Praticamente una gang bang

L'ullistrazione è di Gianni Allegra
L'illustrazione è di Gianni Allegra

Ieri il premier Silvio Berlusconi ha fatto il bilancio dei primi 14 mesi di vita del suo governo. Ecco i punti salienti del suo lungo intervento.

I giornalisti della Rai non possono attaccare il governo, mentre è auspicabile che si attacchino al tram.

Sempre più militari in strada, più precisamente in mezzo.

Con la Libia, la festa delle vendette è diventata la festa dell’amicizia. Donne e champagne li ho portati io.

Abbiamo risolto l’emergenza rifiuti a Napoli come a Palermo. Abbiamo tolto l’immondizia dai cassonetti e l’abbiamo gettata a mare. Ora provate ad appiccare il fuoco.

Col ritorno al nucleare gli italiani pagheranno meno l’energia. Nel paniere dell’Istat inseriremo le cure oncologiche.

Quella della scuola è stata una riforma di buon senso. Mandare i bambini a protestare per strada è stato un gesto di pessimo gusto: mi scrivono ancora molti poliziotti risentiti perché non gli erano stati forniti i manganelli adatti.

Alitalia è rimasta in mani italiane: vale il motto tutti per uno, uno per tutti. Praticamente una gang bang.

Contro di me solo calunnie. Non ho scheletri nell’armadio: sennò che minchia mi tenevo a fare tutte quelle tombe fenicie in cantina.

Tg d’assalto

Poche parole

di Raffaella Catalano

Forse leccare non paga.

“Anno zero”, la riparazione

santoroVada per la puntata riparatrice che sa tanto di esami di settembre: noia e nervosismo. Vada anche per la constatazione di Santoro, secondo il quale – e non mi sembra ironia – “con noi Berlusconi vince”. Vada persino per un opaco intervento finale di Sabrina Guzzanti (ore 23,30, in piena zona sbadiglio). Ma chiedo: questa personalizzazione di un servizio pubblico non vi dà fastidio? Non sarebbe stato meglio – riparazioni a parte – imbastire una puntata di pura informazione, tanto per far capire che i fatti possono rimanere separati dalle opinioni e che se i primi sono indispensabili, le seconde sono accessorie?

Casi politici e casi clinici

Credevo che nella politica italiana ci fosse solo un caso clinico (riguarda un noto personaggio che si crede il Creatore, ma che non si fa ancora chiamare Dio solo perché, essendo il nome troppo corto, non riuscirebbe ad ottenere un risalto adeguato nei titoli dei giornali).
Invece c’è un altro caso disperato: quello dell’unico presidente autoproclamatosi contro il volere dell’intero pianeta terra e senza nemmeno essersi preso la briga di architettare un golpe (la parola golpe, nel suo dizionario da patatine Pai, non esiste in quanto considerata un refuso).
Quest’uomo è Riccardo Villari.
Il capo della commissione di vigilanza Rai resiste allo scioglimento ordinato dai presidenti di Camera e Senato annunciando ricorsi e resistenza passiva, tipo cagnolino che si ribella al guinzaglio del padrone.
Siamo entrati in un’altra epoca, ormai. Dopo la lottizzazione delle assunzioni assistiamo ad una lottizzazione monoteista, in cui è il vertice supremo che si autoimpone per vocazione, illuminazione. Che gliene frega del resto?
E stavolta i partiti non c’entrano. Un Villari è troppo persino per il Centrodestra (il Centrosinistra in tal senso ha già dato…).
L’unico posto che questo poltronista da Trofeo Attack merita, ad essere benevolenti, è quello in una clinica. Con le sbarre alle finestre.