La candida Mara

Non si salva un rospo

Il segretario del partito non conta davanti al proprietario del partito. E nulla ci fa se si usa la vernice del rinnovamento per ridipingere le vecchie assi del verticismo clientelare e spacciare per nuovo di zecca un progetto tristemente noto per la sua vetustà.
Nel Pdl ci si è inutilmente arrabattati per istituire delle primarie che facessero credere ai cittadini di essere partecipi, di votare veramente un candidato. Ma la realtà si è infranta contro la ferrea logica berlusconiana: il pallone è mio e si gioca con le mie regole.
Quindi niente consultazione popolare, avanti col vecchio porcellum (un sistema elettorale che ha un nome che eccita il padrone) e bocche chiuse, tranne Angelino Alfano, l’uomo dal mestiere più deprimente del mondo, che la può aprire solo per inghiottire rospi.

Formigoni raddoppia

Roberto Formigoni non lascia, ma raddoppia. Nuova giunta, nuova vita, nuove prospettive. E poco importa se i suoi colleghi sono al gabbio per tangenti e corruzione: mele marce e gli alberi sono pieni di mele sane, basta saperle raccoglierle.
Curiosa interpretazione del concetto di responsabilità. Se gli assistenti del capo sbagliano in massa, il capo può dirsi assolutamente estraneo?
Ovviamente no, è la risposta nell’emisfero degli esseri pensanti. Naturalmente sì, è la risposta nel microcosmo del Pdl. Partito delle libertà (di pensiero, di interpretazione, di costumi, di azione, di legiferare).

Il comune senso di responsabilità


C’è una domanda alla quale la politica dovrebbe dare urgentemente risposta: in cosa consisterebbe il senso di responsabilità di Silvio Berlusconi nel farsi da parte?
Uno si candida se ha ragionevole certezza di farcela. Tanto più sei potente tanto minore deve essere il rischio di non vincere, perché l’entità di una figuraccia è direttamente proporzionale al tuo ruolo.
Ora noi siamo al cospetto di un uomo che ha inquinato la vita italiana, dalla tv allo sport, dalla politica all’economia, che per la prima volta teme di non farcela.
L’età avanza, le promesse non mantenute lo circondano, la probabile condanna  nel processo per il Rubygate incombe, i big internazionali (eccezion fatta per un paio di dittatori con attitudine a delinquere) lo scansano come la peste, la stampa dell’intero globo lo deride: meglio mettersi di lato che essere investito.
Ah, ecco. L’unico senso di responsabilità di Berlusconi che viene in mente è quello a tutela di se stesso. Sceglie di andarsene per non essere cacciato.
Però gli inchini e gli onori no, per pietà.

Dalle stelle alle stelline

“O  si volta pagina o si va tutti a casa”, dice il governatore del Lazio Renata Polverini dopo la scoperta dell’ennesimo scandalo di una politica ricca di soldi non suoi e vergognosamente sprecona. Un ultimatum, come scrivono i giornali. Un ultimatum a tempo abbondantemente scaduto, come giudica un comune mortale non sovvenzionato a fondo perduto dallo Stato, non campato per quel che non fa.
In realtà l’espediente della Polverini che cerca un rinvio – l’aut aut è comunque un classico nella retorica del rinvio – è un’offesa al tempo scaduto e ai tempi in cui viviamo.
Non c’è un’opzione B. Non esiste una possibilità di correzione per il malandrino che ruba a casa dei poveri. In altri tempi gli avrebbero mozzato le mani: oggi il minimo è che gli mozzino la carriera.
Nessuno può ormai consentirsi un solo passo falso coi soldi della collettività perché di passi falsi è costellata la strada della nostra storia recente. Dalle stelle alle stelline, dalle stalle agli stallieri.

Faccione bronzeo

Alle ultime elezioni regionali avevo votato Pd perché ritenevo pericolosa l’ascesa dell’Mpa di Raffaele Lombardo e perché non mi piaceva lo strapotere del centrodestra. Sapevo e/o temevo che il centrosinistra non ce l’avrebbe fatta, ma speravo in un’opposizione magari non proprio eroica ma tenace.
Lombardo vinse e il centrodestra col quale doveva governare finì presto all’opposizione soppiantato dal Pd, il mio partito, che si alleò con colui il quale non avrei mai votato.
Ieri ho visto i manifesti di uno di questi dinosauri della sinistra, un  professionista dello scranno, uno che se non facesse il deputato regionale non avrebbe come campare. Si candida di nuovo e promette battaglia, coerenza e blabla contro l’Mpa, contro il centrodestra.
Questo signore ha un faccione tondo e colorito. Sembra bronzo.

Reazione intestinale

Si è parlato di “vendetta”, ma ci starebbe anche “avvertimento” o più prosaicamente “porcheria”.  Indubbiamente il voto contrario del Pdl al governo Monti come reazione alle dichiarazioni del premier sullo spread e Berlusconi è un’offesa al ruolo del parlamento perché mescola le questioni private con l’interesse pubblico. Ma è anche un’occasione preziosa per capire da chi siamo rappresentati: da un manipolo di furbacchioni che si fanno i fatti propri. Sei stato monello e io ti voto contro, e chi se ne frega se la barca affonda e siamo tutti con l’acqua alla gola.
La logica, molto berlusconiana, del tanto comando io deve essere estirpata con la forza perché se siamo nei guai è anche colpa di questo tipo di ragionamenti. Proveniamo da un ventennio di scollamento tra realtà parlamentare è realtà sociale, abbiamo tanti di quegli esempi di uso scorretto e/o abominevole della cosa pubblica che per trovare un solo caso positivo bisognerebbe far risorgere i morti.
Quei quattro fantasmi del Pdl che per manifestare la loro presunta esistenza in vita devono necessariamente ricorrere a mezzi straordinari, un tempo mi avrebbero fatto pena. Oggi più che un sentimento, suscitano in me una reazione intestinale.

Quell’Italia in sala trucco

Berlusconi ci ri-ri-ripensa. Ri-ri-riscenderà in campo e si ri-ri-ricandiderà a premier.
La decisione dopo aver letto i sondaggi che danno il Pdl di Alfano in agonia. Adesso è chiaro a tutti che il partito berlusconiano è solo ed esclusivamente berlusconiano, anche in termini di proprietà. Ciò sarà di aiuto agli elettori per le prossime consultazioni. Ci sarà da scegliere tra un governo di persone scelte a seconda delle capacità e delle competenze e un governo monocellulare con Berlusconi che decide la politica economica discutendo con Marishtelle Polanco e che si muove tra gli alleati esteri sbirciando i culi di hostess e premier dame. Semplice, no?
Il capo del Pdl ha anche annunciato che provvederà personalmente al rinnovo della classe dirigente del suo partito, girando per il Paese, facendo insomma dei casting.
Temo che purtroppo ci sia già una buona fetta d’Italia in sala trucco.

 

Gli impegni di Gasparri

“L’autovettura oggetto della contravvenzione era temporaneamente sprovvista dell’autorizzazione al transito, che non mi è stato possibile rinnovare tempestivamente a causa di continui e ripetuti impegni in diverse parti d’Italia correlati al mio mandato istituzionale”.

Con questa surreale motivazione il senatore Maurizio Gasparri ha chiesto, su carta intestata del Senato, ai vigili urbani di Roma di annullare tutte le contravvenzioni collegate all’auto di sua moglie.
Davanti a notizie come questa cresce in me la consapevolezza che un giorno per togliersi dai piedi gente del genere non servirà la Norimberga evocata da Grillo: basterà tirare lo sciacquone.

Grazie a Giuseppe Giglio.

Il sindaco di un altro tempo

Il neo sindaco di Trapani, Vito Damiano, si presenta ai ragazzi della sua città dicendo che di mafia è meglio non parlarne più “perché le si dà importanza e poi i giovani si spaventano”.  Tipico caso di concetto imbottito di preconcetti.
Questo guardare oltre senza guardarsi dentro, questa debordante superficialità e questo discettare per assiomi sono atteggiamenti tristemente noti in Sicilia, e non da ieri. Negli anni Sessanta c’erano cardinali che negavamo l’esistenza della mafia mentre saltavano in aria le prime auto imbottite di esplosivo. Il modo più idoneo di fronteggiare cosa nostra era non parlarne: come quei bambini che chiudendo gli occhi credono di non esser più visti.
Il sindaco Damiano è un ex generale dei carabinieri ed è del Pdl, ha quindi tutte le carte in regola per parlare del fenomeno mafioso. Eppure sceglie di non farlo per non turbare i giovani.
Prima o poi qualcuno gli dovrà spiegare che il suo ruolo non è distribuire manciate di reticenza né sollevare calici di qualunquismo, ma gestire la realtà. Non i suoi confini.