Proviamo a prenderla larga questa curva, che si spera non sia un’inversione a U. Il nuovo Papa, un americano di cognome Prevost, tipo farmaco per la prostata, si presenta come Leone XIV, con un Leone predecessore autore di un’enciclica sulla giustizia sociale (tema talmente ampio e abbagliante da essersi perso nei rivoli del luogocomunismo che dovremmo maledire prima di riempirci la bocca di sindacalese).
Facciamolo da laici e da inesperti professionisti di cose di chiesa: magari abbiamo studiato dai gesuiti, magari siamo stati abbagliati da alcuni di loro, magari i castelli che ci avevano insegnato a costruire col tempo sono stati inghiottiti dalle maree del tempo, come nella spiaggia di Mondello che oggi ha più ombrelloni che granelli di sabbia. Facciamo che siamo creta re-impastata e che siamo nuovi che vengono da un mondo crollato e desueto.

Il problema per noi neo-marziani del pianeta terra terra non è come vediamo questo Papa, ma cosa ci aspettiamo da lui. Perché  è questo il gap tra l’informazione ufficiale, benedetta e certificata (che Dio la abbia sempre in gloria, e lo dico da giornalista) e la reale sete di informazione più o meno ufficiale.
Tutto è relativo nel descrivere i fatti e le prospettive. Meno lo è se abbiamo il coraggio di raccontare le nostre aspettative: che sono la porzione più attendibile della nostra narrazione personale.

Comincio io quindi.

Cosa mi aspetto da questo Papa?
Ci vado leggero perché la tentazione è di stroncare la banale invocazione della pace con conseguente Ave Maria e discorsetto letto tipo letterina della Littizzeto. Tentazione stroncata con grande impegno.
Quindi da Leone XIV mi aspetto il coraggio delle scelte senza la sponda del primo potente a tiro (e sappiamo chi potrebbe essere, data la nazionalità).
Mi aspetto lo sviluppo naturale della sensibilità di un missionario: i missionari sono gli ultimi tra gli ultimi che per vocazione se ne fottono della parabola che ipotizza una rivalsa da primi.
Mi aspetto una crociata sul fronte più sanguinoso dei disastri sociali del nostro tempo, quello della tutela e della valorizzazione delle diversità.
Mi aspetto più cuore parlante e meno messe cantate.
Mi aspetto il coraggio di un ostaggio umano che si frapponga, in ogni mattatoio del  mondo, tra la pistola dell’aggressore e il cranio dell’oppresso.
Mi aspetto frasi fuori testo, fuori contesto, fuori area, fuori canone. Basta che siano taglienti nei confronti di chi ci vuole fuori testo, contesto, area, canone.
Mi aspetto una chiesa che accolga tutti senza amminchiarsi, lui, nelle questioni di genere (che hanno rotto il cazzo a chi che l’ha, a chi non ce l’ha, a chi lo vorrebbe e a chi non lo vuole più). Tutti dentro e basta coi pedegree.
Mi aspetto parole chiare non su dove va o vuole andare la chiesa (che magari personalmente non me ne fotte niente), ma su dove non vuole che vada io.
Mi aspetto qualcosa di concettualmente diverso rispetto al discorsetto letto in buon italiano con conseguente Ave Maria (cose che pure il mio parroco, semianalfabeta e galleggiante sulle cose di mafia sa fare perfettamente).
Insomma mi aspetto un Papa che sappia essere uomo responsabile e moderno.

Di Gery Palazzotto

Uno che scrive. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

3 commenti a “Ok, e dopo l’Ave Maria?”
  1. Ciao Gery,
    ma è proprio la Chiesa Cattolica che suscita in te questo piglio vagamente aggressivo e sarcastico (“Prevost come un farmaco per la prostata”, “non me ne fotte niente”, “hanno rotto il cazzo”)?
    Ormai è un’istituzione talmente secolarizzata che rischia di diventare irrilevante. Dal nuovo pontefice mi aspetterei, in tal senso, la capacità di indicare (e magari incarnare) la spiritualità come possibilità di avvistare, e includere nella propria visione del mondo, il trascendente: fosse anche come scelta di “trascendere” la prospettiva materialista – un tema, questo, che a ben vedere ha animato tanta filosofia laica occidentale (qualcuno ha detto Kant?).
    Per il resto, non mi aspetto che sia il pontefice a dettare le agende politiche; semmai auspico, almeno in Italia, una politica sempre più coerente con i principi di laicità dello Stato.

  2. Si vede che ho studiato dai gesuiti…

    P.S.
    Ironia a parte, le frasi da te estrapolate così fuori contesto risultano cariche di una volgarità che, credo, non mi appartenga.

  3. Sì, scusami, hai ragione: non volevo caricare la cosa più del dovuto. Non trovo affatto il tuo discorso volgare nel suo insieme.

    Comunque i gesuiti si confermano formidabile fucina di atei :)

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