Il partito stagionato

Se c’è qualcuno di voi che conosce personalmente Pierluigi Bersani, o che può arrivare a lui tramite pochi passaggi, dovrebbe per favore chiedergli di rispondere alla seguente domanda: perché il Pd che da anni ha grande familiarità con le sconfitte a tutti i livelli, non decide una buona volta di puntare su volti nuovi e sui giovani?
A guardare certe candidature a sindaco e soprattutto a esaminare la nomenclatura del partito viene il dubbio che il tempo per Bersani e compagni sia una variante ininfluente. Quasi come i risultati.

Armati di mutande di latta

Se pensano di far pagare la manovra alla povera gente, dovranno vedersela con noi.

Pierluigi Bersani (sì proprio lui).

Quel comunista di Montezemolo

(Berlusconi, ndr) Ha occupato tutti i media televisivi usando toni ed espressioni che mal si conciliano con il suo ruolo istituzionale, così come hanno fatto i numerosi esponenti del governo che hanno paventato fantomatiche invasioni di gay, spacciatori, musulmani e zingari.

A parlare non è Bersani, ma Luca Cordero di Montezemolo tramite Italia Futura, la sua fondazione.

Il metodo Ghedini

Secondo l’editto del tiranno della Rai (il nome non si fa perché quello di Masi è probabilmente una copertura) Fazio e Saviano per poter parlare di politica dovrebbero invitare tutti i politici. Ciò significa che non basta chiamare Fini per la destra, e Bersani per la sinistra, o viceversa, per garantire il pluralismo, il contraddittorio e tutte le menate di cui Vespa, Minzolini, la D’Urso (la D’Urso?) e tutti i canali Mediaset se ne fregano abbondantemente.
Il nuovo ordine di scuderia – o di stalla –  è: mettere i bastoni tra le ruote, proibire, impedire, rompere i coglioni sino allo sfinimento.
Il metodo Ghedini insomma. Solo che Ghedini, almeno sino a ora, lo abbiamo visto sbavare sul teleschermo.
Il dramma è  che domani, dati i chiari di luna di questo governo, il de cuius rischiamo di ritrovarcelo da questa parte del televisore, con un telecomando in mano. Il nostro.

Il risveglio di Bersani

Secondo Pierluigi Bersani “il berlusconismo fa regredire la politica a fogna”. Finalmente una dichiarazione sensata. Noi l’aspettavamo da tempo.

Il piacere di perdere

Altri modi per dire quel che ha detto ieri Bersani e cioè: “Il voto? Non è vittoria, ma neanche sconfitta”.

“Il dolce? Non è carne, ma neanche pesce”.
“Il bianco? Non è rosso, ma neanche nero”.
“Il ciclomotore? Non è bicicletta, ma neanche auto”.
“La povertà? Non è vergogna, ma neanche un prio (piacere, ndt)”.
“Il Pd? Non è partito, ma neanche arrivato”.

Parole

Parole, prima e dopo la duomata in faccia a Berlusconi.

Scarsa originalità
“Senza se e senza ma”.
Pier Ferdinando Casini, Pierluigi Bersan, Ferruccio De Bortoli e molti altri nel condannare la violenza.

Riciclaggio
“Ciarpame”.
Paolo Bonaiuti sulle dichiarazioni di Rosy Bindi, ma ben prima di lui Veronica Lario sulle amanti di Silvio Berlusconi.

Violenza verbale
«Siamo veloci di mano e di pallottole: da noi costano 300 lire (a proposito di certi magistrati non addomesticabili, ndr)»; «Sul fisco i nostri carri armati sono pronti»; «Se vince il no al referendum (sulla Devolution, ndr) del 25 e 26 giugno, ci saranno vie non democratiche per cambiare».
Umberto Bossi a go-go, anni prima del gesto dello scriteriato che ha ferito il premier.

Il sole dell’avvenir

Debora Serracchiani

L’attimino fuggente

di Giacomo Cacciatore

Qualche tempo fa l’ormai necessario Marco Travaglio così chiosava, più o meno, in uno dei suoi interventi video sul blog “Voglio scendere”: “Berlusconi forse cadrà per una escort, ma ho l’impressione che, come al solito, salterà fuori un salvagente rosso pronto a salvarlo. E’ successo ogni volta che il cavaliere ha rischiato il tracollo: c’è sempre stata una croce rossa di sinistra che gli è accorsa in aiuto, risollevandolo per il rotto della cuffia”.
Non so se Travaglio si riferisse all’inveterata passione per il “facciamoci del male” della nostra opposizione (che tale è rimasta, anzi opposta a se stessa, anche quando le è capitato di essere maggioranza). Probabilmente sì. O probabilmente accennava a scenari ancora più oscuri, kafkiani, sui quali preferisco sorvolare, per ignoranza storica e ingenuità politica (sono un piccolo stagionato Serracchiani anch’io?).  Ma una cosa è certa: il “facciamoci del male” del Pd (ex Pci? ex Quercia? Ex Veltroni team? Ex che cosa? Ex chi più ne ha più ne metta, visto che se ne è perso il conto) è un dato di fatto. Per il semplice motivo che nessuno, a sinistra, fa nulla per nasconderlo. Anzi, se ne fa splendida esibizione appena si può. E con un tempismo, un gusto per la precisione, che farebbe invidia a una squadra di circensi bulgari alle prese con birilli e bottiglie e patate bollenti.
L’ultima trovata del “pasticcionismo” dell’opposizione è lo scisma Franceschini/Bersani in previsione del consolidamento di un partito che ha ancora la consistenza di un ectoplasma. Viene da dire: che c’è di nuovo? Nulla. O meglio, impressiona, ancora una volta, il masochismo a orologeria di questa gente. Il talento senza pari nel fare la mossa più sbagliata al momento giusto (per la maggioranza). In un’Italia che si sta spostando sempre più verso il voto di protesta (lo testimoniano gli exploit di Idv e Lega alle ultime europee);  in un paese che sta lentamente, dolorosamente, sostituendo i fischi agli applausi; davanti a una popolazione che comincia a boccheggiare, in debito d’ossigeno, invocando maggiore dignità in chi governa o andrà a governare, il Pd litiga ancora una volta sui busti da presentare, sulle tradizioni da rispettare, sulle identità da conservare e quelle da mettere nel dimenticatoio. Sulla gestione del potere che ancora non ha, insomma. Con l’aggiunta di un capro espiatorio, stavolta. Quella Serracchiani che, colpevole di una battuta infelice e innocente (“Sostengo Franceschini perché è simpatico”) è stata subito declassata a quasi-Noemi. Massacrata e avvolta in un sudario di bandiera rossa dal “vecchio” che non solo non avanza, ma sta fermo lì dov’è, monolitico, accidioso, indifferente al mondo che gira intorno.
Il sole dell’avvenir splende solo nei canti di piazza. Nel Pd, pare che faccia male agli occhi dei più anziani.