Da Logrono a Nàjera.
Da Nàjera a Santo Domingo de la Calzada.
Benedetta pioggia. Una tappa che doveva essere a rosolamento lento in un forno dritto e lungo, senza un albero e con un solo paesino a rompere la continuità della cottura, è diventata tutto sommato un piacevole sguazzare nella frescura umida di terra che poteva essere fango e non lo è stata, di pensieri che potevano essere inutilmente roventi e non lo sono stati, di un profumo di viti bagnate che annunciano vino e gioia. L’ho detto e scritto molte volte: un cammino è anche un viaggio di panorami da annusare, lentamente, con la fantasia meteorologica che il Padreterno tira fuori quando gli gira.
Unico problema per chi, da Doc, considera le variazioni come scalini progettati male, l’errore di calcolo in ambiti non secondari tipo… il calcolo dell’acqua. La faccio breve perché è argomento che interessa solo chi ci inciampa: l’acqua se ne va a litri specialmente sotto il sole, ma pesa sulle spalle (per ironica coincidenza con certi detti popolari). Farne scorta perché un tratto di strada è sprovvisto di fonti è una scelta che va ben ponderata: una bottiglia da due litri significa un carico di due chili in più, e due chili in più su decine di chilometri sono una mazzata. Insomma sbagliai il calcolo e mi ritrovai più pesante quando potevo non esserlo e più assetato quando non potevo esserlo. Risultato, arrancai sotto il peso di qualcosa che consumai troppo presto.
E a nulla è valso per rinfrancarmi l’avvistamento del noto rompicoglioni ungherese – di nuovo! – agganciato all’ennesima vittima, una ragazza bionda alla quale stava mostrando qualcosa dal suo telefonino nel nulla di un rettilineo terroso con nulla intorno (ma probabilmente di nulla se ne intende, il furbo).
In realtà l’unica immagine che davvero mi ha sconcertato in questi due giorni è stata quella di un tale che armato di zaino e sandali, ripeto zaino e sandali, faceva il mio stesso itinerario correndo. Una via di mezzo tra un triatleta in libera uscita dall’ultimo manicomio e un martire in cerca di un agognato esito infausto. A lui dedico la foto di questo post, sperando che non sia alla memoria
P.S.
Nei mesi a venire ci sarà tempo per aprire un contest su un tema fondamentale tipo i migliori croissant (o cornetti come li chiamiamo noi) mangiati nella nostra vita. Dico la mia: li ho divorati – tre – stamattina in un piccolo hotel di Najera, indimenticabili.
8 – continua