Da Fuente de Cantos a Zafra
Da Zafra a Villafranca de los Barros

Tiene banco la questione delle temperature. E non è che sia una novità in termini assoluti: del resto la Via de la Plata è nota per questa caratteristica che scoraggia la maggior parte dei camminatori (continua la serie del “nessun incontro” sin dalla partenza di Siviglia, e sono passati più di 150 chilometri). Mi trovo a Villafranca de los Barros, riconnesso col mondo. Il che significa tranquillizzare la mamma per dirle che anche per oggi non sono morto disidratato o incornato da un toro (lei teme più la prima opzione per via di una forsennata battaglia personale contro un motorino dell’acqua di casa sua, i tori sono pittoresca suggestione al confronto) e rispondere a urgenze della cronaca a amici –  Iole, Dario e altri – che mi aggiornano sui progressi (progressi?) delle indagini sul depistaggio di Via d’Amelio. Ci sono 33 comodi gradi. Niente al confronto coi 41 degli inizi. A tal proposito cito la battuta della mia amica Ivana – oggi è post di citazioni – per cui “41 è solo un numero di scarpe”: fortunata lei dato che il 41 di cui mi è capitato di occuparmi più spesso è stato il bis. Intanto, mi informa Francesco nei suoi bollettini meteo quotidiani, che le temperature tenderanno a salire, anche se le zone più colpite saranno quelle che si affacciano sul Mediterraneo. E il fatto che qui il mare non lo vedo manco con la fantasia non incoraggia giacché l’interno della Spagna in estate è un forno affettuoso che ti accoglie a braccia aperte: insomma ti annienta come Trump, però senza il sorriso ebete. Eppure ieri vi dicevo dei contrasti, quindi non deve spiazzare il fatto che oggi ho camminato per un lungo pezzo sul fango di torrentelli, pozzanghere insidiose per chi è tentato di saltellare da una pietra all’altra con uno zaino sul groppone: mai farlo se non si hanno scarpe chiodate tipo calciatore o aspirazioni autolesionistiche. 

È così: acqua che spunta dal nulla e terra ferita dal sole sono due immagini di una stessa foto. Eppure è acqua che non si può bere ed è terra che conosce pochi alberi, un insieme tanto scomodo quanto affascinante.  

In tutto questo il vorticare dei pensieri nelle ore del cammino – ho più volte rappresentato la gioia della concentrazione astratta di queste occasioni, tipo qui – è stato inquinato da una considerazione: la guida cartacea che ho scelto (colpevolmente) per questo percorso è di uno scadente atomico, ve la linko per evitarla come la peste. E qui serve una spiegazione.

Le buone guide forniscono mappe dettagliate e suggerimenti sui punti di approvvigionamento. Per ogni tappa va programmato tutto: acqua, ombra, eventuale cibo, e via dicendo. Camminate con una casa, la vostra casa, sulle spalle. Non state passeggiando. Spesso non c’è centro abitato nel raggio di chilometri. E soprattutto Google Maps non vi serve a niente per vari motivi, tipo spesso non c’è connessione e soprattutto il sentiero non è rilevato. Quindi non esistete in un luogo che per il magico web non esiste. Una buona guida serve proprio a questo, a darvi il conforto antico che non troverete nel web. Quel web che non si cura dei ruscelli che vi tagliano la strada, delle salite che vi spezzano le gambe, delle discese che rischiano di farvi tornare al via, della fonte che spunta dal nulla, e del nulla che vi attende. 

Per questo, anche per questo, un cammino serve. Per imparare a ricordare. Come eravamo quando esploravamo il giardino di casa come se fosse la Foresta Nera. Come eravamo quando non eravamo distratti principalmente da ciò che non dovrebbe interessarci. Come eravamo quando c’era da giocare e basta. Come eravamo.

6 – continua

Di Gery Palazzotto

Uno che scrive. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

1 commento su “Acqua, terra, amici”
  1. Grazie per il post do oggi. Bei pensieri che condivido; ricordare come eravamo non è nostalgia, non è pensare alle proprie radici come a un vincolo che ci trattiene… ricordare come eravamo è rendersi conto che il nostro passato costituisce la base solida su cui costruiamo il nostro futuro. Solo con radici solide e profonde un albero può aspirare a vertiginose altezze.

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