I misteri del Grande Fratello

E’ tornato il Grande Fratello. Dico subito che non sono un appassionato di reality show quindi non ho una conoscenza specifica del fenomeno. Però ne ho letto e, soprattutto, ho seguito la sorte di alcuni concorrenti. Come accade per tutti i programmi di successo (abbiamo già esaminato il caso di Sanremo) del Grande Fratello è semplice parlare male: è stupido, diseducativo, volgare, pericoloso e via dicendo tanto per riferire alcuni dei giudizi che ho letto fino a ieri sui giornali. Sarebbe più interessante ignorarlo, se davvero merita almeno un decimo degli aggettivi che ha collezionato. Invece si verifica un singolare cortocircuito in cui il ribrezzo e la passione si intersecano in giudizi estetici che sembrano critiche d’arte, psicologi e starlette fanno a gara a rubarsi il ruolo, voyeur travestono il televisore da mega buco della serratura. Non mi auguro che l’edizione italiana del GF faccia la fine di quella inglese, con fuga di sponsor e il ministro della Cultura che lo bolla come “disgustoso”. Mi auguro che finisca come dovrebbe finire un normale programma televisivo, promosso o bocciato dalla sua stessa qualità. Senza puzza al naso né estremismi.

Il Ponte

Dopo l’incidente sullo Stretto di Messina c’è chi invoca il Ponte come unico rimedio contro queste tragedie. E’ il sintomo di una dietrologia, tutta italica, che deve per forza impiegare cerotti usati su ferite sanguinanti. Il Ponte contro gli incidenti di navigazione e, perché no?, contro quelli aerei, ferroviari, condominiali, domestici. Il Ponte è quello che ci vuole! Sono d’accordo, a patto che sia quello che auspicava Bufalino negli anni Settanta: un ponte di libri.

Avete letto qualcosa?

In rete spunta un altro filmatino di Saddam morto stecchito ed è di nuovo indignazione generale. Ci mancherebbe! L’indignazione e la protesta però sono voci di civiltà e come tali non possono risentire di doppiopesismo. La civiltà, intesa come insieme di conquiste materiali e culturali dell’intero genere umano, è una sola, da qualunque parte la si guardi, pesi, calpesti. Allora ai nostri cori di sdegno per l’omicidio e il successivo oltraggio del dittatore aggiungiamo una voce definitiva per ciò che da tempo accade in Cina. Questo Paese ammazza nel nome dello Stato ogni anno più persone che il resto del mondo. Sono 86 i reati punibili con la pena di morte, tra cui la contraffazione, l’evasione fiscale e lo spaccio di denaro falso.
Avete letto qualcosa in merito?
Quello della Cina è l’unico primato dinanzi al quale il presidente Bush deve arretrare anche se negli Stati Uniti l’eliminazione fisica dei condannati è prevista in 38 stati. A proposito, il New Jersey lo scorso anno aveva introdotto una moratoria sulle esecuzioni che doveva restare in vigore fino al gennaio 2007, cioè praticamente oggi.
Avete letto qualcosa in merito?

Ambidestri

Il discorso del presidente Napolitano sembra aver riscosso consensi unanimi. Eppure mi è sembrato un discorso di sinistra (la lotta alle diseguaglianze, lo scandalo dei salari bassi, il richiamo pressoché esplicito alla classe operaia). Un dubbio: o con l’ anno nuovo la nostra politica sta diventando civile o qualcuno ha sbagliato canale.
Buon anno a tutti!

Fatevi un’idea

In epoca di grandi tensioni e drammi internazionali può far sorridere la notizia che sarebbe stato svelato il mistero di quanto guadagna il controverso proprietario dell’Ikea: una barca di soldi! A più di sessant’anni dalla sua nascita l’azienda non ha mai comunicato il dato degli utili, non essendo tenuta a farlo (non è quotata in borsa e ha obbligo solo di fornire il dato del fatturato). Tra smentite ufficiali e rimbalzi di agenzia, resta l’evidenza di una realtà economica costruita su basi solide, con puro spirito imprenditoriale e pionieristico senso degli affari. Il catalogo dell’Ikea, riferiscono gli appassionati di record, è il solo libro che ha superato la bibbia per numero di copie stampate. Pur essendo diffusa in mezzo mondo, l’azienda è molto cauta nell’avventurarsi in nuove esperienze. C’è molto lavoro, grande inventiva e un’affascinante difesa del proprio ruolo dietro a questo successo. Se le multinazionali o le totalizzanti imprese della new economy ispirano una dose crescente di diffidenza, questi miracoli del faidate (inteso anche come business) rinfocolano la fiducia in quelle idee che, secondo alcuni (milioni e milioni di clienti), non saranno mai oscurate dal fatto che hanno procurato un sacco di soldi a chi le ha avute. Anche se c’è chi la pensa molto diversamente. Fatevi un’idea.

Ecomafia

Devo scrivere un racconto che ha a che fare con le corse clandestine di cavalli. Mi sto documentando, chiedo in giro, cerco su internet. La sensazione che ne ricavo è che nonostante le decine di blitz delle forze dell’ordine, in Sicilia come nel resto d’Italia, ci sia un fenomeno sommerso e a tenuta stagna. Insomma è più facile raccogliere notizie sull’ultimo, misterioso, pentito di mafia che sulle organizzazioni criminali dedite allo sfruttamento degli animali. Le ecomafie in Italia sono, per quello che leggo, un’emergenza. Di anti-ecomafia invece si parla pochissimo, purtroppo. Non per carenza di coraggiosi militanti quanto per una mera questione di rilevanza politica. La lotta alle ecomafie non è mai andata di moda, non ha ispirato carriere né è mai stata strumento elettorale. In quanto pura lotta al crimine è destinata alle brevi in cronaca. Se così non è, sarò felice di essere smentito.

Buongiorno e buonasera

Non so se ci avete fatto caso, ma riscuotere un saluto, un augurio o comunque una frase di buon auspicio diventa sempre più difficile. Persino il vecchio “buongiorno” di circostanza che il fruttivendolo vi regalava appena vi avvicinavate si è trasformato in uno sbrigativo “dicaaa”. Il che è un po’ come il salto dei preliminari in amore: prima di fare (o dire) c’è un rito millenario che va celebrato. Qualche anno fa, quando vivevo ancora in appartamento, mi capitò di incazzarmi col portiere dello stabile in cui abitavo. Costui aveva l’abitudine di parlare al telefono in continuazione e non si curava dei condomini che, come me, avevano deciso di ribellarsi al racket delle mance che lui aveva messo su. In pratica se non cacciavi fuori la banconota, lui non ti aiutava a scaricare la spesa dall’auto, ti ignorava quando lo cercavi al citofono, non puliva la tua parte di pianerottolo, non ti avvisava se c’era posta, non ti guardava neanche.
Una mattina, dicevo, decisi di arrabbiarmi con lui. E passandogli davanti gli gridai: “Salutare! Salutare è salutare!”. Sono certo che la “e” accentata sia stata scambiata con una congiunzione e che di conseguenza non sia stata compresa la funzione benefica del saluto.
Infatti lui alzò lo sguardo dal cellulare e mi gelò con un “Buongiorno e buonasera”.
Buon natale a tutti, buon natale e ancora buon natale!

Dignità

Ho molte cose da fare e molti spunti da fornirvi. Un romanzo a otto mani che langue, un racconto che mi hanno appena commissionato, un manoscritto che doveva essere pronto qualche mese fa. E ancora un monologo teatrale che attende solo di traghettare dalla mia testa al foglio di word, molti libri da leggere, la mia famiglia da coccolare, un bel po’ di musica arretrata da scaricare dal web, qualche film da vedere. Eppure…
Eppure ancora oggi voglio dedicare queste righe all’argomento di cui abbiamo parlato ieri, la situazione dei giornalisti in Italia, con particolare riferimento alle due testimonianze che trovate nei commenti del post qui sotto (quello di ieri). Giovanni e Vincenzo, due precari del mondo dell’informazione, ci hanno raccontato due modi di vivere la loro condizione in queste condizioni. E davanti alle loro parole le mie cose da fare e gli spunti da proporvi mi sembrano piccini e per nulla urgenti. Se avete tempo quindi oggi date un pensiero a tutti i Giovanni e i Vincenzo che combattono con l’arma della dignità contro la spocchia del cretino prezzolato di turno, in qualunque mestiere, ambito, pianeta abbia il demerito di operare.

Che cool!

E’ davvero Palermo la città più cool d’Italia? Secondo un articolo di Panorama della scorsa estate sì. Secondo il sindaco Diego Cammarata ovviamente sì. Secondo la campagna pubblicitaria che riporta il giudizio del settimanale su cartelloni intestati “Città di Palermo” sììì!!!
Guardate bene l’etichetta di questo post: “Dubbi”.
Cool vuol dire che l’aria è irrespirabile e che l’inquinamento è da record italiano?
O che il fatto di aver ospitato la grande contromanifestazione polista dell’Udc dà un certo appeal? E’ cool la parola “rapina” che sul Giornale di Sicilia di ieri (cronaca di Palermo) era ripetuta tre volte nei titoli delle prime due pagine e non per un refuso? Oppure è cool che il padre di un poliziotto assassinato 17 anni fa aspetti ancora di sapere chi è il colpevole e che, in assenza di risposte, dichiari pubblicamente che chiederà notizie alla mafia?
E’ più cool un pub stracolmo o una libreria deserta? Una scuola materna senza riscaldamento o una pista ciclabile spaccaossa?
E’ cool per il sindaco di una città cool essere (e rimanere) in fondo alla classifica nazionale di gradimento stilata dal Sole24 Ore?
Nulla di personale. Solo che vivendo in una città a mia insaputa cool vorrei sapere come vestirmi domani per andare a fare la spesa.

Natale di chi?

Dobbiamo farcene una ragione. Tra pochi giorni è Natale. La discussione potrebbe essere oziosa come l’estinzione delle mezze stagioni, la beatificazione dei giovani di una volta, ridateci la Dc, Baudo è sempre Baudo, il freddo secco non fa male quello umido sì. Ma stavolta c’è una variabile che, partita in sordina già da qualche anno, sta facendo sentire gli effetti con allarmante (per me) costanza. Il timore-rispetto per l’Islam.
Assumendo come punto fermo il convincimento che le religioni hanno il diritto di illuminare e, perché no?, condizionare i propri fedeli, non capisco perché debbano fare corto circuito ciascuna con le altre su questioni di risibile importanza. Leggiamo che a Londra si prospetta un Natale senza luci “per rispetto dell’Islam”, o che il presepe non tira più per reconditi motivi (religiosi?), o ancora che in molte scuole del Nord si rinuncia a muschio e pastorelli per non offendere la sensibilità degli alunni di altre religioni.
Personalmente sono convinto che siano ben altri i simboli, e soprattutto i comportamenti, che ledono la sensibilità degli islamici come dei seguaci di altre religioni. L’essere considerati diversi e difendibili innanzitutto. Una religione non è un handicap fisico, non necessita di traduzioni, non deve essere necessariamente universale. E’ l’ambito più personale che ci rimane. Se io prego guardando il mio pollice destro e chiamo il mio dio con un nome che può essere Gesù, Allah o Bahá’u’lláh, non devo essere tutelato da qualcuno, ma semplicemente rispettato. E se nel corso di una preghiera itinerante – può succedere di parlare col proprio dio mentre si è in giro, non c’è mica un orario di ricevimento – passo davanti al simbolo di un’altra religione, magari mi viene un’ispirazione in più.
Sogno un mondo in cui si preghi ognuno come cavolo vuole, con le parole che vengono, senza nulla da imparare a memoria e dove il catechismo sia come il raccordo anulare di Roma: incasinato sì, ma con molte vie d’uscita.