Saviano: cronaca sì, letteratura no

Sono d’accordo con Alessandro Baricco (scrittore di cui ho letto quattro libri, apprezzandone solo due: “Novecento” e “Oceano mare”). Lui ha sostenuto di recente che “Gomorra” di Roberto Saviano è un misto mal riuscito di giornalismo e narrativa. E ha avuto parole molto tiepide per questo autore. Io vado oltre: per me “Gomorra” è un libro pessimo, anzi quasi illeggibile, dal punto di vista della forma e dello stile. Né risulta chiaro, a chi nei fatti campani non è così addentro, che cosa – in quelle pagine – sia realtà e cosa fiction (perché la finzione c’è, in “Gomorra”). Fermo restando il mio plauso per Saviano come persona, che ha molto – e lodevolmente – infastidito i camorristi, gli tributo qui tutta la mia solidarietà per le minacce ricevute e la vita blindata che da “Gomorra” in poi è costretto a fare. Però lo boccio senza appello come scrittore. Come giornalista non commento, perché non sono abbastanza ferrata nella conoscenza dei fatti di camorra da poter valutare nello specifico la portata professionale degli episodi che l’autore racconta. In quel libro, a mio parere, non c’è una sola pagina dalla scrittura godibile o anche solo “liscia”. Non c’è nulla di lineare, di letterariamente nitido. Senza, con questo, pretendere di trovare nella prosa di Saviano una scrittura alta, immaginifica, di quelle che ti si stampano nella memoria per sempre. Arte, o buon mestiere, insomma. Perché, secondo me, non ce n’è traccia. Ma la correttezza e la pulizia formale, da chi scrive, me la aspetto. Anzi, la pretendo. E soprattutto me la aspetterei da chi, come me, di lavoro fa l’editor. In una casa editrice come la Mondadori è possibile che nessuno – pur di fronte all’esultanza di chi aveva intuito anzitempo il carattere dirompente di “Gomorra” – abbia alzato una mano per dire: “La diamo una sfoltita alla logorrea? Limiamo la scrittura? Eliminiamo un quintale di nebbia sintattica da queste pagine?”. Pare proprio di no. Le immense vendite del libro sembrano dare decisamente torto alla mia indignazione. Eppure ho notato “Gomorra” nelle librerie di tante case di miei amici e conoscenti, ma ancora non ne ho trovato uno che l’abbia letto o sia riuscito a finirlo. Devo dedurre che avere un libro dall’ampia eco, come questo, regali una facciata d’impegno, ma non generi vera lettura?
Allora mi permetto di consigliarvi un altro libro di cronaca (senza fiction), edito sempre da Mondadori: “Cacciatore di mafiosi” del magistrato Alfonso Sabella. Un ottimo esempio di come cronaca e narrativa possano andare d’amore e d’accordo. Oltre a svelare aspetti inediti, interessanti e personali della ricerca e della cattura dei latitanti. La scrittura, qui, è pulita, scorrevole e accattivante. Requisito minimo di ogni buon libro. Specie quando, come questo di Sabella, non è uno strombazzatissimo bestseller.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

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