Se gli inquisiti gridano al complotto

Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

“Rigore è quando arbitro fischia”. La frase più celebre di Vujadin Boškov è utile per capire l’ultima uscita del presidente dell’Ars Giovanni Ardizzone, che ha denunciato un drammatico accanimento mediatico contro il parlamento siciliano. Vi chiederete: che c’entra il calcio con l’Assemblea regionale? C’entra. Perché nell’agone politico come in uno stadio contano la visione di gioco, la correttezza, e il rapporto col pubblico. Ma procediamo per gradi.
La teoria di Ardizzone parte da una domanda (testuale): “E’ legittimo o no sospettare che il continuo stillicidio di notizie contro le istituzioni siciliane rientri nella più ampia regia di indebolire l’intero sistema di Stato decentrato in cui le Regioni con le loro competenze legislative concorrono nell’interpretare i bisogni dei propri territori?”. Le notizie che minaccerebbero il “sistema di Stato decentrato” che tra di noi volgarmente chiamiamo Regione sono quelle sullo scandalo dei rimborsi dei gruppi parlamentari. Secondo Ardizzone (ancora testualmente) “il rischio è che se tutti sono colpevoli, nessuno è colpevole”. Quindi per conseguenza qualcuno non è colpevole: presumibilmente lui, dato che attualmente figura tra gli indagati.
(…)
Generalmente se un sistema politico vacilla per le notizie di stampa, la colpa non è della mazza del cronista ma delle fondamenta del Palazzo che sono fragili. E ce lo dice la storia, anche quella minima degli ultimi governi di casa nostra. Da Salvatore Cuffaro a Raffaele Lombardo, la veste di un vittimismo stizzito per le critiche a mezzo stampa è sempre stata la più consunta per uso, anzi per abuso. In tal senso – e siamo alla metafora calcistica – la visione di gioco del presidente dell’Ars è discretamente angusta perché quando si ipotizza, e pure solennemente, un pregiudizio dei media nei confronti di una consorteria forte e inscalfibile come quella di Palazzo dei Normanni, non ci si può limitare a fornire elementi generici o al limite degni di una normale rettifica. No, occorre denudare lo scheletro del complotto, denunciarne gli effetti senza ricorrere a perifrasi da Bignamino dell’arte oratoria.
Se qualcuno si prendesse la briga di rileggere le dichiarazioni pubbliche dei più rappresentativi esponenti politici siciliani dell’ultimo ventennio, troverebbe un florilegio di “cui prodest?”, di complotti orditi e sventati, manco che nei giornali si annidasse una Spectre di cronisti che vuole sovvertire l’ordine mondiale a partire dal civico numero uno di piazza Indipendenza in Palermo. Troverebbe insomma – e siamo di nuovo al calcio – una lunga serie di falli di simulazione.
C’è nelle dichiarazioni di questa classe politica, che non riesce a essere altro che l’ennesima classe politica, il grottesco crogiolarsi in un luogo comune: che i giornali ordiscano campagne di odio, che i giornalisti siano strumento di chissà quale lobby. E’ questo il modo con cui certa politica tenta di drogare il rapporto col pubblico (ergo con l’elettore), come il giocatore che dopo il cartellino rosso va a sobillare la curva contro l’arbitro.
Le cose stanno in maniera molto diversa, ovviamente.
L’unico accanimento dei giornalisti è quello nei confronti della caccia alla notizia. L’unica campagna dei giornali è quella volta a risollevarsi da una devastante crisi economica. Il resto è un delirio di chiacchiere che tende ad avvolgere la realtà quando questa non piace o non è conveniente.
“Rigore è quando arbitro fischia”. Non quando un giocatore si getta a terra.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

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