Il tempo dei Mele

In questi giorni di vacanza ho letto pochissimi giornali, per legittima difesa. Mi è però rimasta impressa una notizia: il perdono della moglie di Cosimo Mele e la reazione di plauso unanime delle parlamentari tutte. Dal momento che la vicenda è stantia, mi sembra utile spendere qualche riga per inquadrare bene i personaggi: Cosimo Mele è l’onorevole dell’Udc (ora diluitosi nel gruppo misto) che si intratteneva con due ragazze prezzolate mentre tirava cocaina; la moglie del suddetto, mentre il suo consorte se la spassava tra cosce aperte e malcelate rimembranze di case chiuse, si prendeva la briga di partorire una pargoletta; le parlamentari interpellate dai giornali fanno parte di schieramenti di destra e di sinistra, quindi il loro pensiero riassume – per logica- quello dell’arco costituzionale, con e senza calzoni.
La signora Mele ha detto di perdonare la “scappatella” del marito in nome della figlia appena nata. Il fiocco rosa l’ha spinta a chiudere un occhio, anzi a tapparseli entrambi, pur di salvaguardare l’unità familiare. I cronisti dipingono la signora come una donna “dai tratti delicati”, “riservata e giovane”. Di certo deve essere forte, al limite dell’incoscienza. Un personaggio fuori dal reale, da quel mondo comune in cui suo marito scopa, sniffa, paga, vota leggi bacchettone, scopa ancora, paga, ri-sniffa, prende stipendi (come si vede) immeritati e per giunta si spazientisce quando i fotografi lo inseguono una volta che è stato smascherato. Lo stesso mondo in cui albergano le parlamentari che lodano il “senso della famiglia” e la “logica cristiana del perdono” e nel contempo auspicano pubblicamente torture e contrappassi medioevali per il cornificatore.
Parliamoci chiaro, fuori da ogni reflusso di buonismo becero: qui c’è un uomo, maschio, potente, ricco e spocchioso che, mentre sua moglie è in ospedale con le doglie, pensa bene che la cosa più idonea da fare sia trombarsi due ragazze a pagamento e tirarsi qualche pista di cocaina.
La signora Mele appare quindi come l’ideale via di mezzo tra un’extraterrestre e una santa. La sua testa vola molto in alto. Tra le nuvole.

Ripos(in)o

Qualche giorno di vacanza non si nega a nessuno. Poi si torna: ad agosto questo esercizio resta aperto.

La terza via

I mezzi d’informazione riferiscono che le testimonianze contro don Pierino Gemini, accusato di abusi sessuali su ospiti della sua comunità, sono molte e concordanti. Sulla vicenda si scontrano due teorie. La prima, che all’occasione proviene da esponenti del centrodestra, è innocentista e addirittura mette in campo l’idea di un attentato ideologico a un eroe del nostro Paese. La seconda, che all’occasione promana dalla sinistra estrema, fa finta di non guardare in faccia nessuno (“Non facciamo che siccome c’è un prete di mezzo finisce tutto a tarallucci e vino?”), ma in realtà trasuda senso di vendetta contro i pretacci di successo. Manca una terza via, almeno io non l’ho vista, quella di un cauto realismo.
E’ innegabile che quando un’indagine investe una persona nota, la luce dei riflettori rischia di essere più forte di quella della verità. In questi casi però ci si potrebbe astenere dall’ovvio. Riferire di “confidare nell’operato della magistratura” equivale a dire che si ha fiducia nel lavoro del proprio salumiere. Un magistrato, come un salumiere, opera – cioè agisce – secondo tecniche stabilite, non c’è bisogno di attribuirgli personalmente un riconoscimento perché l’effetto rischia di avere una valenza opposta. Così come ostentare una serenità di ferro quando si finisce sotto inchiesta può togliere una veste di umanità e scoprirne un’altra di calcolata freddezza. Meglio dire che si è sconvolti, amareggiati, incazzati: è normale, succede a tutti, famosi e signorinessuno.
La terza via prevede un ordine dettato da una sola regola: il silenzio che rispetta tutti.

Mi fido di chi

Sono un diffidente, però un po’ mi fido. Ecco un elenco.

Mi fido di chi non traveste la curiosità.
Di chi non si offende se non rispondi al telefono.
Di chi sorride dei propri difetti.
Di chi si annoia con serenità, ma sta sempre a inseguire nuovi progetti.
Di chi usa la rabbia come sedativo.
Di chi legge tra le righe senza pretendere di leggere quello che vuole leggere.
Di chi non corre per partecipare, ma per vincere.
Di chi riconosce i meriti altrui, senza sottovalutarsi.
Di chi piange di nascosto e ride apertamente.
Di chi ha cancellato la frase: “Nessuno mi\ti conosce come mi\ti conosco io”.
Di chi sa sbagliare da solo.
Di chi ha cura per i dettagli.
Di chi chiede scusa con la stessa semplicità con la quale accetta le scuse.
Di chi sa ascoltare.
Di chi mente con sincerità.
Di chi ti rende pan per focaccia.
Di chi onora il passato.
Di chi ha la forza di rispettare i più deboli.
Di chi non confonde bontà con buonismo.
Di chi ti manda a quel paese quando te lo meriti.
Di chi diffida degli elenchi come questo.

Elton guru

Elton John propone di spegnere internet per cinque anni affinché si torni a socializzare e si produca arte migliore.
Le star che si fanno guru o leader di movimento non mi piacciono perché, quasi sempre, tentano di utilizzare il consenso dei fan a favore delle tesi più balzane. Se Elton John non avesse la sua folla di candele adoranti userebbe meno disinvoltura nell’irrorare il mondo delle sue tesi tecnofobe. Tesi ispirate più dal portafogli che dall’anima: il grande problema dell’artista è ovviamente lo scambio di musica illegale nel web (John ha già messo su cause milionarie). Allora perché dipingere di alti toni sociali ciò che ha solo il colore di una banconota? E’ vero, non è giusto scaricare abusivamente musica. Il concetto è chiaro e non ha bisogno di teorie posticce. Un cervello non è più interessante se coperto da un toupet.

Cesa (ricordiamocelo)

Ho seguito con scarso interesse l’ennesima farsa di un politico puttaniere, nel caso specifico Cosimo Mele. Per i seguenti motivi: non mi sorprende più che un padre di famiglia con figli a carico se ne vada a scopare con donne prezzolate, lo fanno in moltissimi; la scena politica italiana (e mondiale) è piena di personaggi che si riempiono le mani non soltanto di soldi ma di carne presumibilmente soda; è fatale che, in questo campo, chi predichi bene rinnovi l’esperienza diretta del razzolare male (tanto per sapere di cosa si parla); le lacrime del cattivo smascherato, come quelle del lenone Ballione di Plauto, mi fanno sorridere.
Eppure c’è qualcosa che mi ha fatto scattare i polpastrelli. La giustificazione d’ufficio fornita dal segretario del partito del puttaniere, l’Udc: “La solitudine è una cosa seria e la vita da parlamentare è dura per chi la fa seriamente”. Per cui – l’autore di questa frase si chiama Lorenzo Cesa, ricordiamocelo – è auspicabile distribuire più soldi ai deputati affinché possano ricongiungersi con la famiglia.
Caro onorevole Cesa (ricordiamocelo), immagino che lei guadagni oltre 15 mila euro netti al mese, tra stipendio, indennizzi e altri rimborsi. Immagino che abbia diritto a viaggiare gratis e che abbia bollette del cellulare pagate per oltre 3 mila euro all’anno. Sono certo di commettere qualche omissione nel fornire queste cifre perché ho fatto una ricerca superficiale pur di non avvelenarmi troppo la giornata: queste sono comunque le cifre minime che ho trovato, ci sarà molto altro che non ho registrato. Onorevole Cesa (ricordiamocelo), i casi sono due: o, nell’avanzare quella proposta, lei voleva diluire i toni della polemica in una grassa risata, oppure deve abolire qualche aperitivo. Nella prima ipotesi si può rimediare subito. Al suo via, tutti a sghignazzare. Nella seconda è utile cambiare stile vita. Per esempio, perché non se ne torna a casa sua, onorevole Cesa (ricordiamocelo)?
Biglietto d’aereo pagato. Puttane no.

Pannella e la barella

Il Gran Premio del Partito Democratico è partito con due grandi esclusioni: Di Pietro e Pannella sono stati costretti a rientrare ai box. In pole position Veltroni che ieri ha spacciato per dichiarazione politica uno sfogo sgonfia-maroni: “Minchia, ma sono rincoglioniti? Tra i candidati ci manca solo Berlusconi!”. Poi si è scusato per i toni volgari e ha cancellato la parola “Berlusconi”.
Tra gli aspiranti segretari nazionali svetta Rosy Bindi, che ha il vantaggio di portare un nome da donna e che può quindi far presa anche sui discotecari mastelliani. Di Pietro, negando fino all’ultimo minuto ogni coinvolgimento nella competizione, ha mandato Orlando a portare gli incartamenti per la candidatura. Sembra che sia stato escluso perché c’erano errori di grammatica persino nelle firme.
Pannella tuona fin dall’alba di oggi e annuncia scioperi della fame, della sete e della cacca. Come di consueto, più che alla poltrona aspira alla barella.

Sul bacio

Discutere della forma più antica e peculiare con la quale gli esseri umani si scambiano affetto è complicato. Però la cronaca dà uno spunto irresistibile. C’è un gran casino a Roma dopo la denuncia per atti osceni di due omosessuali che si baciavano in pubblico.
Salendo in cattedra, si può dire che il bacio, per definizione, presenta molte varianti e gradazioni. Scendendo dalla cattedra, si può dire che se persino il bacio passa attraverso il filtro di una modica quantità legale siamo fritti. Nel mezzo però ci stanno alcuni principi di buon vivere che danno valore a questo piccolo gesto quotidiano:
1) Baciarsi non è reato.
2) Baciarsi non è obbligatorio.
3) Per baciarsi non è necessaria una patente.
4) Chiunque può baciare chi vuole.
5) Chiunque non può baciare chiunque come vuole e dove vuole.
Il gesto più puro che ci è rimasto ha in sé tutti i significati che incontra: è interesse, protesta, formalismo, sessualità, trasgressione, banalità, schiocco, silenzio, luce, buio, psicologia, grettezza, fedeltà e inganno. Organizzare una manifestazione a sostegno del bacio gay, com’è accaduto a Roma, significa cercare di mettere sotto bandiera il sesso degli angeli.
Un sommesso consiglio, smettetela di fare scemenze e baciatevi in modo disorganizzato.
P.S. Scusatemi per la banalità della foto (Bacio all’Hotel de la Ville di Doisneau), ma questo è il bacio più letterario che conosca, perché è finto e vero al tempo stesso.

La libertà non è un optional

Per ricordare chi siamo, cosa consumiamo e chi sono i nostri fornitori.

Scienza e psiche

Fa sempre una certa impressione leggere di come la Scienza continui a maturare certezze su un ambito così complesso come quello della nostra psiche. Si viene delineando, ormai da qualche decennio, un preciso scenario chimico per i nostri pensieri, le nostre sensazioni, persino i nostri sentimenti. Se in momenti di difficoltà ciò può apparire confortante, in situazioni opposte – che ognuno di noi spera siano più frequenti – la decrittazione biochimica è deprimente. E’ un caso che i protagonisti occulti o, sarebbe meglio dire, i grandi manovratori della nostra esistenza intima abbiano nomi vestiti di suffissi diminutivi (adrenalina, acetilcolina, serotonina) o accrescitivi (testosterone, progesterone)? Di certo c’è che dietro una pulsione creativa, una delusione amorosa, un attacco d’ira o un impeto di affetto ci sta sempre una gocciolina che filtra da una cellula all’altra. Il dibattito sempiterno sul rapporto tra ciò che siamo e ciò che crediamo di essere è utile quanto uno sbadiglio a un concerto di musica andina: se non altro ha il pregio di avvisarci che siamo in un luogo sbagliato.
Chi ha avuto modo di provare l’effetto correttivo di una pillola (solida) sul meccanismo (etereo) del pensiero sa che il farmaco e la psiche, quando si trovano a tu per tu, si accomodano ciascuno al proprio posto. La gocciolina ospite si spalma tra due neuroni e svolge il suo compito retribuito. L’industria della mente, senza proclami, isola alcune linee improduttive o dannose e tira a campare. Non c’è battaglia, ma compromesso.
Alla fine la Scienza sta ancora cercando di capire cosa ci fa capire di credere di capire. Nel frattempo, prendiamoci in spalla le nostre gioie e i nostri dolori e aspettiamo la prossima puntata di Superquark.