E ora dove li mettiamo questi assassini giovanissimi che escono da casa la sera con la pistola? Dove lo mettiamo questo quartiere, lo Zen, che pare refrattario a ogni forma di integrazione con una città che ha comunque poco da dare e molto da recriminare?
La tentazione di invocare provvedimenti muscolari, di diluire l’emergenza in una oggettiva difficoltà ambientale va scacciata subito. Non sarà un blitz delle forze dell’ordine a scartavetrare la ruggine di decenni di cultura dell’incultura e della prevaricazione. Non sarà un’alzata di spalle, “tanto non c’è speranza”, a salvarci la coscienza.  

Lo Zen è il quartiere delle generose associazioni di volontariato, di insegnanti, pedagogisti, psicologi, artisti e preti che lavorano coi bambini per educarli a coltivare il futuro, per convincerli che il bello è anche divertente. Ma è anche il quartiere dove la preside antimafia di una scuola si appropriava del cibo destinato alla mensa degli alunni e organizzava corsi fantasma per ottenere fondi europei. È il quartiere dello spaccio h24 ma anche dei carabinieri che fanno il doposcuola ai ragazzini.
È il quartiere dove lavora Davide De Novellis che comanda la stazione di San Filippo Neri ed è diplomato in pianoforte al Conservatorio. Grazie a un accordo dell’Arma con l’associazione “Albero della Vita” nelle ore pomeridiane aiuta, insieme con i suoi colleghi, i ragazzini dagli 8 ai 14 anni a fare i compiti: italiano, scienze, matematica, e così via. Ovviamente parla anche di musica a chi vuol sentire.

Qualche anno fa col Teatro Massimo e l’allora sovrintendente Francesco Giambrone portammo l’opera allo Zen. Prima solo un pianoforte, poi l’orchestra dei giovani, infine “Figaro!” con l’esperimento dell’Opera camion. Fu allora che assistemmo a un fenomeno di disvelamento delle anime del quartiere. Attorno alla fonte magica della musica arrivarono prima i bambini, come attirati da un immaginario pifferaio. Poi, a poco a poco, seguirono le madri. Infine arrivarono gli uomini a cinturare la zona, tutti in silenzio, tutti rapiti da quella strana cosa che è l’arte. Quella sera un importante esponente delle forze dell’ordine ci disse: “Sapete una cosa? In questo momento persino lo spaccio si è fermato”.

La battaglia contro la follia di una banda di ragazzini che in una serata si giocano la vita spegnendo altre vite è tutta sulla conoscenza, allo Zen come in qualsiasi altra periferia: più cose sai del mondo, meno tenderai a oltraggiarle; più il tuo orizzonte si amplia meno il tuo sguardo si obnubilerà.
Lo Zen è solo una delle maschere di Palermo. Non la più riuscita, di certo adesso la più tragica.

Di Gery Palazzotto

Uno che scrive. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

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