Da Salamanca a Villanueva de Canedo
Da Villanueva de Canedo a Villanueva de Campeàn

Mi è capitato spesso, durante i resoconti dei miei cammini o in situazioni in cui discuto di essi, di dire che io non sono un pellegrino, nel senso che non ne ho né le motivazioni né le abitudini. Niente ragioni religiose, niente spirito di sacrificio superfluo, niente timbri per la Compostela, niente frequentazioni di albergue, niente promiscuità in stanze da letto e bagni comuni. Io sono un camminatore solitario che prepara il suo itinerario mesi prima, prenotando con una certa accuratezza hotel, B&B, stanze in case private. Tendo sempre a non scendere sotto un livello accettabile di umana sopportazione turistica: è chiaro che tutto dipende dai posti in cui mi trovo, alcuni dei quali sono davvero sperduti. Ad esempio stasera sono capitato in un minuscolo paese dove non c’è manco un bar. La proprietaria della posada in cui alloggio si è offerta di farmi la cena: un piatto di prosciutto e formaggio, un’insalata, vino. Vorrei aggiungere “bontà sua” se non si fosse fatta pagare quanto un medio ristorante milanese, ma quando non hai alternative impari a esercitare la tolleranza. Ceno a casa sua con porte e finestre chiuse (nella foto) per cercare di fronteggiare i 39 gradi che arroventano il basolato sul quale si potrebbero friggere le uova. La signora mi ha dato la possibilità di accedere al suo giardino privato, ma ho scelto di rimanere tra le quattro mura perché sono già ben cotto (e domani mi aspettano venti chilometri senza un albero utile, cioé nei pressi del sentiero o con fronde che lo elevino dal rango di cespuglio con manie di grandezza). 

L’altra sera sono capitato in un antico castello riadattato ad albergo. Un posto molto bello anche se gestito con una certa anarchia. Tipo, niente colazione prima delle 9 di mattina e wi-fi di cartone, nel senso che c’era solo come rappresentazione di modernità ma non collegava manco la camera da letto col bagno. A proposito di bagno, in questo luogo suggestivo il bagno era articolato in vari “angoli”. Insomma non ho trovato la doccia e mi sono dovuto lavare nella vasca, con conseguenti contorsioni non consone alla mia età e alla rigidità dei miei muscoli affaticati. Solo dopo ore ho scoperto che la doccia c’era ma era nascosta dietro una falsa porta: una caccia al tesoro, dalla quale ovviamente sono uscito sconfitto. I bagni sono un capitolo complicato dei miei cammini, perché io accetto tutto (o quasi) ma ho una certa intransigenza nel merito. Mi è capitato di trovare lavandini poco più grandi della mia mano, di distruggermi i gomiti per fare una semplice doccia, di lavarmi con saponi da ricorso ai Diritti umani. Oggi si è aggiunto un altro capitolo all’elenco delle esperienze meno prevedibili: niente acqua calda e contemporaneamente riscaldamento acceso. Non vi sognate di dire, e vabbè almeno hai compensato…

17 – continua

Le altre puntate le trovate qui. Inoltre segnalo un podcast, intitolato Lento Pede, per tutti quelli che sono interessati all’esperienza di un cammino.

Di Gery Palazzotto

Uno che scrive. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *