Venti abitanti

Da Santo Domingo de la Calzada a Belorado.
Da Belorado a San Juan de Ortega.

A spiegare, se mai fosse possibile, il senso di un Cammino come questo c’è l’sms del proprietario dell’appartamento in cui alloggio a San Juan de Ortega. Dice di non fermarmi, all’arrivo, all’indirizzo stabilito ma di andare avanti per 50 metri, oltre la chiesa nella strada principale e di cercare il Bar Marcela dove potrò fare il check-in. Aggiunge senza ironia che è difficile sbagliare dato che oltre la chiesa e la strada principale, poco più larga di un sentiero, non c’è altro in questo paese che, mi scrive, conta 20 abitanti. Insomma mi dice senza dirlo che perdersi è impossibile se si ha qualcosa che tiene distanti le orecchie. Quando lo raggiungo – al termine di un itinerario in salita di 24 chilometri con annessa persecuzione a opera di una famiglia di moscerini che mi ha preso al dodicesimo e non mi molla manco adesso che sto sotto un ombrellone a bere cerveza e a godere per l’oro di Paolini ed Errani – mi chiede cosa voglio mangiare per cena perchè qui non ci sono ristoranti e la sua cucina chiude alle 20. 

È il trionfo del piccolo, del disabitato, della pienezza del vuoto, della magica ruvidità del mondo reale, questa tappa. Perché non è la scomodità, come erroneamente si pensa, che noi camminatori indefessi cerchiamo. Noi, solisti (scusate ma il concetto torna sempre) bipedi e capricciosi (una missione complicata è sempre un capriccio dell’ego e l’ego non è una malattia) cerchiamo il magico accordo che come ogni accordo che si rispetti è fatto di tre note: indipendenza, indipendenza e indipendenza. Una di quelle cose un po’ antipatiche da dire che si traduce nelle tipiche discussioni invernali con chi ti chiede perché e percome in un “solo se lo provi lo capisci, se te lo racconto non te ne fotte niente”.
Nei miei Cammini mi è capitato di trovare rifugio in luoghi inesistenti, di allenarmi a godere di poco (e non sono uno predisposto in tal senso), di adattarmi con soddisfazione: io che sono la persona più scostante e detestabilmente snob in tema di rapporti sociali. Ma questa tappa è davvero la sublimazione di un mondo antico in cui nel raggio di 50 metri hai tutto quel che serve per imbastire la più importante difesa contro i restanti undici mesi dell’anno: un sorriso anarchico, tuo e solo tuo, che non va spiegato, giustificato, spacciato per altro.

P.S.
Nella foto la chiesa, il bar, la strada principale e il suo struscio domenicale di San Juan de Ortega. 

9 – continua

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

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