L’articolo pubblicato su Repubblica Palermo.

Dicono che il 2025 dovrebbe essere l’anno del ponte sullo stretto di Messina. Vero anzi verosimile. Il problema è scriverne senza inciampare nella storia o nella fantascienza. Perché se i giornali fossero esistiti nel terzo secolo avanti Cristo, più precisamente 2.275 anni fa, le paginate si sarebbero sprecate per il ponte di barche costruito dai romani proprio in quel tratto di mare per trasportare gli elefanti sottratti ai cartaginesi durante le guerre puniche. E due secoli dopo ci si sarebbe potuti imbattere in una bella intervista a Plinio il Vecchio che in qualche modo era stato il primo “cronista” a narrare della pulsione per un’opera così titanica. Molto più prosaicamente ne ha scritto una quindicina di anni fa Aurelio Angelini nel suo libro “Il mitico ponte sullo Stretto di Messina” che ha, tra l’altro, il merito di evidenziare l’unico aspetto solido della secolare vicenda: il mito, appunto.

Da sempre di Ponte si parla quando la discussione langue, tipo chiacchiera da ascensore, o quando si vuole abbracciare un’idea di progresso, qualsiasi essa sia. Vale come l’uomo sparato con un missile supersonico su Marte o come il trapianto di cervello: un Ponte sullo Stretto sta bene su tutto, come il nero.
Che sia fatto di barche, sottomarino o sospeso, è sempre stato considerato il baluardo di ogni ambizione unitaria. Riecheggiano altisonanti le parole di un lontano ministro dei Lavori pubblici, Giuseppe Zanardelli, anno di grazia 1876: “Sopra i flutti o sotto i flutti la Sicilia sia unita al continente”. Il Sud più vicino al Nord, l’isola che sposa la penisola: paradosso dei paradossi, un progetto brandito ai nostri giorni dal meno clemente coi meridionali dei nostri ministri, Matteo Salvini.

Ma Salvini è Salvini. Non si può imbrigliare il genio, ingabbiare la creatività dichiarativa. Il ministro dei Trasporti è (diventato) un tifoso sfegatato della nuova opera. È lui l’eroico artefice della riesumazione della vecchia società Stretto di Messina (che vanta il primato di milioni spesi senza che sia stato mai spostato un mattone). È lui che chiede più soldi per il progetto. Forse non era lui quando nel settembre del 2016 dichiarava a mezzo telecamera: “Oggi il 90% delle ferrovie in Sicilia è a binario unico e la metà dei treni viaggia a gasolio, quindi non vorrei spendere qualche miliardo di euro per un ponte in mezzo al mare”. Anche i ponti più solidi oscillano, vuoi che non oscilli l’uomo del ponte?

L’opera più annunciata al mondo con torme di ministri e premier che promettevano “il via ai lavori entro il prossimo anno” (qualunque anno fosse) ha ispirato un intellettuale come Gesualdo Bufalino che nel 1985 su “Repubblica” auspicò un “ponte di libri”. Sulla Sicilia e sul suo vizio di fare “della solitudine un trono e una tana” scrisse: “Occorrono cure diverse, e io dico timidamente: libri e acqua, libri e strade, libri e case, libri e occupazione. Libri”.
Occorrono ancora oggi, molto più di ieri.

Di Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

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