fusto circondato da uno stuolo di ventenni.
Ma lui, il cerbiatto, certe cose non le sa ancora.
E’ in casi come questi che i mariti salgono di parecchie posizioni. E il bello è che non lo immaginano neppure.