Tu chiamala, se vuoi, democrazia

Scommetto che in Italia il modello iraniano piace a qualcuno.

Fino a qualche tempo fa

L'illustrazione è di Gianni Allegra
L'illustrazione è di Gianni Allegra

L’attimino fuggente

di Giacomo Cacciatore

Fino a qualche tempo fa  non nutrivo un’eccessiva simpatia per Michele Santoro. Lo trovavo  istrionicamente fazioso.
Fino a qualche tempo fa non nutrivo un’entusiasmante simpatia per il quotidiano “la Repubblica”. Pur avendo a lungo collaborato con l’edizione palermitana dello stesso giornale (o forse proprio per questo), lo trovavo snobisticamente fazioso.
Fino a qualche tempo fa giuravo a me stesso che non sarei mai stato fazioso. Mi sembrava un atteggiamento da ragazzino dei centri sociali (luogo che ho spesso frequentato), legato a slogan facili e digiuno di senso critico indipendente.
Fino a qualche tempo fa non avrei mai creduto che essere faziosi potesse diventare, nel nostro paese, qualcosa di più che una posa, ovvero un’esigenza, un’urgenza, una necessità.
Fino a qualche tempo fa, non avrei mai sognato, nemmeno nei miei incubi peggiori, di sentire la voce critica del mio paese ridotta a pochi solisti testardi (e, visti i tempi, coraggiosi o incoscienti). Tra questi un giornalista televisivo, un giornalista-saggista, un vignettista satirico e una sola, agguerrita testata di giornale.
Da qualche tempo sono fazioso, ricompro “la Repubblica” e non mi perdo una puntata di Annozero.

La scienza dell’informazione

L'illustrazione è di Gianni Allegra
L'illustrazione è di Gianni Allegra

Ieri sera, alla ricerca di un tema da affrontare sul blog, riflettevo sulla grandezza di questo mezzo di comunicazione.
Chi ha lavorato nel mondo dell’informazione sa quanto è difficile trasmettere le opinioni libere. Anche il giornale più avanzato ha regole e impostazioni editoriali che lo rendono farraginoso, quindi un po’ distante dal pubblico.
Oggi, in tale ambito, gli equilibrismi sono sempre più un peso da sopportare. Risultato: leggiamo quotidiani che pur essendo freschi di stampa nascono vecchi; guardiamo tg che ci raccontano storie di cui conosciamo inizio, sviluppo e fine; seguiamo portali che mascherano una vetusta impostazione di stile cartaceo con la rapidità di aggiornamento di stile telematico.
La nuova comunicazione è un’altra cosa.
E’ parziale, perchè rappresenta il momento con la consapevolezza di non essere definitiva.
E’ completa, perché si sostenta della somma aritmetica dei momenti.
E’ condivisa, perchè si compone dei pareri che scaturiscono da un input.
E’ democratica, perchè è gratuita e facilmente accessibile.
E’ concorrenziale, perché competitiva in un ambito di regole uguali per tutti (sul web Pinco Pallino e Obama stanno sullo stesso piano).
Quando lavoravo in un quotidiano non ho mai ricevuto tanti suggerimenti, contributi, insulti (che in un certo senso fanno opinione), segnalazioni come adesso. E vi assicuro che è così per molti giornalisti (anche di testate importanti) che hanno scelto il web come destinazione principale dei loro scritti. Ritengo che la comunicazione su internet sia, con le dovute scremature, una vera fabbrica di idee. Vincono le più solide, ma le altre non soccombono, restano e si vedono lo stesso: il massimo del pluralismo. Io stesso mi sono trovato spesso in minoranza, in questo blog, e ne ho tratto insegnamento. E ho motivo di ringraziarvi.
Infine una notazione. Le opinioni sono come il prosciutto, il peso sulla bilancia non dà garanzie sulla qualità. Solo assaggiandole (leggi: vagliandole) si ha contezza del loro valore. Sono ottimista: vedo in giro ottimi salumieri.