Par condicio

Ellekappa da Repubblica.

Custodi dell’ignoranza

Qui c’è qualcuno che ha le carte in regola per fare carriera politica.

Festini e finti fasti

Binario

di Daniela Groppuso

Notate qualche analogia?

Corriere.it – 12 febbraio 2010

Il Salaria Sport Village, un tempo, era il circolo del dopolavoro del vecchio Banco di Roma, poi sono arrivati i «re di Settebagni », i costruttori Anemone, che hanno rilevato il complesso coltivando sogni di «grandeur».
“Ho letto pure di un incontro che il dottor Bertolaso avrebbe avuto qui da noi con una brasiliana mandata da un’altra brasiliana, una certa Regina”, dice il presidente Luigi Sotis. “Guardate che Regina esiste veramente, è Regina Profeta, ricordate le ragazze del Cacao Meravigliao? Lei lavora per noi, è una nostra dipendente, anzi è la responsabile dell’eventistica danzante, un giorno a settimana la Noche de Salsa è roba sua, con le penne all’arrabbiata a mezzanotte. Regina Profeta porta con sè ballerine di professione, soubrette di successo, altro che prostitute…”.

Niccolò Ammaniti – Che la festa cominci – 2009

Nel 1946 (…) Villa Ada diventò parte del demanio pubblico e fu trasformata in parco comunale. Furono tracciati nuovi viali, costruiti percorsi attrezzati per gli atleti, scavati laghi artificiali e piantate molte specie arboree non autoctone. Nel 2004, per rimpinguare le casse comunali esaurite, la giunta capitolina decise di mettere all’asta l’intera area di Villa Ada (…).
Inaspettatamente riuscì ad accaparrarsela (…) Salvatore Chiatti detto Sasà, un imprenditore campano dagli oscuri natali che nel corso degli anni novanta era riuscito ad accumulare un capitale immenso in proprietà immobiliari. Era finito in galera per evasione fiscale e abigeato ma grazie all’indulto era tornato in libertà (…).
L’idea di Sasà Chiatti era semplice e grandiosa allo stesso tempo: organizzare per l’inaugurazione della sua Villa un party così esclusivo e sfarzoso che sarebbe stato ricordato nelle cronache dei secoli a venire come il più grande evento mondano nella storia della nostra Repubblica. E lui sarebbe passato dalla fama di losco immobiliarista a quella di radioso magnate miliardario ed eccentrico.

After hour da Gheddafi

ghed

Dove vanno queste signorine agghindate come per una festa e con le cosce moderatamente in vista? Ma a seguire le lezioni sul Corano, naturalmente.

Tutto il taxi minuto per minuto

taxi

di Cinzia Zerbini

Domenica scorsa a Roma.

Piove.
Prendo un taxi. Ho la macchina vicino a Piazza Navona.
Lui, l’autista mi informa che: ha  quarantacinque anni, non si è mai sposato, ha tre nipoti, una sorella separata, è un reazionario, odia la confusione, odia le donne che parlano molto, ma anche gli uomini che parlano molto, non si taglia mai i capelli prima di Natale perché i barbieri aumentano i prezzi, va a fare la spesa in periferia, sua madre è morta di tumore alle ovaie perché un dottore non le aveva fatto una visita adeguata. Inoltre suo padre gli ha lasciato un pezzo di terra e lui coltiva le fragole (ci fa la marmellata e se le mangia tutto l’anno). Ogni mattina, come una preghiera, mangia le marmellata.
Piove che Dio la manda e la sta mandando tutta qui, addosso a questo taxi. L’autista, accelera e bestemmia contro i turisti che invadono Roma, un città che di eterno ha solo i turisti e che lui se fosse il sindaco farebbe pagare un biglietto a tutti questi giapponesi che non prendono mai il taxi (e lui è costretto a fare lo straordinario).
“Non dormo da quasi due giorni mia cara signora, lei è di Milano”.
E sto per dire “no, sono siciliana”, quando alla radio il giornalista annuncia che il Catania ha segnato contro la Lazio. E lui è della Lazio e inizia ad inveire contro i siciliani e contro i terroni e contro ‘sto Catania che non è possibile che vinca.
E allora dico che sono di Trieste.
Poi il Parma segna e lui dice che gli dispiace per il Palermo “perché Zamparini è uno grande” ed io dico “sì, è uno grande”. E lui dice che per un pelo non ha giocato in serie A. E io dico “quanto ci vuole per Piazza Navona?” e ho un accento nordico da fare invidia a Berlusconi. E lui dice “siamo arrivati ma se vuole le faccio fare un giro turistico per 20 euro” ed io dico “no grazie”.  E nell’attimo in cui, anziché prendere i soldi, lui afferra la mia mano ecco che la Lazio segna, lui esulta ed io scappo.

Il cromosoma e la piadina

A proposito delle dichiarazioni mancine sullo stupratore di Roma, voglio puntualizzare perché, secondo me, Ignazio Marino ha detto una scemenza ciclopica.
La questione morale col caso in questione non c’entra nulla. Nell’accezione comune, e corrente, si parla di questione morale quando un esponente politico utilizza per vantaggio personale la sua posizione pubblica, oppure si fa schermo con essa per sfuggire a una punizione. Nel caso dello stupratore si è in altro ambito, molto diverso. Questo criminale è probabilmente uno psicopatico e soprattutto non ha raggiunto nessuna carica di livello all’interno del Pd.
Credo che l’uscita di Marino sia fuori luogo perché frutto di una pulsione dichiaratoria che ha molto a che vedere con certe sigarette: senza filtro c’è più effetto, ma anche più danno.
Occupiamoci d’altro, a meno che il senatore non abbia qualche asso nella manica: tipo una statistica sul tasso di crimini sessuali commessi dagli elettori di sinistra, oppure uno studio sugli effetti collaterali del contatto tra una porzione del cromosoma 17 e la mollica della piadina delle feste dell’Unità romagnole.

Marino serve perché non serve

Stando a quanto si legge, sul significato della candidatura di Ignazio Marino alla guida del Pd siamo stati troppo ottimisti. Il senatore-medico-testamentistabiologico è infatti un dichiaratore a raffica che, a quanto risulta, non prende neanche la mira.
Guardiamo il lato positivo della cosa: grazie a lui sappiamo esattamente di cosa il Pd non ha bisogno.

Gheddafi, l’uomo dei record

Gheddafi Berlusconi

Uno dei casi più eclatanti di amnesia istituzionale è quello che riguarda Muammar Gheddafi, uno che è a capo di una Nazione, la Libia, senza alcuna investitura ufficiale.
Il leader libico o il colonnello, come lo si chiama in mancanza di altra attribuzione ufficiale, arriva oggi a Roma come un qualunque uomo di stato. Per l’occasione il ruolo di guastafeste viene affibbiato a uno sparuto gruppo di intellettuali (che per i giornalisti italiani sembrano esistere solo quando non si sa come riempire le ultime quattro righe del pezzo da consegnare al capocronista) e a nessun altro.
Muammar Gheddafi è l’uomo dei record.
Vanta ben 37 modi diversi di pronunciare o scrivere il suo nome. E’ l’unico potente dell’emisfero boreale ad aver sostenuto, anche se per un breve periodo, un galantuomo come Bokassa. Nel 1986 lanciò due missili contro la Sicilia e la scorsa estate Berlusconi gli ha pure chiesto scusa. Ha definito la Corte penale internazionale un’organizzazione terroristica e per tutta risposta il preside di giurisprudenza della Facoltà di Sassari ha chiesto di conferirgli una laurea honoris causa, in giurisprudenza naturalmente. Nel 2002 ha fatto saltare il vertice della Lega Araba che aveva in agenda l’offerta di esilio a Saddam Hussein, esilio che avrebbe reso possibile un’ alternativa alla guerra in Iraq, e miracolosamente ha visto la sua Libia scomparire dall’elenco Usa degli Stati canaglia. E’ stato coinvolto nel più sanguinoso attentato prima dell’11 settembre, quello di Lockerbie, eppure nessuno gli ha mai dichiarato guerra.  Non ammette, a casa propria, il bipartitismo e, quel che è peggio, legge “Chi”.

Piove, opposizione ladra

roma-sporca

da il Giornale.it