Da Benavente ad Alija del Infantado
Da Alija del Infantado a La Bañeza
Il mio lato destro è quello che ha patito di più. Non oggi, ma in assoluto in tutta questa Via de la Plata. Andando da sud a nord e camminando di mattina fino alle prime ore ore del pomeriggio si è preso tutte le martellate del sole diretto. Ovviamente ho usato creme solari e ogni altra forma lecita di protezione, ma quando ti becchi un mese e passa di sole incessante con gli insetti che pasteggiano sulla tua epidermide e il sudore impasta tutto, nulla è scontato. Scusate il rimando pulp, metto un accapo e andiamo oltre.
Negli ultimi tre giorni di cammino sono stato costretto a coprire distanze maggiori del previsto per compensare l’accorciamento di molte tappe nell’Estremadura causa caldo. Qui in Castilla y Leòn infatti il clima è decisamente migliorato: ieri notte 12 gradi, stamattina 25 (invidia, eh). Diciamocelo: camminare anche con 28 gradi è un piacere, se hai scarpinato con 40 fissi per settimane. È sempre un problema di termini di paragone, inutile girarci intorno. Ed è una consapevolezza che a ogni cammino ti arricchisce, perdonate la banalità. Insomma un viaggio a piedi ti resetta, come se ci fosse un tasto nascosto che non conoscevi ma che quando lo scovi ti accende una luce nuova, diversa. Impari che la resistenza è una forma sublime di tolleranza che non eserciti nei tuoi confronti, ma verso chi o cosa tendi a tenere distante per partito preso, per incultura, per abitudine. Guardare oltre la siepe dei tuoi (pre)giudizi, tastare un lato nascosto delle cose, allungare lo sguardo, scegliere in modo netto. Metteteci tutte le metafore che volete.
Tendo al melenso, lo so. Concedetemelo, è solo un altro effetto collaterale di una missione tua e solo tua che appena volge al termine ti regala l’illusione che siamo anche altro rispetto alla socialità imposta dai ruoli, alla (legittima) voglia di indossare panni che altri ci hanno fornito.
Il mio lato destro mi insegna che – da Doc troppo affezionato dalle simmetrie e ai colori – essere dispari è una ricchezza e non una questione matematica o politica.
Questo vi scrivo da un vicolo di La Bañeza dove un marocchino serve kebab, spaghetti (spaghetti?), pizza e cerveza 1906 (la migliore che conosco, ve l’ho scritto), parla male lo spagnolo, malissimo l’inglese, ma capisce benissimo gesti e sorrisi: il locale si chiama, per dire, Portofino.
Imparare a essere dispari in un mondo che ci vuole pari per forza. Questa è la lezione che mi porto dentro.
Per il resto, emozioni e confessioni della mia Via de la Plata, rimando a domani, quando chiuderò anche questo cammino, ad Astorga.
P.S.
La tastiera del mio iPad sta cedendo e la prima versione di questo post aveva caratteri fuori posto. Ho cercato di correggere ma siate clementi.
20 – continua
Le altre puntate le trovate qui. Inoltre segnalo un podcast, intitolato Lento Pede, per tutti quelli che sono interessati all’esperienza di un cammino.