Ci sono due frasi che mi ronzano nella testa. “Crisi dei valori” ovvero frase A. E “ruolo degli intellettuali” ovvero frase B.
Non chiedetemi dove le ho lette: dopo 46 anni di vita sarebbe più semplice testimoniare dove non le ho lette. Ogni volta che c’è da lamentarsi di qualcuno/qualcosa – e sappiamo che è uno sport in voga – si invoca la frase A. Quando invece è il momento di trovare una scusa per sottrarsi a un impegno civile si ricorre alla frase B. I valori e gli intellettuali, coi rispettivi crisi e ruolo, sono insomma il parafulmine di ogni sventura. Mai che a qualcuno venga in mente di mescolare gli addendi per arrivare, in barba alla matematica, a un risultato diverso, più vicino alla realtà. Il ruolo dei valori (cioè 1/2 di B + 1/2 di A) e la crisi degli intellettuali (cioè 1/2 di A + 1/2 di B) potrebbero essere infatti temi più aderenti alla realtà.
Riuscire a capire a che punto in classifica siano le doti morali e quanto sia allarmante la carestia di portatori di cultura nel nostro Paese sarebbe già un bel traguardo. Quando il frigo è vuoto si censisce quel che non c’è, mica il tubetto floscio di maionese che s’affaccia dallo sportellino sopra il porta-uova.
Gli intellettuali non fanno la politica, i valori possono influenzarla. Gli intellettuali non sono pifferai, i valori sono cuffie contro insani pifferi. Gli intellettuali possono sbagliare, i valori possono essere rimedio.
Mi piacerebbe che un giorno, entro la mia scadenza biologica, qualcuno si chiedesse cosa manca nel grande frigo dell’Italia, piuttosto che additare, promettere, scontare, condonare.