L’Antimafia a scrocco

equilibrista-picC’è una storia che può aiutarvi a capire certi deragliamenti dell’informazione e certi meccanismi dell’antimafia. È una storia che conosco bene perché ne sono stato protagonista, in quanto componente del Consiglio di disciplina dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia.
Ieri il Fatto Quotidiano ha pubblicato un articolo firmato da Claudio Fava, Michele Gambino e Antonio Roccuzzo in cui si dice che Riccardo Orioles, tra i fondatori de I Siciliani di Pippo Fava, è stato radiato/sarà radiato (sui tempi non sono riusciti a mettersi d’accordo) dall’Ordine dei giornalisti per un “misero debito”di 1.384 euro. Orioles, in pratica, non può pagare la quota associativa da anni perché versa in condizioni economiche precarie. Nell’articolo Fava & company scrivono di “una paradossale ignominia che merita di essere raccontata”. E il racconto, in estrema sintesi, è questo: si caccia un giornalista antimafia e s’ignora invece la condotta di un giornalista come Mario Ciancio, direttore editore della Sicilia di Catania, sotto inchiesta per concorso esterno in associazione mafiosa. La conclusione è: “Se Riccardo sarà radiato da quest’Ordine, ce ne andremo anche noi”.
Tutto chiaro.
Solo che c’è un problema: Orioles non è mai stato radiato.
Capite? Manca la base sulla quale è costruita l’architettura polemica. L’Ordine-mafioso dei giornalisti-mafiosi protegge il forte Ciancio e affossa il povero Orioles: bel concetto, a effetto, per un’antimafia prêt-à-porter. È quasi un peccato che sia una bufala: siamo nel campo delle cosiddette notizie troppo belle per essere vere. E non c’è verso di schiodare i sommi censori dal loro pulpito, figuratevi che neanche un’ordinaria nota di smentita viene presa per buona. Perché a certe latitudini dell’informazione il mantra dell’infallibilità prevede che le minchiate commesse siano tipo le cicatrici del guerriero: un segno di valore.

Bulimici del complotto.

A un certo punto dinanzi al comunicato dell’Ordine che diceva una verità troppo piccola e semplice per i bulimici del complotto, Fava su Facebook, pur di non arrendersi all’evidenza, ha tuonato: “L’Ordine non scrive che la sua radiazione era all’ordine del giorno della loro riunione di venerdì scorso, ore 17, Palermo. Non scrive che quella vergognosa espulsione era stata calendarizzata per 1.384 euro di morosità. Non scrive di averla rinviata di sei mesi quando si sono resi conto di averla fatta grossa”. Che, detta così, sembra una cosa ideata da Toto Riina. Ma la realtà è, come dicevo, troppo piccola e semplice per menti così lucide. Pensate un po’, venerdì scorso si è riunito il Consiglio di disciplina e si è discusso, tra le altre cose, di decine e decine di giornalisti morosi (per i quali a certe condizioni è prevista la radiazione), e tra questi c’era Orioles. La cui posizione, proprio in virtù di una situazione delicata, è stata stralciata. Punto. Quindi nessuno l’ha fatta grossa, se non chi ha ritenuto di attribuire ad altri, retropensieri grottescamente suoi.

Ciancio e ciance.

Dove non arriva la ragione, ci pensa l’ossessione. Quella per Ciancio è un capitolo molto delicato. Perché sin quando si gioca sparando notizie a caso, al limite ci si corregge e ci si impegna a essere più attenti la prossima volta. Ma quando si ragiona con e su atti giudiziari, allora la musica cambia. Il presidente dell’Ordine dei giornalisti di Sicilia, Riccardo Arena, puntualizza: “Su Ciancio non appena insediati (gennaio 2012) abbiamo chiesto le carte alla Procura di Catania. Non le abbiamo avute. Chiusa l’indagine, quest’anno, abbiamo chiesto di costituirci parte civile contro uno dei potenti dell’informazione siciliana”. Cosa pretendono gli articolisti del Fatto Quotidiano, che nell’attesa di un verdetto noi ci inventiamo una sentenza a piacere, tipo tema delle medie? O che si passino per le armi tutti i giornalisti che lavorano per quell’editore e che non gli sputano sulle scarpe ogni volta che lo incrociano?

Saggezza a buon mercato.

Insomma l’onorevole Fava dovrebbe sapere che la prudenza è la forma di saggezza più a buon mercato. Diciamolo chiaramente, nessuno si sognerebbe di dargli del mafioso o dell’amico di mafiosi solo perché sul finire degli anni Novanta proprio lui era alleato di Totò Cuffaro alla Regione. Nessuno sminuirebbe la sua caratura politica solo perché, da segretario regionale dei Ds, condusse il partito al minimo storico in Sicilia, spianando la strada al centrodestra per il tristemente famoso 61 a 0 del 2001. Nessuno potrebbe equivocare sulla sua buona fede quando tenta di mascariare l’Ordine dei giornalisti che chiede i soldi a chi non li ha, solo perché lui è stato moroso dal 2006 al 2014. Nessuno, manco sul Fatto Quotidiano.

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Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

9 commenti su “L’Antimafia a scrocco”

  1. Siccome non amo “mascariare” ma nemmeno ricevere sputi travestiti da forbita ironia, e siccome non mi piace mandarle a dire, mi piacerebbe – questo sì – che il signor Palazzotto accettasse di discutere in pubblico su quello che io ho scritto e che lui qui dice. Su Orioles, su Fava, su Ciancio, sull’Ordine e – perché no? – su questo mestiere. Insomma su tutto quello che gli aggrada. Purché sia in pubblico, senza nascondersi dietro i blog, affinché ciascuno ascolti e giudichi. A Palermo, Catania, all’Ordine, nella sua redazione, in parrocchia… dove vuole. E quando vuole.
    Claudio Fava

  2. Due cose non capisco. Da dove ha tratto la sensazione di aver ricevuto degli sputi (le mie argomentazioni sono molto più miti e garbate di quelle da lei usate sul Fatto) e soprattutto chi si nasconderebbe dietro i blog: qui il titolare sono io, Gery non è un nickname, ma un’idea di mia madre che giudicava il mio vero nome (Gerlando) troppo lungo. Per il resto in queste pagine trova tutto, compresi biografia, e-mail e fatti privati. Massí, incontriamoci e parliamo di tutto quello che vuole, tranne che di calcio che per ora non è aria… Sono incensurato, di sinistra e mi è pure piaciuta la sua sceneggiatura de “I cento passi”. Insomma da bere offro io.

  3. 14 ottobre 2015
    Intervengo a malincuore perché la questione mi riguarda personalmente, e per lo stesso motivo mi astengo dell’intervenire sul merito. Osservo semplicemente che il tono, indubbiamente astioso (“le puzzette antimafia” ecc.), di Palazzotto fa pensare, molto oltre l’argomento, a una polemica *politica* (e personale) nei conronti di Claudio Fava. Il giornalismo catanese, e in particolare l’Ordine, non ha molto brillato in tutti questi anni per coraggio e senso del dovere (in una regione con otto giornalisti ammazzati, e un editore monopolista e amico di mafiosi). E’ stato, fra le altre cose, carente nel proteggere il giornalista iscritto all’Ordine Claudio Fava dalle persecuzioni del giornalista iscritto all’Ordine Mario Ciancio (“Fava sul mio giornale non sarà nominato”). Questo debito morale dei confronti di Claudio Fava è ciò che probabilmente spinge taluni colleghi ad aggredirlo in termini cosi accesi: se Fava (Claudio: di Fava Giuseppe i locali colleghi si erano occupati già ben prima) è un imbroglione, allora abbiamo fatto bene a tradirlo. Aggiungo, en passant, che un’analoga ostilità s’intravvede nei confronti della parola “antimafia”, usata come sinonimo d’ipocrisia (eppure Claudio Fava, nell’antimafia, a volte ha rischiato la pelle). Immagino che dietro tutto ciò non ci sia chissà che complotto, ma semplicemente l’inesperienza di qualche collega che il militare l’han fatto dietro una scrivania al ministero e non, come Claudio e me, direttamente in trincea. Infine, sarebbe utile che Palazzotto imparasse a far polemiche in tono magari duro ma civile. Fa parte, a quanto pare, di una Commmissione di Disciplina: figuriamoci se fosse commissario all’Indisciplina…

  4. Non sono un politico, al contrario di Claudio Fava, e non faccio polemica politica. Mi sono limitato a raddrizzare una versione dei fatti, per quel che mi riguarda, rappresentata in modo colpevolmente errato. Se rendere onore ai soldati del giornalismo in trincea significa avallare menzogne propalate dagli stessi, vuol dire che facciamo due tipi molto diversi di informazione. Il mio mestiere non è stato esercitato dietro nessuna scrivania ministeriale: ma nei giornali, con scelte dolorose e, mi si perdoni l’immodestia, anche un po’ coraggiose. Orioles, si documenti prima di parlare a casaccio del sottoscritto. Si faccia raccontare delle mie dimissioni dal Gds, di come ho campato mollando tutto e ricominciando da zero senza mai avere mezzo padrino politico o una segreteria di partito che mi foraggiasse. Si faccia dire dove ho fatto il militare, dove mi sono spaccato la schiena per vent’anni. Insomma faccia il giornalista. E cerchi di limitarsi nelle considerazioni en passant: dalle mie parti l’antimafia è una cosa seria e non si usa per difendersi dalle leggerezze che uno scrive.

  5. Caro Palazzotto, nessuno di noi è un politico e tutti siamo politici; Lei sicuramente lo è, schierato su un fronte preciso (diciamo l’opposizione all’on.Fava; oppure l’opposizione a Claudio Fava dei Siciliani, scelga Lei); politico non è una mala parola, in ogni caso, ma semplicemente un dato di fatto. Temo che Lei sia – politicamente – anche un avversario dell’antimafia; o almeno che abbia delle idee poco chiare sull’argomento. Lei infatti proclama (è un Suo titolo, no?) “l’antimafia a scrocco”: un’antimafia rubata, secondo Lei, abusivamente innalzata da chi non ne avrebbe titolo. Bene: l’ho ho scroccata io, queesta benedetta antimafia? Oppure l’ha scroccata Claudio Fava, che stava per essere assassinato dai mafiosi, dieci anni dopo suo padre, esattamente nello stesso luogo (si salvò solo perchè era casualmente presente la scorta di un altro onorevole; quando l’ebbe lui, vi rinunciò al più presto). Oppure Antonio Roccuzzo? Oppure Miki Gambino? O forse Lei si riferisce, con questa Sua “antimafia a scrocco”, direttamente a don Ciotti? Faccia Lei. Io non faccio affatto valutazioni sulla Sua carriera (e se le facessi, le farei con tunirispettosi e civili). Dico soltanto che Lei, quanto a giornalismo antimafia, a scrocco o no, rispetto a un Claduio Fava ha forse qualcosa da imparare. Io non la critico, badi bene, per le Sue critiche a Claudio Fava; la critico per il tono. Io non mi permetterei di dire che Lei ha dichiarato il falso, al massimo, che forse ha affermato cosa imprecisa. Per queste sfumature, nel nostro mestiere, un tempo si mandavano i padrini… :-)
    Sul terreno attuale, io “duello”, rispetto a lei, ad armi spuntate: essendo personalmente interessato, non posso entrare nel merito, per via delle regole antiche. Se posso permettermi di dir qualcosa, tuttavia, ritengo che la miglior sintesi sia quella di un Suo recente lettore, il signor “Dartagnan”. Il quale: “Polemizziamo – dice – sul pagamento di un iscritto all’ordine dei giornalisti. Pagamento dovuto a tutti i professionisti iscritti ai vari albi. L’ordine dei medici invia il pagamento con la cartella esattoriale con le conseguenze che ne scaturiscono automaticamente in caso di ritardo o mancato pagamento”.
    Perfetto. Difatti, l’Ordine dei medici si comporta così. Anche il sindacato postelegrafonici, e pure il Regio Ordine dei Funzionari del Catasto. E il comando della Divisione Folgore, o della Brigata Garibaldi? Questi mandano ai loro iscritti, reduci dal fronte o ancora impegnati in esso, il conto degli scarponi usurati e delle pallottole sparate, magari senza bolla di consegna regolamentare? Cos’è l’Ordine dei giornalisti, un ufficio contabile o un’altra cosa? Mi dicono che a un certo punto mi sia stata inviata una lettera in cui mi si chiedeva se intendevo o meno continuare a fare il giornalista. Non l’ho – per fortuna – ricevuta, perché in grazia del mio mestiere casa mia è un concetto mobile, e dunque materialmente quella carta m’è sfuggita. Ma se l’avessi avuta, e avessi letto una tale domanda, non so se più burocratica o più insolente, non parlerei sorridendo di tutta questa faccenda.
    E chiudiamola qui: abbiamo scherzato. E’ stato tutto frutto di un equivoco, probabilmente di qualche impiegato che ha inteso male, e su ciò s’è precipitato l’on. Fava, nemico del valorosissimo Ordine catanese, inventandosi tutto quanto in malafede. Contento così? L’Ordine dei giornalisti di Catania ha ancora delle scuse da fare, per passata viltà, a un padre e a un figlio. Se ora qualcosa è cambiato, se don Abbondio adesso è diventato un fra Cristoforo, si facciano con coraggio queste scuse. E poi ne riparliamo.

  6. Davanti a idee così chiare, mi arrendo. E anzi mi farò promotore di una campagna pubblica per chiedere scusa al suo amico – noi tutti giornalisti, cittadini, bipedi pensanti, contabili militanti, ragionieri abusivi, don Abbondi depressi e fra Cristofori in crisi di identità – che ha scritto e ribadito una serie di cose palesemente false.
    Antimafia ai confini della realtà.

  7. Anch’io sono stato radiato per morosità dopo trent’anni di appartenenza.Quando ho chiesto aiuto ai membri del comitato di disciplina,mi hanno risposto:”non siamo un ufficio di collocamento”. Nessuno ha voluto fare nulla per me, volevano solo i soldi.. Tant’e’..

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