Ci sono volte in cui uno si ripete la frase “lo avevo previsto” e anziché uscirne soddisfatto, si sente depresso. Mi è accaduto con il disastro di Agrigento Capitale italiana della cultura 2025 e (ri)parlarne è sempre più noioso. Perché la scarsezza, l’ignoranza, l’approssimazione nelle cose pubbliche danno innanzitutto noia.
La Corte dei conti ha stroncato l’operato di chi ha organizzato e gestito le manifestazioni che avrebbero dovuto portare Agrigento sul podio turistico e culturale nazionale (almeno): non si è raggranellato un visitatore in più in tutto l’anno rispetto al 2024, non si è mai raggiunta una certezza nella rendicontazione, non si è centrato manco un obiettivo di quelli che la Fondazione si era prefissata.
Un fallimento atomico.
Come accade in questi casi c’è la pulsione di chiedere che i responsabili di tutto ciò paghino, ma stavolta c’è, fortissima, anche la voglia opposta, quella di dimenticare, di seppellire la vergogna, di non parlarne più. Che se ne stiano lontani, questi scarsoni: lontani dagli occhi, lontani dal fegato.
Eppure secondo il governatore Renato Schifani, che su Agrigento 2025 ha messo pesantemente mano, “la Sicilia sta vivendo un momento magico”. Dipende da cosa c’era nella pozione.


«La Sicilia sta vivendo un momento magico…» disse il Governatore.
«Bene – lo interruppe lo psicoanalista – credo stiamo toccando un nodo fondamentale della sua dinamica proiettiva. Ma per ora basta così. Ci rivediamo giovedì.»
«Va bene. Una buona giornata.»
Alzatosi dal lettino e salutato il terapeuta con rispetto, il Governatore si diresse verso l’uscita dello studio, rimettendosi sul capo il suo amato cappello a punta.
Questo, color blu notte, era costellato da tante sagome di stelle color oro.
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