Candidature

Ricevo una mail circolare da Fascioemartello per sostenere la candidatura del sindaco di Gela, Rosario Crocetta, alla presidenza della regione siciliana. Per deontologia e per ottocentomila questioni personali non ho mai sostenuto alcun politico: continuerò a viaggiare in questa direzione.
Crocetta è una brava persona, è un coraggioso e mi ispira la simpatia dei folli onesti. E’, in questo senso, un simbolo positivo. Come molti altri ce ne sono in giro. Auspico altre candidature come quella sua. Di gente che magari si attacca al telefono e chiama quelli che non lo conoscono: si presenta, rischia una sonora mandata a fare in culo, e chiede un parere.
Spero in un nuovo governatore che dia più schiaffoni che baci, che frequenti i cinema e le librerie più delle sale convegni, che giri nel web a caccia di idee, che istituzionalizzi il confronto con la sua gente (due domeniche al mese in una piazza a caso di una città a caso), che prenda a calci in culo i piagnoni, che tratti i precari da precari e non da serbatoio di voti, che legga e ascolti quanto più possibile ciò che gli artisti della sua terra inventano, che faccia un resoconto (gli addetti stampa non gli mancano) puntuale a scadenze fisse di ciò che non è stato possibile fare, che festeggi quando è il caso di festeggiare e pianga quando è il caso di piangere.
Tutto qui.

Serendipità

L’altro giorno, leggendo l’e-mail di un’amica, mi sono imbattuto in una parola di cui mi ero dimenticato: serendipità.
Come qualsiasi dizionario ed enciclopedia vi ricorderanno, questo neologismo, originato dal più noto serendipity (anglosassone), indica lo scoprire qualcosa mentre se ne cerca un’altra. Ma, si badi bene, il concetto è ben diverso da quello di culo (inteso come fortuna). La serendipità è una strada con infinite traverse e solo la capacità e il valore di chi la percorre potranno rendere giusta la traversa “sbagliata”. E’ anche, secondo una celebre metafora, “cercare un ago nel pagliaio e trovarci la figlia del contadino”. E’ l’idea che arriva alle spalle. E’ l’America scoperta al posto delle Indie. Con quel che ne consegue.
Nonostante la mia diffidenza paranoica, credo molto nella serendipità anche per conoscere meglio chi mi circonda. Si sa spesso di più quando meno si cerca con accanimento. Il fatalismo impigrisce, la serendipità arricchisce tutti.

P.S.

Vi giuro che ieri sera ho mangiato leggero e ho bevuto praticamente nulla.

Vecchiaia

Leggo un bel libro che mi ha regalato un amico, “Intervista sul cinema a Federico Fellini”, e mi soffermo su un passo, proprio all’inizio, che prende spunto da una citazione di Simone de Beauvoir: “La vecchiaia ti afferra all’improvviso”.
Dice Fellini: “E’ verissimo. Fino all’altro ieri ero sempre il più giovane del gruppo, in qualunque comitiva, in qualunque tavolata. Come diavolo è potuto accadere che nel giro di poche ore, un giorno, diciamo anche una settimana, io sia diventato improvvisamente il più vecchio?”
Non sono vecchio, ma ricordo benissimo quando mi sono sentito invecchiato. E’ accaduto in una mattina d’inverno di tre anni fa. Mi sono svegliato, ho fatto le solite cose e mi sono reso conto che non ero più giovane. Non mi chiedete dettagli, non saprei darveli. Non c’entrano le rughe, gli acciacchi, i capelli che se ne vanno. E’ un respiro interiore, lo senti. Percepisci gli eventi in modo diverso, hai reazioni nuove, sei più cauto quando dovresti osare e più scatenato quando ci vorrebbe maggiore cautela. Usi la rassegnazione come oppiaceo e ti droghi di cose da fare. E gioisci quando il panettiere, che ha la metà dei tuoi anni, ti dà del tu.

Storie

Sto scrivendo una nuova storia. Ogni volta che mi cimento in un’impresa del genere ho una strana sensazione che attraversa i seguenti stadi.
Entusiasmo.
Vertigine.
Comunicatività.
Ritrosia.
Leggerezza.
Timore.
(sindrome di) Abbandono, bruttanatroccolite.
Depressione.
Ossessività compulsiva.
Ilarità.
Debolezza verso i vizi.
Attaccamento allo sport.
Senso di onnipotenza.
Debolezza.
Felicità.
Basta per farvi comprendere la potenza delle storie? Eppure il raccontare è un’emozione inferiore rispetto al leggere. Allora perché di storie non ce ne narriamo più? In una favola, in un racconto, in un’avventura impaginata c’è un tumulto di sentimenti e sensazioni unico, in alcuni casi indimenticabile.
Sarò scontato, ma vi chiedo una cosa.
Stasera togliete il televisore dalla vostra stanza da letto. Troverete il tempo per leggere di paesi lontani ed eroi vicini, per apprendere di vite dimenticate e per indossare eroici panni altrui. Riderete o vi commuoverete in complicità col vostro cuscino. Amerete il vostro partner con uno spunto in più, oppure finalmente lo odierete come merita. Troverete luccichii che non vi immaginavate e, una volta tanto, per sognare non vi toccherà necessariamente dormire.
C’è un mondo meraviglioso da sfogliare, senza la De Filippi o (dio mi perdoni) Michele Santoro.
Un mondo di vera finzione. Il più vero.

Questo blog

Rapido bilancio di un anno. Sorvolo sulle mie questioni personali, parliamo di voi. Il 2007 coincide con il primo anno di vita di questo blog, che non fa grandi numeri, ma nel suo piccolo…
Ci siamo ritrovati su queste pagine in quasi diecimila utenti unici, per un totale di 28.000 visite. Ogni giorno avete dedicato in media tre minuti del vostro tempo a leggere i miei deliri (e quelli di altri complici). In 4.300 avete visitato il blog più di 200 volte. La maggior parte di voi si collega da Milano, segue Roma, Palermo è terza. Quelli che rimangono più a lungo sono di Catanzaro (con oltre cinque minuti di permanenza media), i più rapidi quelli di Catania (poco meno di un minuto e mezzo). Gli amici di Svizzera, Francia, Gran Bretagna e Spagna hanno prodotto 3.000 visite e hanno mostrato una sorprendente fedeltà. I post più letti, per uno scherzetto di google di cui abbiamo parlato, sono i culi dei vip e le mutande dei vip. Segue il mestiere di giornalista che ha ispirato una piccola campagna (la mafia ha rotto i coglioni) per la quale ringrazio i blogger citati nello spazio qui a destra.
Vi risparmio altri numeri perché già mi fuma il cervello. Però alcune righe vorrei aggiungerle.
Sono un chiacchierone, ma anche un timido: questo mezzo mi ha insegnato a condividere esperienze e opinioni, mooolto personali e se volete bizzarre, senza il vincolo terrorizzante del giudizio. Se anche mi avete scritto contestandomi o attaccando il mio punto di vista, sappiate che mi avete regalato un’emozione positiva. Quella che deriva dal confronto puro delle idee, dal quale, per indecifrabili addizioni (o sottrazioni) del destino, mi ero un po’ estraniato.
Che sia un saluto, una filippica, una proposta, un gioco o una battuta, il vostro post è sempre, dico sempre, un trillo di vita. Reale anche se virtuale.
Grazie.

Il sommo Magris

Oggi un post de relato. Per chi avesse perso l’articolo di Claudio Magris sul Corsera di qualche giorno fa, ecco il link (segnalatomi da una blogger acuta).
Magris è un grande intellettuale perché ha il dono della semplicità e non è mai saccente. Fossi premier lo farei ministro della cultura e gli vieterei di frequentare il parlamento.

Buon natale

E lasciatelo in pace quel pover’uomo. Auguri a tutti voi.

Lo sciopero dei consumi

Da quando sono in età cosciente (da pochi anni, secondo chi giura di conoscermi bene) ogni fine anno è accompagnata da rincari, aumenti, allarmi monetari e catastrofi economiche varie. E’ come se vivessimo in un enorme portafogli e ci svegliassero quando è l’ora di pagare il conto. Tutti ad agitarsi, indignarsi, annunciare provvedimenti che non ci saranno. Come se tirando il freno a mano si potesse arrestare la deriva dei continenti.
Una volta un economista mi spiegò che il sistema mondiale non si basa, come molti credono, sul rapporto domanda-offerta, ma su bisogni indotti e offerte programmate. Che è altra cosa. I grandi manovratori, insomma, pagano perché i poveri restino tali. Perché senza di loro non ci sarebbe quella differenza di potenziale che alimenta i flussi di denaro.
Quando si parla di rincari l’unica arma che esiste è lo sciopero globale dei consumi.

Il vantaggio dei ricordi

Ho osservato un fenomeno interessante e bello. Ogni volta che propongo un tema di riflessione che necessita di elaborazione (cioè di tempo) per repliche e varia partecipazione, c’è una sorprendente rispondenza tra i lettori del blog, anche quelli occasionali. Il post di sabato non era semplice, eppure sono venute fuori idee originali e divertenti: in una parola, intelligenti. Era un gioco, ovviamente, quindi molliamo certi moralismi che qualcuno continua a impugnare: può anche essere stimolante fare l’esegesi di “mosca cieca” a patto che non si impartiscano lezioni sulla ragion pura. Sempre di gioco si tratta.
Tornando a noi, ho più volte sfiorato il pensiero più controproducente per un giornalista: le notizie hanno stancato. La gente, anzi la ggente è satura di fatti, commenti sui fatti, analisi dei fatti, polemiche sulle analisi dei fatti, reazioni ai commenti dei fatti, retroscena dei fatti, vivisezioni dei fatti. Il bombardamento ha causato un’overdose i cui effetti sono assimilabili al suo contrario, a una crisi di astinenza. La mia non è una considerazione statistica, questo blog non ha voce in capitolo in tal senso. Però affacciandomi ogni giorno a questa piccola finestra sto capendo molte cose. Il messaggio della comunicazione deve cambiare, ma cambiare giorno per giorno. La partecipazione non è un contorno, bensì un alimento fondamentale. Ad esempio, giocando e misurandosi sul filo dei ricordi, dei desideri, delle ambizioni si impara a far gruppo, società. Il trito esercizio del “mi ricordo” è un grimaldello che forza porte di case distanti, ma che hanno gli stessi tinelli, le stesse pareti stinte, lo stesso profumo, indimenticabile, dei ricordi. Che ben cristallizzati non diventeranno mai rimpianti.

Ai miei tempi

Facciamo il giochino del “mi ricordo”.
Ai miei tempi c’erano due (poi tre) canali in tv e c’era sempre qualcosa da guardare.
Ai miei tempi gli occhi erano i fanali della curiosità.
Ai miei tempi le ragazze non si spogliavano in discoteca. Non bevevano e rompevano le scatole a chi si prendeva un rum e coca.
Ai miei tempi si giocava a smontare e rimontare le radio rotte.
Ai miei tempi ci si faceva le seghe con catalogo Vestro.
Ai miei tempi la domenica si andava al cinema, tutta la famiglia, ed era una festa.
Ai miei tempi si giocava a pallone per la strada.
Ai miei tempi c’erano i buoni e i cattivi, nulla nel mezzo.
Ai miei tempi se non studiavi venivi rimandato o bocciato e non si facevano cortei per chiedere una franchigia.
Ai miei tempi ci si sedeva a tavola tutti insieme.
Ai miei tempi per telefonare si chiedeva il permesso.
Ai miei tempi non si parlava a migliaia di persone con un clic.