Profumi e tarocchi

C’era un odore strano in questa storia. Che si è trasformato in puzza. Ma il tanfo ancora deve arrivare.

Grazie a Raffaella Catalano.

Il riposo del guerriero

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Dal web.

Citizen B.

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di Giacomo Cacciatore e Raffaella Catalano

Giacomo: “Così finalmente abbiamo potuto vederlo, ieri, questo documentario ‘maledetto’, libero e visibile ovunque tranne che in Italia”.
Raffaella: “Già, ‘Citizen Berlusconi’. Ci sono voluti sei anni, ma era solo su Sky. Onore al merito del canale ‘Current'”.
G: “In quanti l’avranno visto? In cinque, sei?”
R: “Sì, giusto noi, scommetto, insieme a pochi altri, e ai sopravvissuti tra i personaggi intervistati a proposito dell’irresistibile e inquinata ascesa del signor B. Biagi è morto, Sartori ancora si mantiene e per fortuna ha fatto in tempo a vederlo, Travaglio è praticamente all’indice”.
G: “Si capisce. Le cose importanti passano sulle tv ammiraglie e in prima serata: ‘Amici’ di Maria De Filippi e il suo omologo in cronaca, il ‘Matrix’ di Vinci”.
R: “D’altronde tutto è cominciato con ‘Drive-in’. Ed è andato avanti sempre così: barzellette grasse, tette in saldo, spot commerciali. Il supermercato della vita”.
G: “Ho trovato interessante questo punto del documentario. Il travaso del B. politico in un contenitore praticamente già pronto, un format ben inculcato nella testa della gente. Bastava cambiare un paio di ingredienti: la presidenza del consiglio al posto dell’asta tosta. Certe ministre al posto delle ragazze fast-food. E poi l’opuscolo che corona l’impero del sovrano mediatico: il privatissimo e personalissimo ‘Una storia italiana’. Per il resto, il documentario non mi ha scioccato come pensavo. Ci stiamo abituando al peggio?”.
R: “L’altroieri non sono andata a letto indignata. Il tempo di sospensione imposto dalla censura ha fatto da sonnifero per la carica di denuncia del documentario. ‘Citizen Berlusconi’ mi è sembrato quasi l’album dei teneri ricordi del passato. Oggi tutto è peggio. Molto peggio. Il brutto di ieri sembra quasi passabile. Paradossalmente”.
G: “Un peggio ‘televisivo’, in pieno stile B. Non fai in tempo ad abituarti che subito arriva un nuovo colpo di scena”.
R: “Intanto, nel silenzio dei tg, attendiamo l’esito di ‘puttanopoli’ e del lodo Alfano bis”.
G: “E nel mezzo, qualche consiglio per gli acquisti”.

Tutti moralmente smutandati

L'illustrazione è di Gianni Allegra
L'illustrazione è di Gianni Allegra

“Del resto, si fa presto a dire porco e a ritirarsi sdegnati tra quelli che fanno i moraloni ma sempre con la coscienza degli altri. Pure noi, nel senso di gente del Belpaese, sul tema mica abbiamo l’anima tanto pulita e neppure tutti i sentimenti al posto giusto”.

E’ il succo del ragionamento di Luigi Santambrogio su Libero. Che risolve così la nota questione di Happy Papi: siccome “siamo tutti un po’ moralmente smutandati”, Berlusconi è il nostro leader ideale. Non so chi frequenti il signor Santambrogio: di certo io e qualche altro non siamo nella cerchia delle sue amicizie, che probabilmente coincidono col campione di riferimento per queste sue affermazioni quantomeno bizzarre. Il senso di universalità delle sue raffinate righe va quindi diluito con una sana risata.

Grazie a La Contessa.

Papi boys

Un Paese coi suoi valori (suoi di lui).

Vecchia festa, nuovi fasti

berlusconi-noemiLa notizia è all’ultimo rigo.

Da Corriere.it.

Il divertimento dell’imperatore

L’Espresso entra nell’harem sardo di Berlusconi.

Occhio, anzi orecchio, alla telefonata.

Papi tutti

L'illustrazione è di Gianni Allegra
L'illustrazione è di Gianni Allegra
L’attimino fuggente

di Giacomo Cacciatore

Non avrei voluto scrivere di Berlusconi e Noemi allegate. Se ne discute già tanto (non dico troppo, questo no: la faccenda promette di essere un vaso di Pandora non ancora del tutto rotto), lo fa chiunque, e chi non lo fa se ne sente in dovere. L’impulso a sfiorare la questione mi è dato dalla lettura di un saggio piacevole (e a mio parere illuminante) che si intitola “Dancing Days. 1978-1979. I due anni che hanno cambiato l’Italia”. L’autore, il giornalista e docente Paolo Morando, tocca un nervo della recente (ma sembrano passati secoli) storia italiana che ho sempre considerato scoperto ancorché sottovalutato. 1977. Fine dei movimenti. Probabilmente, fine dell’impegno politico su larga scala. Ferite fresche: la rivoluzione delle P38. Ferite in fieri: la lunga mano della P2. La gente non vuole più rientrare presto la sera sotto un cielo di piombo. Voglia di innamorarsi. Voglia di “individuale”. Allontanamento dalle pubbliche virtù e ripiegamento su umanissimi vizi privati. Ad accontentare gli italiani arrivano le lettere di passioni tormentate sulla prima pagina del Corriere della Sera (un fatto inaudito per via Solferino) e John Travolta. La parola che riassume il tutto: riflusso. Resta da stabilire se preteso o indotto. Soglie degli anni ottanta. L’era di che cosa e di chi lo sappiamo tutti: da allora abbiamo spento pochissimo la televisione. Ma per farvi un’idea, leggete il libro. Io mi limito a un breve cappello sulle parole del sociologo Sergio Fabbrini. Che offre a Morando un concetto sul quale riflettere: “Il populismo esprime il sentimento di una piccola borghesia insoddisfatta (…) che ha delle ambizioni sproporzionate rispetto ai talenti di cui dispone. Non c’è distinzione tra governanti e governati. L’élite si comporta come il popolo e viceversa. Tutti sono indistintamente allenatori della Nazionale. Nessuno dirige o decide e nessuno rende conto per ciò che ha fatto o non ha fatto”. E Morando gli fa eco: “Ecco perché l’Italia si innamora regolarmente di eroi piccolo-borghesi, come Mussolini o Berlusconi. Priva di una cultura moderna, l’Italia non sa distinguere tra pubblico e privato. I due coincidono, si sovrappongono. E allora che senso ha parlare di conflitto d’interesse?”.
Se il discorso è chiaro a noi, non penso che sia mai stato oscuro per Silvio Berlusconi e chi lo appoggia. Pubblico e privato: una biforcazione che si unisce in un sentiero verso il culto della personalità. Forse la chiave del successo del Cavaliere nella sua versione politica. Onori e oneri, però. Presidente operaio e Noemi. Quirinale ma anche Casoria. Famiglia modello con sfondo di caminetto e Veronica-Clitennestra. Una volta tracciato il sentiero non è più possibile invocare la biforcazione. Non a convenienza, almeno. Assisteremmo a un ennesimo, sconvolgente miracolo italiano.

Come si cambia

Ieri ho visto Daniele Capezzone sbracciarsi al Tg1 per il suo padrone, di cui fino a qualche anno fa parlava così:

“Berlusconi è come Vanna Marchi e Tremonti è come il suo Mago do Nascimento” (31 marzo 2006).

“Berlusconi si paragona a Napoleone e Churchill. Mi ricorda la barzelletta dei due matti: uno dice ‘Io sono Mosè e Iddio mi ha dato le tavole della legge’ e l’ altro, offeso ‘Ma guarda che io non ti ho dato niente!’. Ecco, lui potrebbe essere il secondo matto, mentre per il novello Mosè bisogna scegliere tra Bondi e Fede (da Corriere della Sera, 12 febbraio 2006).

“L’Italia non può permettersi altri cinque anni di governo di Silvio Berlusconi: non sarebbero ‘ecosostenibili’. […] Per non parlare di ciò che è accaduto sul terreno dei diritti civili, con un’autentica aggressione contro le libertà personali: contro il divorzio breve, contro l’aborto, contro i pacs, contro la fecondazione assistita e la libertà di ricerca scientifica, fino all’ultimo tentativo di sbattere in carcere i ragazzi per qualche spinello (dal sito internet de La Rosa nel Pugno, 10 marzo 2006).

Colonna sonora consigliata.

Il futuro di Berlusconi

Persino il bignamino del giornalismo insegna che i titoli al futuro sono da evitare. Eppure il signor B. riesce a far notizia anche rimandando al tempo che verrà le spiegazioni che potrebbero-dovrebbero essere immediate e, in caso di buona fede, istintive.
Su Noemi spiegherà.
Non si sa quando e come. Ma sarà di certo un piano ben architettato.