Tutti a casa

Per fortuna.

Il Montale ministeriale

Non voglio fare il professorino e se, per caso, cadessi nella trappola del quanto-sono-saputello vi impongo di censurarmi (sono ammesse, per una volta, le ingiurie). Il tema è veramente delicato. Perché di tema, in senso stretto, si tratta. Tema di maturità, anno 2008. Ieri.
Ripenso il tuo sorriso, Ossi di seppia, Eugenio Montale, 1925.
Il candidato deve riassumere brevemente “il contenuto informativo della lirica in questione”. Come osserva Giorgio De Rienzo, studioso dell’Ottocento e del Novecento, saggista e columnist del Corriere della Sera, la poesia “non ha il valore di una notizia”. Il contenuto informativo, in questo caso, è quindi impossibile da riassumere, spremere, estrapolare. Si può commentare, ma in punta di piedi. Inquadrare in un contesto storico, ma con riguardo centellinato.
Nel quarto componimento della terza sezione di “Ossi di seppia”, Montale (premio Nobel per la Letteratura nel 1975, mica un fesso) evoca un ricordo a lui caro. I liberi pensatori del ministero della Pubblica (inutile e deleteria) istruzione decidono, senza chiedere il permesso a nessuno, che quel pensiero deve essere ispirato “a un ruolo salvifico e consolatorio della figura femminile”. Un ruolo che il povero maturando deve individuare e, soprattutto, descrivere.
Follia pura, ignoranza viscida (dei liberi pensatori del Ministero).
Come tutti (ormai) sanno la poesia è dedicata a un vecchio amico di Montale: uomo, maschio, peloso, biforcuto. Altro che figura femminile!
Scusate se mi accanisco. Cerchiamo di focalizzare la gravità dell’errore.
Maturità. Giovani. Formazione. Cultura.
Lo Stato, nella sua basilare emanazione formativa (la scuola), impone agli studenti di misurarsi con la sua stupidità. Cioè: io, Stato, sparo una cazzata madornale; tu, studente, ci fai un tema perché io te lo impongo e se sgarri ti boccio.
Immagino che ci siano esperti pagati per studiare le tracce dei temi. Ministeriali spocchiosi e irremovibili. Gente che lavora solo per partorire un paio di paginette all’anno. Fuori di metafora, se fossi il ministro dell’Istruzione caccerei a calci in culo gli autori di un simile crimine culturale. Non tanto per Montale, che è uno, sepolto e purtroppo dimenticato. Quanto per le migliaia di “vittime” di un’ignoranza impartita tra i banchi, giovani alle prese con un esame che ancora si chiama “di Stato”, apprendisti inconsapevoli in una nazione di sciatti.
Calci in culo in eurovisione, poco prima di Italia-Spagna.

Spam

Non so voi, ma io odio visceralmente lo spam, una pratica invasiva, inutile e spesso oltraggiosa. Le ultime mutazioni genetiche consentono a certi propalatori di cazzate di aggirare i filtri delle moderne caselle di posta elettronica. Negli ultimi giorni sono vittima di un’aggressione monotematica, quella di una non meglio identificata “European Pharmacy”. Sono andato sul sito in questione e ho ingiuriato i proprietari, gli impiegati, i loro parenti e persino i loro vicini di casa. Non so se vi è mai capitato di trovarvi con la e-mail ingolfata da messaggi inutili, ma vi assicuro che c’è da sudare dai denti.
Al momento l’unica difesa che vedo è questa: quelli di “European Pharmacy” sono degli emeriti stronzi, non comprate neanche un’aspirina da loro. Di certo sono dei truffatori!
P.S.
Se vi capita, insultateli (anche per mio conto).

Tre a zero

Ho avuto una giornata difficile. Lavoro e casini vari. Ho fatto i capitomboli per riuscire a vedere la partita dell’Italia. Birra, divano, tv, eccetera…
Ottimi birra, divano, eccetera. Sarebbe stato meglio atterrare, dopo i capitomboli, davanti a una tv spenta.

Disperazioni

Anna Maria Franzoni rinchiusa in carcere dopo la condanna definitiva. Bruno Vespa tenta il suicidio lanciandosi giù dal plastico della villetta di Cogne.

La politica di Castelli

Ieri sera, ad Anno Zero, ho sentito l’ex ministro Roberto Castelli affermare un principio di questo tipo: ci hanno votato quindi ora facciamo come diciamo noi.
Castelli è un leghista dalla faccia levigata, uno dei peggiori ministri della giustizia italiani dal Big Bang ai giorni nostri (celebre una battuta di Ficarra e Picone: “Io sono fiero di essere siciliano perché almeno Castelli è nato altrove”), uno dei più strenui sostenitori della legge anti immigrazione, peggio nota come “Bossi-Fini” (se la chiamavano “fottuti negri” sarebbe sembrata più democratica).
Al signor Castelli, come lo chiamava un intervistato presumibilmente nordafricano, manca solo una esternazione sulla nostalgia per la razza ariana, le docce al gas e le fosse comuni. E’ insomma quasi pronto per entrare nella macchina del tempo: destinazione 1940.
Il signor Castelli, a mio modesto parere, incarna l’essenza della politica più bassa. La sua idea del colpaccio, dello stare al governo per una scommessa vinta/per ragioni di matematica/per premiata presunzione, è vicina al concetto di democrazia quanto Totò Riina lo è al processo di beatificazione.
Stare al potere in una repubblica moderna significa conciliare i propri intendimenti con quelli degli altri. Il vero amministratore pubblico illuminato è quello che rispetta innanzitutto quelli che non la pensano come lui, quelli che, pur non avendolo votato, sono costretti a pagargli lo stipendio.
Qualcuno dovrebbe spiegarlo al signor Castelli.

La classifica di Fini

Gianfranco Fini ha stabilito la sua classifica: è più grave incendiare bandiere di Israele davanti alla Fiera di libro di Torino che massacrare un giovane a Verona perché non vuole sganciare una sigaretta. Le priorità dell’onorevole Fini, e del governo in cui si è incarnito, sembrano chiare: tolleranza zero contro certo dissenso “politico” (sui cui limiti si è espresso mirabilmente, ieri, Giacomo Cacciatore), sculacciate ai naziskin che seminano sangue per le strade. Il dilemma è: la pena della tirata d’orecchi sarà la pena prevista per i mafiosi oppure per i corrotti, dato che si tratta di due tipologie ben distinte di criminali?
Non voglio pensare che sulla trovata di Fini abbia pesato l’ideologia (ultrasinistra in campo nei fatti di Torino, destra nazista nelle vene degli sciagurati assassini di Verona), ma ciò che mi turba è che tutto il centrodestra abbia fatto quadrato attorno al leader di Alleanza nazionale, nel segno di una volgare blindatura di coalizione. Le scemenze non hanno partito e dovrebbero essere arginate prima di tutto dagli stessi compagni (o camerati) d’avventura del propalatore. Sarebbe un gesto non bello, ma umano, e contribuirebbe a dare alla politica italiana la dimensione che le manca: quella della realtà. Se io sparo una cazzata in pubblico, spero che siano i miei amici a correggermi ancor prima che lo faccia qualcuno del pubblico. E io non ho uno stipendio da parlamentare, non rappresento niente e nessuno neanche nel mio condominio e non sturo il mio esofago blaterando a Porta a Porta.
Fini invece stila la sua classifica. Ovviamente dando i numeri.

Rime utili

Ma che c’avete da nascondere? Forse non lo sappiamo quanto guadagnate? Voi che ululate contro la pubblicazione dei redditi online siete i più ricchi: credete che sia una vergogna? Lei, Beppe Grillo, che ha sempre lodato il mezzo internettiano, come mai alza la cresta contro un atto puramente telematico solo perché si rende pubblico quanto guadagna (senza colpe, immagino)? E lei, garante della privacy, che ha bloccato tutto in nome della tutela della riservatezza, crede che siccome segreto fa rima con divieto il suo provvedimento sia consono, indiscutibile? Le do io qualche suggerimento per rime utili: milioni-marpioni, Agenzia delle entrate-finanze malate, libertà-disparità, evasione-pubblicazione, dipendenti-perdenti, politicanti-troppo distanti, Grillo-brillo.

Calderoli

Le cronache politiche riferiscono di una cordiale resa dei conti tra Berlusconi e Bossi per la spartizione dei posti a sedere, tra poltrone e seggiole, in vista del varo del nuovo governo.
C’è un nome che torna, rimbalza e lascia un alone di unto sulle pagine dei giornali: Calderoli.
Per questo illuminato esponente politico padano la Lega avrebbe voluto il posto di vicepremier, ma l’accordo tra Be&Bo ha escluso questa possibilità.
Fermiamoci qui: il destino politico di un Paese prevede che si debba discutere del ruolo di Calderoli e che si debbano mobilitare fior di commentatori per sviscerare ragioni, retroscena, alternative.
Per capire di chi stiamo parlando e a che livello ci siamo arenati, bastano alcune dichiarazioni storiche di questo signore. Eccole.
Sui gay. “La civiltà gay ha trasformato la Padania in un ricettacolo di culattoni… Qua rischiamo di diventare un popolo di ricchioni”.
Dopo la vittoria dell’Italia ai Mondiali del 2006. “È una vittoria dell’identità italiana, di una squadra (…) che ha battuto una squadra, la Francia, che, per ottenere dei risultati, ha sacrificato la sua identità schierando negri, musulmani e comunisti”.
Il caso Napoli. “La fogna va bonificata e visto che Napoli oggi è diventata una fogna bisogna eliminare tutti i topi, con qualsiasi strumento, e non solo fingere di farlo perché magari anche i topi votano”.
Extracomunitari /1. “Che tornino nel deserto a parlare con i cammelli o nella giungla con le scimmie, ma a casa nostra si fa come si dice a casa nostra!”.
Extracomunitari/2. “Dare il voto agli extracomunitari non mi sembra il caso, un paese civile non può fare votare dei bingo-bongo che fino a qualche anno fa stavano ancora sugli alberi, dai”.
Extracomunitari/3. “Con una salva di dietro e una davanti, le navi dei clandestini non partirebbero più!”.
Unione europea. “Andremo a Bruxelles noi padani, porteremo un po’ di saggezza della croce a quel popolo di pedofili”.

Palermo in tasca

Ieri mi sono imbattuto in un giornaletto che si propone come “mensile gratuito di informazione annunci cultura svago e società”. E’ un prodotto editoriale della mia città: si chiama “Palermo in… tasca”. L’ho sfogliato e ho scoperto alcune cose.
Primo. Il direttore editoriale, tale Giuseppe Amato, è anche responsabile del progetto grafico, “direttore fotografia” (come al cinema), nonché autore del novanta per cento degli articoli.
Secondo. Il suddetto (giornalista?) ha una particolare simpatia per le virgole, che infatti vengono utilizzate in abbondanza per ogni occasione: virgole di sospensione, virgole di riempitivo, virgole d’umore.
Terzo. I punti sono in ribasso.
Quarto. La differenza che passa tra un resoconto giornalistico e un redazionale pubblicitario è inesistente: gli strafalcioni sono democraticamente ripartiti.
Quinto. La carta inutilmente imbrattata non è solo quella dei manifesti elettorali. Questo mensile – afferma il direttore-grafico-cineasta – è stampato in ventimila copie.
Sesto. L’ordine dei giornalisti non ha più motivo di esistere.
Settimo. Le nozioni elementari di grammatica e ortografia non servono per imbastire un progetto editoriale.
Non voglio accanirmi contro persone che non conosco, però ritengo che la parola stampata su un simulacro di giornale/periodico debba sempre essere difesa. L’ignoranza, specie se in presenza di un direttore-grafico-cineasta, va combattuta con tre sole parole: tornare a scuola.
Prima di Palermo in… tasca serve un’ autentica licenza media in… tasca.