Parlarne, parlarne sempre. Dell’orrore di Gaza, dei massacri di Hamas, delle umiliazioni subite dai volontari della Flotilla, della sistematica violazione dei diritti umani da parte del governo israeliano e di tutto il conseguente corredo di oscenità a livello mondiale.

Quello che possiamo fare, soprattutto noi giornalisti, è impegnarci a dire, a riferire dopo aver vagliato le fonti, ad ascoltare testimonianze dirette.

La sensazione di trovarci dinanzi a una tragedia che non accenna a finire, e di cui probabilmente conosciamo solo una piccola parte, non deve annichilirci: talvolta ciò che è troppo grande se non spaventa, intorpidisce.

Leggendo le cronache del trattamento subito dai volontari pacifisti della Flotilla, fermati e trattati come terroristi da Israele in acque internazionali, tutto è sempre più oscuro, ovvero sempre più chiaro.

Il governo di Netanyahu sta commettendo una sfilza di crimini nel nome di un popolo che non merita un odio che pure conosce bene. Nella prima puntata della seconda stagione di “Astenersi periditempo” (la trovate qui) riprendo la testimonianza della regista israeliana Avigail Sperber, che sul Haaretz ha scritto:

“Quello di cui noi israeliani abbiamo più bisogno è che il mondo ci boicotti. È vero in un certo senso prenderci di mira sembra ingiusto. In fondo noi siamo ‘gli israeliani buoni’, quelli che si oppongono alla guerra. Ma le atrocità sono commesse in nostro nome, con i soldi delle nostre tasse, da un governo che ci rappresenta nel mondo. La semplice e dolorosa verità è che quello che succede a Gaza è anche una nostra responsabilità”.

Responsabilità è la parola chiave. Che significa: non girare la testa dall’altra parte; non impelagarsi in mille distinguo; non cedere alla rabbia; non cercare la sponda di ragionamenti istantanei.

Sull’operazione di pesatura peso della reazione israeliana allo scempio di Hamas (tra poco saranno due anni da quell’orrore) vanno a schiantarsi persino le migliori intenzioni. Un crimine non ne giustifica un altro. Per dirla con le parole di Papa Francesco: “Il compimento di un male non giustifica l’imposizione di un altro male come risposta”.

Quindi continuiamo a parlare di quello che sta accadendo, a Gaza e non solo. Ma cerchiamo di farlo sottraendoci agli argomenti dei fanatici e dei politicanti “fascio e manganello”. Anche se le sfumature dei nostri ragionamenti possono essere diverse, rendiamoci conto che, in fondo, siamo tutti dalla stessa parte.

Di Gery Palazzotto

Uno che scrive. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

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