Il mondo è più sicuro

Ve lo dice Jack Bauer
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Obama segue Osama: su twitter

Il twitter di un falso Osama bin Laden ha un follower d’eccezione, il vero Barack Obama.

Come bin Laden

Un tale che pur non essendo Osama bin Laden è braccato come lui diffonde i segreti americani e smaschera le ipocrisie diplomatiche d’oltreoceano mettendo online i file originali in cui si definisce Berlusconi “incapace e portavoce di Putin”, si descrive la Russia come “virtualmente uno stato della mafia”, si raccontano le perversioni di Gheddafi, si spiega che la Cina non avendo più un cazzo da fare attacca Google, si svela che il segretario generale dell’Onu è spiato dagli stessi Usa, che ci si prepara alla guerra con l’Iran senza alcuna dichiarazione preventiva, si spiega che i detenuti di Guantanamo sono stati merce di scambio, e via discorrendo fin quando alla fine scoppia un casino perché qualcuno dovrà pur chiedere scusa per tutto questo, per aver mentito al mondo, per aver fatto buon viso a discreto gioco, per aver imposto un’immagine di sé che nulla ha a che vedere con tutto il resto, e infatti dopo un paio di giorni il colpevole viene prontamente individuato e, sorpresa delle sorprese, non è chi è stato smascherato e sorpreso, ma chi ha smascherato e sorpreso, cioé un tale che non è nemmeno americano, come tutti gli artefici delle fandonie di cui sopra, ma australiano, uno ricercato come bin Laden pur non essendolo.

C’è bisogno di un traduttore?

Così il magazine americano Foreign Policy descrive l’Italia. Mi pare che basti…
Tuttavia per i più curiosi (o masochisti) qui trovate qualcosa in italiano.

Grazie a Tex “Fabrizio” Willer.

Tempo perso?

Si vabbè, noi ancora qui a interrogarci sul ruolo dei giornali… Guardate cosa dice questo studio Usa su come gli americani assumono notizie.

Via Ppr.

Frammento di 11 settembre

Io, come tutti voi, ricordo cosa facevo l’11 settembre 2001 intorno alle 15.
Stavo rientrando al giornale, in ritardo. Una mia amica mi chiamò al cellulare. Mi chiese cosa stava accadendo in America perché, lo disse quasi scherzando, “lo sai che tra quattro giorni io e mio marito dobbiamo partire per New York…”.
Risposi: “Guarda, sono appena arrivato. Dammi il tempo di raggiungere la mia scrivania”.
Attraversai la redazione e non mi accorsi che era semideserta nonostante l’orario. Tutti i miei colleghi, i fattorini, i grafici, i fotografi, erano coagulati davanti alle tv.
Ricordo di aver catturato involontariamente l’immagine di un aereo che sfondava un grattacielo. Il mio cervello in quegli istanti la registrò come se fosse il fotogramma di un film.
Qualche istante dopo credetti di capire. Ma per capire veramente avrei dovuto aspettare molti anni.

Inconvenienti

Il presidente Usa Barak Obama cita Harry Truman e dichiara: “Alla fine comunque la responsabilità è sempre mia”. Vedi cosa succede se non hai un modello come Mussolini?

La valvola del Kirghizistan

Scontri in Kirghizistan.
Il titolo sembra essere fatto apposta per dire: ok, ci sono anche notizie riempitivo.
In realtà il Kirghizistan è uno stato asiatico che ha tutti i requisiti per essere fonte di notizie di una certa importanza: è una costola dell’ex Unione sovietica, è la miniera dell’uranio russo, è un insieme di etnie molto diverse tra loro, è teatro di un recentissimo colpo di stato, è poverissimo, è una rampa dei militari statunitensi verso l’Afghanistan, confina con Cina, Kazakistan, Tagikistan e Uzbekistan, mica Svizzera o Liechtenstein (che esiste solo negli atlanti geografici pur vantando gli abitanti col più alto reddito pro capite del mondo).
Solo che nell’era in cui certi concetti invecchiano senza essere mai nati, il Kirghizistan dovrebbe rappresentarne uno ben concreto: lo stesso che ci spinge a controllare la valvola di sicurezza della pentola a pressione.

Al primo che mi parla di danni collaterali…

Il video lo hanno scovato questi qui. La spiegazione in italiano la trovate qui.
Avvertenza. Il filmato è molto violento.

Aggiornamento. I media italiani, Corriere.it, Repubblica.it, la Stampa.it ci hanno messo un giorno e più per accorgersi della notizia. Saranno i postumi della Pasquetta.

I grandi all’altezza

tacchi di berlusconi

C’è una caratteristica fondamentale che rende veramente grandi gli uomini di potere: è il loro sapersi mettere in gioco quando il gioco gira male.
Se in Italia si fosse verificato un buco nella sicurezza nazionale come quello del fallito attentato di Natale negli Usa, lo scaricabarile, gli insabbiamenti e le risse politiche avrebbero paralizzato ogni attività di ricerca della verità.
Già me li vedo i Capezzoni, i Di Pietri, i Gasparri (lui è avvantaggiato perché ha un cognome che è già un plurale) che consumano ugole e saliva. Monica Setta che imbastisce un programma per dimostrare che il terrorismo è solo di sinistra e che addirittura ha una radice genetica nel mancinismo. Bruno Vespa che indossa un plastico delle mutande esplosive come quelle strappate – tra qualche gridolino ammirato delle hostess – all’attentatore.
Invece in America il presidente ha usato la più raffinata arma di persuasione di massa: l’ammissione personale di responsabilità. Ha detto al popolo “è colpa mia” ottenendo un duplice risultato: sedare al più presto le polemiche politiche (se uno ammette, ammette e basta, inutile continuare a battere i pugni sui tavoli) e rassicurare la sua gente (se uno si mette in discussione riscuote una maggiore fiducia).
Per uno come Barak Obama mettersi in gioco quando il gioco gira male significa prendersi tutte le responsabilità: reali, metaforiche, ipotizzabili.
Per altri mettersi in gioco quando il gioco gira male significa litigare con tutti, arbitro compreso, e magari tentare di comprarsi la partita.