Vi siete parlati?

Partiamo, come al solito, dal basso. Il governo Prodi è caduto perché sono venuti a mancare alcuni voti (pochissimi per via del ristretto margine di maggioranza al Senato) della sua stessa coalizione. La storia la conoscete, ma se volete farvi un’idea cliccate qui. L’idea di fondo, o se volete bassa, è che se uno fa una società con delle persone vuol dire che tutti quanti, il presidente, i soci e i loro rappresentanti, hanno un obiettivo comune. Io apro un bar con un paio di amici che hanno i miei stessi obiettivi: se all’improvviso scopro che uno di loro è membro di un’associazione anti-alcolici e un altro è apostolo di una setta contro la caffeina mi incazzo e mando tutto all’aria, e ci rimetto l’investimento iniziale. Ecco, tutto ciò, con un’inondante dose di aggravanti, è avvenuto nei primi mesi del governo Prodi. Personaggi che sono stati mandati in Parlamento con i rispettabili voti di tutti noi hanno deciso, all’improvviso, di nuotare in mare aperto infischiandosene di chi aveva fornito loro costume e salvagente, di chi aveva pagato il soggiorno. Non è una questione secondaria: se io – come tutti voi, nel comprensibile caleidoscopio di colori politici – eleggo qualcuno, pretendo che costui si guadagni il pane facendo esattamente ciò per cui l’ho votato. Non mi interessano la sua fantasia, né i suoi bagliori umorali: non l’ ho scelto per questo. Inoltre il suo bagaglio è il programma del coalizione in cui milita e non può essere inquinato da misere contingenze di partito. Si è parlato, ieri e non solo, di ragioni di pace. La pace, cari onorevoli, non fa parte di un programma di governo, è un’altitudine di civiltà che sorvola i colori dei gruppi parlamentari. Se una base statunitense a Vicenza stimola le polluzioni a molti di noi, non si può dimenticare che l’ideologia non vuole stipendio. Mi vanno bene i volontari, meno i professionisti del pacifismo. Sono un nonviolento, ho una profonda repellenza per le armi e l’unico sogno americano in cui posso imbattermi lo trovo nel pentagramma. Però non sono scemo, se decido che qualcuno debba rappresentarmi nel massimo consesso della Repubblica (con uno stipendio mensile di decine di migliaia di euro) vigilo affinché questi faccia il suo lavoro con fedeltà. E in questo momento sono davanti allo sportello dell’ufficio reclami. Quando qualcuno si prenderà la briga di ricevermi avrò solo una domanda da far pervenire ai signori della coalizione dell’Unione: prima delle elezioni vi siete parlati?

Con calma

Qualche giorno fa si è celebrata la lentezza: 24 ore dedicate allo slow life e, riferiscono le cronache, è stato un successo. Il rallentamento dei ritmi di vita è argomento che mette d’accordo medici, filosofi, preti e peccatori. Il gusto ha i suoi tempi e il trionfo ingiustificato del cronometro sulla clessidra lascia i segni. Dal cibo al sesso, dal lavoro al piacere, viviamo a mezzo respiro e tutto servizio.
C’era un vecchio giochino, che il grande Giorgio Gaber ha poi sublimato in una canzone, nel quale si incasellavano i valori a destra piuttosto che a sinistra e viceversa. La lentezza è di sinistra, come lo slow food, la domenica mattina in piazza, il panino con salame e provola. Ma potrebbe essere anche di destra, come il brunch, l’aperitivo al superpub, la chiacchiera in riva al mare. Di certo la lentezza è un valore aggiunto di noi meridionali. Quando ci chiedono di fare una cosa, non rispondiamo mai subito e direttamente. Se dobbiamo dire un “sì”, spesso ci scappa un “ora vediamo”. Che vuol dire sì, ma con calma.
Ps. Anche questo post è a tema. Arriva con un paio di giorni di ritardo

Nel frattempo

La misteriosa morte di Anne Nicole Smith resta oggetto di cronaca viva. Nel frattempo l’ex compagno sta litigando con la madre della modella per il luogo in cui la Smith dovrebbe essere seppellita. Nel frattempo un giudice ha ordinato che il corpo deve essere imbalsamato. Nel frattempo un ex-ex compagno rivendica la paternità della figlia della Smith. Nel frattempo si è accesa una polemica per l’eredità. Nel frattempo il regime di spavalda abbondanza cui l’ex playmate ci aveva abituati da viva si perpetua. Nel frattempo c’è chi comincia a chiedersi: ma è morta davvero?
Con una simile cronaca viva forse finalmente la povera Anne Nicole Smith ride di gusto.

Notizie

Ho lavorato per oltre vent’anni nei giornali e so come affluiscono le notizie e come vengono pesate dai redattori. Mi pare che ultimamente ci sia una recrudescenza di quel genere di notizie troppo belle per essere vere e soprattutto non valutabili dal punto di vista giornalistico. Mi riferisco a quei fatti che stanno tutti nel titolo e basta. Qualche esempio di ieri: via alla prima laurea in pompe funebri; Australia, ubriaco attacca uno squalo; elefante impazzito alla partita di polo; coreana canta al karaoke per 60 ore di fila; Paris Hilton (una assidua cliente di questo blog, nda) contestata dai comunisti a Vienna; la Carrà scopre di avere un cugino assessore.
Questo genere di notizie, solitamente originate da fonti che nessuno si sognerebbe di controllare, sono il paradiso del nuovo giornalismo: non comportano alcuno sforzo redazionale, sono così maneggevoli che possono andare in qualunque pagina, compresa la prima ovviamente. Ho quasi nostalgia della creatività professionalmente suicida di un collega che, negli anni Ottanta, per iniziare un articolo su un brutto incidente stradale scrisse: “Morti perché la pensavano alla stessa maniera”. Lo scontro frontale avvenne infatti mentre entrambi gli automobilisti erano in corsia di sorpasso.

Il momento perfetto (preso alla larga)

Volevo scrivere un post sul “momento perfetto”, ma mi sono reso conto che non sarebbe troppo originale. E soprattutto, con la mia vena poetica da Lancio Story, sfiorerebbe il ridicolo. Nessuno però mi vieta di scrivere sul perché volevo scrivere di qualcosa che non scriverò.
Da qualche anno mi sembra che il mondo (almeno quello che sento e di cui sento parlare) sia tremendamente cambiato. Anche questo, lo so, non è un argomento troppo originale, ma me ne frego e vado avanti. Dicevo, il mondo… Ci stiamo abituando ai cambiamenti repentini. Il clima, le guerre, il welfare, i sentimenti. C’è un filo unico che lega tutto: il mutare (che è divenire).
Una volta davanti a una catastrofe, come davanti a un disagio, ci si imbambolava, ci si interrogava. E per assorbire le risposte ci volevano tempo e testardaggine.
Ricordate l’Austherity? Città in festa, biciclette, partite di calcio in strada. Ce lo ricordiamo, appunto.
Ricordate invece la più recente “domenica a piedi” per lo smog? Secondo me, no.
Si è incrinato il rapporto causa-effetto. C’è solo l’effetto, talmente amplificato da sommergere la causa. Nella febbrile necessità di correre ai ripari si sottovaluta il più pericoloso dei danni collaterali: quello di perdere la ragione. La lotta al terrorismo trae linfa dal nuovo terrore. La politica di risanamento statale ha un suo fondamento nel persistere di una fascia di povertà. Il surriscaldamento del pianeta non intacca il consumo di petrolio. L’odio e il male si rincorrono e generano mostri metropolitani sempre più cattivi. Anche nella nostra terminologia: non si cercano soluzioni, si combatte contro o per qualcosa. Insomma non c’è più tempo per inseguire un leggerissimo, ingenuo, umanissimo “momento perfetto”. Nè, come dimostrano queste righe, per parlarne.

Stupidini


Nel gioco della politica, negli incastri della cronaca, nei nodi della vita, persino nel fragore di una morte violenta c’è sempre chi, dovendosi manifestare “contro” ad ogni costo, spara una cazzata causando quella che i giornali chiamano semplicisticamente “bufera”.
Due esempi freschi freschi (si parla ovviamente dei tragici fatti di Catania): il deputato di Rifondazione e capo dei No-global del sud Italia Francesco Caruso (nella foto, senza cravatta) e il presidente della Lega Calcio Antonio Matarrese (nella foto, con cravatta). Il primo in un’intervista al Corsera ha minimizzato l’uccisione dell’ispettore capo Raciti, bollando la polizia italiana come una banda di manganellatori. L’altro ha spensieratamente dichiarato che il calcio in fondo ha i suoi prezzi che i morti fanno parte del sistema.
Domando.
E se invece di impantanarci nei distinguo di repliche, controrepliche, precisazioni, rettifiche e prese di distanza ci abituassimo a bollare subito come STUPIDINO chi dice cose del genere?
E se riuscissimo – col nostro voto e col nostro dissenso verbale e pacifico – a togliere audience e a toglierci dalle palle questi STUPIDINI?
Se li incontrate per strada, se avete il loro numero di telefono, se conoscete la loro e-mail provate a contattarli (e comunicatemi come fare) solo per sussurrare: STUPIDINO.

Il bravo presentatore

Ci sarà qualcosa di scassato nel motore che muove la coscienza collettiva italiana se ci si deve aggrappare alle parole di un presentatore televisivo per trovare un brandello di verità scomoda ma onesta. Pippo Baudo ieri, dalla platea di “Quelli che il calcio…”(mica in Parlamento o all’università) ha criticato la Chiesa siciliana e persino il Papa. Lo ha fatto con toni accesi ma mai fuori misura togliendo a tutti i finti chierichetti della politica tricolore l’alibi del modo e dell’opportunità.
Dopo la morte dell’ispettore capo Filippo Raciti la festa di Sant’Agata andava bloccata – ha detto in soldoni Baudo – e il Papa anziché comiziare all’Angelus di coppie di fatto ed eutanasia poteva almeno fare un accenno alla tragedia di Catania.
In una situazione complessa come quella in cui ci troviamo, con un governo di sinistra che non riesce nemmeno a reggere la forchetta con la mano sinistra quando ha l’altra impegnata col coltello, ci voleva un bravo presentatore a farci venire in mente che lo Stato è laico e che non può chiedere il permesso alla Santa Sede per ogni passo che ha in mente di fare. E al contempo che la Chiesa non può mostrarsi sorda alle esplosioni di bombe carta e alle urla di quei feriti senza tessera di partito che sono i nostri poliziotti e carabinieri. Quanto ai Pacs e all’eutanasia, il Papa può dormire sonni tranquilli: il governo Prodi traduce le sue divisioni e le sue incertezze in fatti che rasserenano suoi detrattori. Un giorno di questi arresteranno Berlusconi in flagranza di reato mentre mangia un bambino.

In caso di disgrazia

Se vi è mai successo qualcosa di brutto avrete di certo verificato come, in certe situazioni, il sistema delle relazioni personali subisca modifiche drastiche. E come venga fuori sempre una certa tipologia di personaggi. In queste poche righe provo a darvi qualche esempio, basato sulla mia esperienza.
I preoccupati. Vi chiamano durante il fattaccio e calpestano, nel nome della loro ansia, qualsiasi briciola di buonsenso. Se c’è da piangere piangono più di voi. Se c’è da tirare un sospiro di sollievo si astengono. Non sono cattivi.
I saggi. Tengono il loro stato d’animo sempre un passo indietro rispetto al vostro. Vi lasciano parlare se lo ritengono giusto, in caso contrario vi interrompono con eleganza. A loro piace manifestarsi per marcare un elenco nel vostro cuore. Come dire, io ci sono sempre. Ovviamente sono i migliori.
I pelosi. Sono capaci di farvi raccontare mille e mille volte sempre la stessa scena dolorosa. Mascherati da amici, cercano solo di saziare la propria fame di dettagli che poi ricicleranno con pettegolezzi e starnuti di morbosità. A me ispirano violenza.
I ritardatari. Sono quelli che non vogliono mai smettere l’abito dell’amico\a oppure del parente (prossimoventuroacquisitodimenticato) anche a rischio di apparire ridicoli. Si manifestano giorni dopo l’accaduto con scuse alla John Belushi in “Blues Brothers”: “C’è stata l’invasione delle cavallette!” Dicono di avervi tempestato a vuoto di telefonate quando in realtà non hanno più il vostro numero da anni. Brillano per ipocrisia.
Gli indifferenti. Hanno mancato un’occasione per manifestarvi umana vicinanza: erano distratti, avevano altri impegni, non gliene frega niente di voi. Nella loro scelta mantengono una coerenza: continuare a fregarsene di voi nel bene e nel male. Fin quando non avranno bisogno di qualcuno, tutto bene.
I raffreddatori. Vorrebbero rimanere freddi e distaccati, ma non ci riescono. Sono persone che generalmente vi detestano. E cercano di far proseliti: come se dovessero togliervi una base di consenso persino nei momenti più difficili. Hanno bisogno di una lezione.
ps. Mi piaceva illustrare questo post con il libro di Simenon dal quale ho rubato il titolo. E’ un modo per consigliarvi una lettura utile.

Cade la pioggia

Il maltempo in arrivo, accolto quasi con sollievo dalla Protezione civile che ha potuto finalmente emanare qualche bollettino di allerta, segna la gioia degli operatori turistici di montagna e quella di un bel po’ di italiani stufi di girare in maniche corte dall’estate scorsa. In Sicilia col caldo e la siccità non si scherza: ve lo dice uno che, fino a qualche anno fa, era costretto a fare la doccia col cronometro. Poi le cose sono cambiate. Un premier è venuto nell’Isola e ha inaugurato un prezioso rubinetto, gli amministratori hanno foderato le città di manifesti anti sete, un presidente della Regione si è posizionato al vertice dell’ufficio speciale per la gestione dell’emergenza idrica. E soprattutto ha piovuto.
Per troppo tempo ci hanno voluto far credere che la mancanza d’acqua fosse una questione politica: colpa dei comunisti o comunque “di quelli che c’erano prima”. C’è sempre un prima da additare nella politica italiana. Poi per fortuna piove… con quel che ne consegue.

Cassazione

C’è una sentenza della Cassazione che riguarda internet e che (ovviamente) sta facendo il giro di internet. Do il mio contributo. In pratica è stato stabilito che scaricare files dalla Rete senza fini di lucro non è reato. Questa è una di quelle notizie che appartengono alla categoria del “troppo bello per essere vero”. Infatti, a ben leggere ci sarà di certo di che obiettare da parte di discografici ed esperti di tutela del diritto d’autore. Già c’è chi fa notare che la sentenza si riferisce a un caso che è precedente all’entrata in vigore della nuova normativa (che impone limiti e sanzioni a chi scarica files in modo autonomo). L’importante è, a mio parere, contribuire a sancire alcuni principi inderogabili:
a) Un cd di musica non può costare 20 e passa euro.
b) Le opere di ingegno sono fatte anche per far campare gli autori.
c) La tassazione dello Stato su musica, cinema, libri eccetera non può essere gestita con la stessa disinvoltura che riguarda auto, sigarette, benzina e case.
d) Quel che circola su internet è assolutamente pubblico.
e) Ciò non vuol dire che tutto debba circolare su internet.