Lasciate stare Sara Tommasi

«Il mio lavoro mi porta a contatto con un certo ambiente e con personaggi del calibro di Berlusconi, Gheddafi, Putin. Non mi pento di niente, cosa avrei dovuto fare? Non lavorare nello spettacolo?».
Corriere, 9 febbraio

«Il mio problema è un impulso insopprimibile a fare sesso. Ma non sono una prostituta. È che mi sciolgono la droga nei bicchieri… Certo, se un ministro mi offrisse 15mila euro… ma è solo un’ipotesi».
Novella 2000 di questa settimana

“Riprendi subito Ron (Ronaldinho, ndr) nella tua squadra di m… o ti faccio escludere da Obama dai Grandi del mondo”.
Sms inviato a Berlusconi il 15 gennaio 2011

Le tre frasi appartengono alla starlette Sara Tommasi, una che in un qualsiasi altro Paese sarebbe rimasta a fare l’aspirante velina, modella, attrice, miss, in attesa di un momento buono, di un’ispirazione o chissà di una immancabile spintarella da parte del produttore bavoso e maneggione, e che invece è diventata un elemento chiave dell’iniziativa giudiziaria contro Silvio Berlusconi.
Nelle intercettazioni della signorina Tommasi c’è tutto e l’abbozzo di tutto, come del resto nelle sue impervie dichiarazioni alla stampa. Il suo sms su Obama e Ronaldinho passerà alla storia come la cazzata più solenne della storia moderna, dopo il voto della Camera su “Ruby nipote di Mubarak”. Una di quelle frasi che gli scrittori vorrebbero mettere nei libri se il pudore di dover tramandare qualcosa ad anime innocenti non fosse un’umana barriera contro l’imbarbarimento dei tempi da narrare.
Perché Sara Tommasi è – diciamolo – una testimone impresentabile. Una che cita il presidente degli Usa e un calciatore famoso con la stessa disinvoltura con la quale manda a fare in culo un premier che, probabilmente, non l’ha mai calcolata più di quel che gli serviva. Una che si credeva al centro di un mondo che non la comprendeva. Una che probabilmente ha perso la luce della logica nel buio della personale delusione.
La Tommasi non è e non potrà mai essere una vera teste d’accusa contro Berlusconi, ma al contrario sarà l’appiglio ideale per i suoi difensori: disordinata, incoerente, pacchiana, esagerata. Una di quelle che sa le cose perché gliele ha dette suo cuggino… E che si vanta di amicizie tanto fantasmagoriche quanto ridicole. Sara Tommasi si sente una first lady tradita, e sembra non aver contezza di non essere first, di non essere lady e di non essere nemmeno tradita (il tradimento si riserva alle persone che hanno un peso oggettivo).
Se fossi un magistrato non mi sognerei nemmeno di valutare i verbali di una persona con un simile disordine interiore. Al limite girerei tutto al suo medico curante.

Grazie alla Contessa.

La Costituzione violata

Secondo i legali del premier, la Procura di Milano viola la Costituzione. Però questo governo ha un’idea non proprio positiva della Costituzione: infatti, ritenendola vecchia e inadatta, sta tentando diperatamente di cambiarla (stravolgerla?).
Quindi che senso ha appellarsi al rispetto di una carta che non si riconosce?

No, grazie

Mi hanno offerto questa birra. L’ho rifiutata.

The Arcore’s nights

Piccolo suggerimento: chiudete lo spot pubblicitario per leggere i sottotitoli.

Grazie a Giuseppe Giglio.

Come bin Laden

Silvio Berlusconi riappare in un videomessaggio di pochi minuti che involontariamente spiega tutto. Non c’è alcun accenno a un chiarimento, ma solo un ringhioso rimando a questioni procedurali (il giudice naturale, come se l’alternativa fosse quello artificiale) nelle poche parole imposte agli italiani senza la caratteristica basilare delle democrazie: quel contraddittorio che invece viene invocato per tentare di tacitare stampa e programmi televisivi non allineati.
Non capisco come un elettore berlusconiano possa ancora trovare fiducia in un uomo che non solo ha tradito tutte le aspettative di media onestà intellettuale, ma continua a offendere gli italiani con una semplice frase: “Non sono mai fuggito”. Il dato incontrovertibile, acclarato da leggi, lodi, procedimenti, sentenze è che Berlusconi è sceso in campo proprio per (s)fuggire (a) da qualcuno o qualcosa. I comunisti, i giudici, Cosa nostra, gli ex amici/sodali.
Non c’è una virgola dei suoi discorsi che possa convincere una persona di buona volontà. L’ultimo fesso che si è fidato di lui si è visto spacciare una ragazzina di dubbia moralità, beccata quasi in flagranza di reato, per la nipote di un capo di Stato (ora pure lui in disgrazia, magari c’è anche un problema di iella…).
Berlusconi invoca la libertà di telefonare a chi vuole e cerca di coinvolgere gli italiani in una  pantomima grottesca. Anche gli stupidi sanno che chiunque è libero di chiamare chi vuole, ma che nessuno può ritenersi al di sopra della legge. Piuttosto se uno parla sempre con le persone sbagliate, è chiaro che prima o poi finirà per essere intercettato. L’importante è che alla fine trovi il modo per spiegare, per discolparsi, per chiarire, al limite per scusarsi.
Lui invece continua a ridicolizzare un Paese e di tanto in tanto, in preda a una irresistibile polluzione di democrazia, manda qualche videomessaggio di propaganda. Praticamente come Osama bin Laden.

LSD, Lodiamo Silvio Dominante

Vediamo di chiarirci le idee. C’è un’emergenza in questo Paese e tutti sappiano come si chiama, quanti anni ha e quali sono i suoi vizi(etti). Eppure in Parlamento un ministro sino a ieri non troppo presente ha animato una discussione sulla casa a Montecarlo del presidente della Camera al quale non è stato sinora contestato alcun reato, mentre nessuno si è rischiato a mettere sul tappeto come si deve la situazione di un premier plurindagato per reati gravissimi.
In tv c’è un patto tacito per edulcorare le vicende scomode del suddetto premier e diluire i fatti, quelli veri, con le cazzate, anch’esse purtroppo vere. L’altra sera l’ineffabile Emilio Fede, mentre venivano resi noti i verbali che lo vedevano coinvolto nel Rubygate, anche come presunto truffatore del premier, discettava di economia e cronache insulse.
Poi arriva un folle come Michele Santoro che tocca il record di ascolti facendo quello che gli altri non fanno, cioè parlare di ciò di cui tutti parlano ovunque fuorché in televisione, e cosa accade? Che il direttore della Rai, cioè colui il quale dovrebbe essere più soddisfatto per il brillante risultato, si dissocia pubblicamente da Santoro durante la trasmissione del Santoro medesimo.
A Pirandello verrebbero le vertigini.
L’Italia di oggi – mi pare che il succo sia questo – è una nazione lisergica: tutto è falsato, non c’è un solo rapporto causa-effetto che vada in porto in modo consono.
Il premier puttaniere e concussore è un eroe perché uno a casa sua può far prostituire chi vuole e, se telefona per far liberare una minorenne non proprio onestissima dicendo il falso, lo fa per bontà d’animo… padre, figlio e spirito santo.
Il direttore biascicante della Rai recita, davanti a milioni di telespettatori, una dissociazione da una trasmissione che se davvero fosse illegale dovrebbe far chiudere con uno schiocco di dita. Nessuno gli ha ancora detto che, alla Rai come nel tinello di casa, più della poltrona valgono i coglioni.
Mentre il conduttore tv si diverte, con abilità, a fare il capopopolo, noi tutti aspettiamo di riprendere conoscenza, schiavi come siamo, ogni giorno, di una nuova dose di intercettazioni orgiastiche.

P.S.
Oggi ho pagato il canone Rai e sono in grado di dire che uno come Masi andrebbe cacciato via a calci nel sedere per manifesta incapacità. Un abbonato ha sempre il posto in prima fila anche per fischiare.

Gli sceneggiatori di Ruby

Ruby non è bella, non è brava a recitare, non è coerente, non è onesta, non è affidabile. E’ il perfetto frutto di un pool di sceneggiatori.
Ora aspettiamo i titoli di coda per sapere chi dobbiamo ringraziare per tutto questo.

Che pena

Che pena vedere un signore di 74 anni discettare dei propri rapporti sessuali promiscui, delle proprie amicizie con minorenni, con puttane.
Un signore che è presidente del Consiglio e che invece che di provvedimenti legislativi si occupa di ragazzine.
Un losco figuro che non governa e non si governa.
Uno che invoca la punizione per i magistrati che lo inquisiscono e che organizza la guerriglia  mediatica contro lo stato di diritto.
Uno che, infischiandosene del suo ruolo istituzionale, dà il suo numero di cellulare alle prostitute.
Uno che non si vergogna (almeno) di aver fatto una telefonata che lo mette nei guai per un reato grave come la concussione.
Uno che nelle sue sceneggiate videoregistrate, che gli evitano un democratico contraddittorio, gira intorno alla questione agitando mere scuse procedurali (è competente Monza o Milano? ma che cazzo ce ne frega a noi, l’importante è che un giudice lo giudichi) e non entra mai nello specifico.
Uno che ha capito che personalizzazione dello scontro è l’oppio del diritto.

L’atto di accusa a Berlusconi

Il faldone telematico delle accuse a Silvio Berlusconi e ai suoi complici va letto con attenzione, mettendo da parte le questioni meramente private (pochissime) e assorbendo i passaggi di interesse pubblico (moltissimi).
In un Paese che si trova in una situazione di emergenza è importante avere una conoscenza dettagliata degli atti. Quelli della difesa li conosciamo grazie alle televisioni del premier e ai suoi videomessaggi senza contraddittorio, quelli dei magistrati li conosciamo adesso grazie a internet. Il documento originale della procura di Milano è ormai virale nella rete e non c’è ragione di ignorarlo. Eccolo.

Programma di governo

Ciò che dovrebbe stupire dell’affare Ruby-Papi-Berly non è l’aspetto economico-sessuale – con un anziano ricco, presuntuoso e potente che fa la parte dell’anziano ricco, presuntuoso e potente – ma l’occupazione fisica della poltrona.
Dire “non mi dimetto e non rispondo ai magistrati” quando si è chiamati a spiegare non solo ai giudici ma ai cittadini, equivale a compiere un atto di totalitarismo. Silvio Berlusconi può rivendicare il suo diritto a sfasciare l’Italia, ma non può pretendere di farlo col consenso degli italiani che lo hanno eletto senza sapere delle sue imprudenze, della sua spericolatezza sessuale, delle sue baggianate, delle sue frequentazioni.
Invece in questo Paese stravolto nelle regole e nella morale si pretende una sorta di soddisfazione collettiva dinanzi al delitto, che in realtà è propria del delinquente perverso o dell’astante deviato.
C’è un però, piccolo e sottovalutato dalla maggioranza politica: l’Italia non è fatta (solo) da delinquenti e psicopatici.