I grandi all’altezza

tacchi di berlusconi

C’è una caratteristica fondamentale che rende veramente grandi gli uomini di potere: è il loro sapersi mettere in gioco quando il gioco gira male.
Se in Italia si fosse verificato un buco nella sicurezza nazionale come quello del fallito attentato di Natale negli Usa, lo scaricabarile, gli insabbiamenti e le risse politiche avrebbero paralizzato ogni attività di ricerca della verità.
Già me li vedo i Capezzoni, i Di Pietri, i Gasparri (lui è avvantaggiato perché ha un cognome che è già un plurale) che consumano ugole e saliva. Monica Setta che imbastisce un programma per dimostrare che il terrorismo è solo di sinistra e che addirittura ha una radice genetica nel mancinismo. Bruno Vespa che indossa un plastico delle mutande esplosive come quelle strappate – tra qualche gridolino ammirato delle hostess – all’attentatore.
Invece in America il presidente ha usato la più raffinata arma di persuasione di massa: l’ammissione personale di responsabilità. Ha detto al popolo “è colpa mia” ottenendo un duplice risultato: sedare al più presto le polemiche politiche (se uno ammette, ammette e basta, inutile continuare a battere i pugni sui tavoli) e rassicurare la sua gente (se uno si mette in discussione riscuote una maggiore fiducia).
Per uno come Barak Obama mettersi in gioco quando il gioco gira male significa prendersi tutte le responsabilità: reali, metaforiche, ipotizzabili.
Per altri mettersi in gioco quando il gioco gira male significa litigare con tutti, arbitro compreso, e magari tentare di comprarsi la partita.

Buon natale a tutti

L'illustrazione è di Gianni Allegra
L'illustrazione è di Gianni Allegra

L’albero dell’ospedale

villa sofia palermo

Giacomo e Raffaella hanno trovato questo singolare albero di natale all’ospedale Villa Sofia di Palermo. E’ addobbato con garze, guanti in lattice e pezzi di cotone idrofilo.

(Un altro) miracolo italiano

sito pdl

Il sito del Popolo della Libertà con il nuovo primo e unico comandamento del nuovo primo e unico neocristo risorto è da ore irraggiungibile, causa congestione delle linee. Gli italiani sono tutti lì coi loro computerini ad aspettare che qualcosa di gioioso accada, in questo Natale che sa di Pasqua.

Nati santi

di Gianni Allegra

martire

Io amo

La foto, dal titolo "L'attesa", è di Cinzia Zerbini (da Flickr)
La foto, dal titolo "L'attesa", è di Cinzia Zerbini (da Flickr)

di Abbattiamo i termosifoni

– Il burro di arachidi e i sofficini (ma mi sforzo di mangiarli solo una volta ogni due o tre anni)
– La leggerezza di spirito
– L’ironia (quella di mio padre in primis)
– L’inverno
– Le scarpe (ma più che amore è quasi dipendenza)
– Molte mie cugine ed entrambi i miei fratelli
– I libri, quelli ben scritti
– Molta tv trash delle emittenti locali scalcinate (mi fa schiattare dal ridere)
– La generosità, mia e altrui
– La mia casa (compreso il marito che c’è dentro)
– I bambini (ma a piccoli gruppi, che altrimenti fanno troppo casino)
– Palermo (nonostante tutto)
– Scrivere mail (piacevole in privato e indispensabile per lavoro)
– L’arte culinaria e quella di addobbare la tavola
– Oscar Wilde
– I due falegnami sotto casa mia (mi divertono moltissimo)
– La grammatica, la sintassi e l’ortografia
– I dialetti e le inflessioni regionali
– Il Natale (perché di rado si riesce a vedere tanti parenti tutti insieme)
– Le isole
– Milioni di altre cose. Che superano di gran lunga quelle che mi danno fastidio.

Si chiamerà Natale

Torta in faccia

di Roberto Torta

Appunti di Natale e scusate il ritardo (per riprendermi c’è voluto tempo).


Si chiama Domenico Torta. Ha 79 anni, occhi piccoli e appuntiti, baffi neri, capelli lunghi e codino. E’ mio padre, ma non gli assomiglio per niente. Prendete una tunica nera, mettetegliela e avrete un inquisitore, di quelli che mandavano le streghe al rogo.
Come ogni Natale sono qui a casa sua, seduto davanti a lui, per il solito pranzo a cui non rinuncerei per niente al mondo perché ogni anno, da quando ne ho compiuti 15, aggiunge una riga al suo testamento. Il mio è vero affetto. Finita la parte dove mi ha lasciato la casa, siamo arrivati alla riga dove sta indicando me – e solo me – unico figlio devoto, erede della villetta di Pantelleria. L’anno scorso la riga si è interrotta a “Pant… “.
Io non potrei fare più a meno di questa festa – specchio, in cui guardo gli altri e mi guardo. Guardo soprattutto la badante rumena di mio padre, 30 anni, che ha il sedere più maestoso d’Europa,  isole comprese. Si chiama Julia. L’ho già castigata: l’anno scorso, sempre a Natale. Ora è incinta, e il fatto che porti in grembo un figlio non mio è la dimostrazione che Dio esiste e merita tutto il mio rispetto.
Siamo seduti a tavola. C’è anche quella simpaticona della mia ex moglie che ha fatto qualcosa al labbro superiore. Non ha più le sue micro rughe, testimonianza imperitura della sua maestria nel chiudere e aprire la bocca: e non solo per parlare.
Regali. A me arrivano quelli più brutti. Mentre io li faccio sempre “pensati”. Dalla mia segretaria – che mi conosce benissimo – alla quale do mille euro, una lista di nomi che si riduce sempre di più. E lei compra. Cose tipo questo massaggiatore da piedi per mio padre, che per un pelo non vomita solo guardandolo, e una trousse per la mia ex consorte che mi sta dando un pacchettino. Lo apro e che meraviglia! Un pezzo di sapone alla cannella. La bacio sulla guancia e lei mi sussurra “stronzo”. Poi do il regalo a mia figlia, una sciarpa viola. Non la scarta neanche e manda sms. Ma lei è mia figlia e so che mi vuole bene.
Ci siamo. Abbiamo mangiato il pandoro e mio padre estrae il testamento.  “La villetta di Pantelleria  la lascio a Julia e a suo figlio che poi è mio figlio. Nascerà tra 4 mesi. Se dovessi morire prima, per favore, non chiamatelo Roberto”.
Infatti si chiamerà Natale.

Sms di auguri

I giorni che separano Natale da Capodanno sono una camera di decompressione per qualcosa di più pesante di pranzi e cene: gli auguri via sms.
Non sono contrario ai “messaggini”, anzi li trovo pratici. Un pensiero affettuoso in poche parole è spesso più efficace di una conversazione ammorbata da convenevoli e rinvii ad appuntamenti che, nella maggioranza dei casi, rimarranno vaghi: “Ci sentiamo la prossima settimana”… “Chiami tu o chiamo io?”… e via blaterando.
L’sms augurale è invece un concentrato di concetti, senza l’annacquamento di parole inutili. Con un semplice messaggio – azzardo, anche non personalizzato – si testimonia l’esistenza, o la sopravvivenza, del destinatario nella propria agenda telefonica, gli si dice “sei ancora nel mio elenco” nonostante il tempo, i mutati equilibri affettivi, le eventuali carognate e i cazzi propri. Selezionando “invia” si passa la palla per verificare la tenuta di una linea di amicizia, affetto o stima: starà all’altro, il destinatario, rispondere a tono, rilanciare, o ignorare benedicendo il giorno in cui ha cancellato quel numero dal suo cellulare.
Questo Natale ho ricevuto due sms che mi hanno fatto ribollire il sangue. Erano entrambi dello stesso tipo: promozionale. Un tale ha pubblicato finalmente un libro e non ha trovato di meglio che comporre un irritante slogan pubblicitario. Un altro è un consulente bancario e mi ha accomunato ai suoi clienti migliori da cui, fesso lui, si aspetta grandi cose per l’anno che verrà.
Ho eliminato i loro numeri dalla rubrica per sedare la tentazione di chiamarli e insultarli.

Buon Natale

L'illustrazione è di Gianni Allegra

Auguri!!!

Aggiornamento. Cliccate qui per vedere il regalo di Verbena al sottoscritto, a Giacomo Cacciatore e a Raffaella Catalano

Un cuore di cartone (animato)

di Cinzia Zerbini

Lo aspettavo da mesi e finalmente è nelle sale: Madagascar 2 . Straordinario, così come gli altri cartoni animati che escono a Natale.  Amo i film d’animazione. Ma adoro anche rivedere Sette spose per sette fratelli, Mary Poppins, Il maggiolone e via dicendo. Di recente nella top ten dei miei cartoni preferiti è entrato Kung fu Panda, ma nel mio cuore c’è e ci sarà sempre Il Gobbo di Notre Dame, colonna sonora inclusa. Anzi, colonne sonore incluse e chiuse nel mio iPod. Ascoltare il canto d’amore di Frollo alla bella Esmeralda guardando il mare –  possibilmente d’inverno – è un incanto.  Io mi emoziono con e per poco, così non aspetto altro che Natale per poter lasciare andare il mio lato S (sensibile).  E poi Il Piccolo Lord… quando la madre sbuca dall’albero di Natale e abbraccia l’ex suocero “già cattivo”  è il trionfo dell’emozione.  C’è tutto: la festa, l’amore filiale, il bene, il perdono, il futuro.
Dal 23 dicembre al 3 gennaio non si discute: l’amore, il buonismo, il sentimentalismo, la melassa devono avere il sopravvento. Cosa c’è di più bello che guardare un dvd sul divano, con l’odore di mandarini nelle mani, mentre fuori piove (col sole è uguale). Sarà che ho il cuore di ricotta, ma io mi commuovo sempre davanti a una lei che soffre per amore di lui che o è vedovo con cinque figli, o è uno scapolo anche un po’ stronzo, oppure è fidanzato con un’arpia. E quando si baciano per la prima volta, magari sotto gli occhi dei bambini appostati in alto nella scala, e tutti poi vivono felici e contenti? Ecco, il Natale è l’altro lato delle cose. Se nella vita reale il vedovo con cinque figli è incavolato come una bestia, nel film il vedovo è bellissimo, coltissimo, altissimo, bonissimo. Lei invece non è una strafiga, ma i bambini l’adorano e conosce tante canzoni. Si ameranno per sempre. Perché un po’ di “per sempre”, ogni tanto, non guasta.