Non sottovalutate i sentimenti

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Oggi ascoltavo alla radio questa canzone e mi è venuto in mente un mio caro amico d’infanzia. Che come per magia, mi ha chiamato poche ore dopo.
Oggi parlavo di un Natale lontano trascorso con un altro amico su una montagna impervia. Come per magia, anche lui mi ha chiamato.
Più invecchio e più mi rendo conto che il corretto esercizio della memoria non consiste nel rimpiangere ma nel ravvivare. Più si diventa grandi più si dà peso alle cose piccole. Ecco, se dovessi farmi e farvi un augurio per il tempo che verrà, penserei a un puzzle: mille tasselli minuscoli per mille minuscole soddisfazioni. Il resto – le grandi conquiste, l’olio nel complesso ingranaggio dell’ambizione – non conta niente, ma proprio niente.
Non distraetevi mai dalla minima gestione dei sentimenti, solo lì troverete la vostra colonna sonora. Non sottovalutate l’oblio e la comodità dell’utilitarismo, evitateli come la peste.
Ora siccome sto parlando come un Papa, mettendo a dura prova il mio senso del ridicolo, chiudo qui. Però poi non dite che non vi avevo avvertiti. Andate a caccia di sorrisi e mettetene sempre uno da parte come antidoto: perché lo sapete, l’infelicità è contagiosa.

#amaipiùrivederci

Ha un che di misterioso l’accanimento di chi, in questo periodo dell’anno, manda messaggi di auguri stereotipati, perlopiù frasi fatte, copiate-incollate e sparate in serie a tutta la rubrica del telefonino o del computer. E il mistero sta tutto in quell’assenza di volontà per un gesto che invece dovrebbe essere molto volontario: fare o non fare gli auguri significa in fondo scegliere, decidere chi far partecipi, chi mettere da parte, chi tenere sulla graticola e chi premiare.
Invece ogni anno riceviamo molta di quella che ritengo simile a un’immondizia dei sentimenti.
Io ho tre “clienti” affezionati, in tal senso.
Uno è un tale che scrive frasi tipo “il primo pensiero va a te e alla tua famiglia… perché sei una persona speciale… ti auguro personalmente ogni bene” e invia la mail a una tonnellata di destinatari nascosti credendo di avere a che fare con una tribù di fessi.
Un altro è uno che quando lo cerchi non ti risponde mai e che per Natale ti invia i suoi “più fervidi auguri” firmandosi con cognome e nome come se fosse un compagno di naia.
L’ultimo è il più infido perché ti colpisce alle spalle. Ti chiama personalmente, fa finta di coccolarti, poi ti rifila un sms o una mail in cui ti chiede il favore dei favori oppure ti ricorda il suo ultimo libro che potrebbe essere un ottimo regalo per natale eccetera eccetera.
Per tutti loro l’hashtag è #amaipiùrivederci.

Un bel Natale, almeno in video

Il Comune di Palermo ha messo in rete questo video molto bello sul Natale. Bravi, bravi.

Ricchi quindi colpevoli

Nel Paese che non conosce più le mezze misure – ubriacato da anni di sprechi smisurati, di burocrazia ipertrofica, di politica del favore – è in atto il capovolgimento di un ideale. La ricchezza che fino all’altroieri era il simbolo di un governo godereccio e opulento, è improvvisamente diventata un indizio di colpevolezza.
Sui giornali e su internet scatta la caccia alle proprietà di un politico che magari non ha fatto nulla di male se non investire nel mattone i soldi onestamente guadagnati, si consuma la vendetta (per cosa?) ai danni di uno che a Natale è andato in vacanza alle Maldive pagando tutto addirittura coi suoi soldi. Foto di ville, di corpi esposti al sole tropicale, di brindisi a piedi nudi vengono pubblicate come se si trattasse di prove schiaccianti. Ecco dov’erano quei deputati a Capodanno mentre noi mangiavamo lenticchie fredde nel tinello! Loro se la spassano mentre il Paese tira la cinghia, vergogna!
Il senso forcaiolo della sana invidia – perché a tutti piacerebbe stare in panciolle davanti a un tramonto caraibico anziché rodersi il fegato nel traffico cittadino – costituisce un brutto segnale. Perché volere vivere in modo migliore e non poterlo fare può suscitare umanissimi pensieri virulenti, ma fingere di usarli per una nuova lotta di classe rischia di farci sprofondare nell’abisso del ridicolo. Al quale peraltro siamo già pericolosamente vicini.

Il peggiore sms

Ho notato, ma posso sbagliare, che il Capodanno appena passato potrebbe segnare il tramonto dell’sms di auguri. Personalmente ne ho ricevuti molti di meno rispetto allo scorso anno e da quel che ho sentito in giro non è una questione personale.
Tra i pochi messaggini ricevuti ce n’è però uno che riecheggia di una banalità antica, quella dei testi preformattati, preconfezionati, copiati e inoltrati all’intera rubrica senza ritegno.
E’ forse il più brutto che abbia mai ricevuto. Ve lo copio di sotto.

“TNAGRUIEFCELIEANUOVNONO. A causa della crisi economica gli auguri li ho presi all’Ikea. Te li monti tu quando hai tempo”.

 

Buon Natale a tutti

Quando un caro amico mi ha mandato questa foto di suo figlio, non ho avuto dubbi: è l’immagine più bella per raffigurare questo Natale. Perché è fresca, spontanea e sa di speranza.
Per una volta è bello immaginare che un bimbo nato nel 2011 non sia soltanto un futuro contribuente.

La cena di Natale

Siamo pronti per la cena di Natale. Con i parenti saremo, quest’anno, a casa nostra. Mia moglie da mesi studia come imbandire la tavola. Scrive, disegna, prova, verifica accostamenti cromatici: convoglia passione e background professionale (lei è un’esperta di visual) in un’opera che dovrebbe stare a metà tra l’arte e la ricerca.

Candele, segnaposti, piatti, tovaglie… tutto è frutto di attenta riflessione, dove per “attenta riflessione” si intende un brainstorming serale di almeno due ore, sette giorni su sette, lontano dai pasti e pericolosamente vicino alla mezzanotte.

La caratteristica di questi scambi di opinione è il mio palese stato di minorità. Lei in realtà ha tutto chiaro da settembre, però le piace smontare le sue stesse certezze con la certezza che non ci saranno altre certezze a incrinare le certezze originali. Cioè, una melina familiare: ci si passa la palla sapendo che non si farà gol perchè il destino della partita è segnato, anzi deciso. Però, chiedo io, perché non chiudere l’argomento in anticipo e dedicarsi ad altro? Capisco che questo è un modo per coltivare il tempo che passa e per godere dell’aspettativa di un evento piacevole. Però sette giorni di riflessione sulla forma di una deliziosa, leggera, luccicante stellina da spiaccicare sulla tovaglia, che probabilmente mio padre seppellirà di molliche di pane subito dopo l’aperitivo, mi sembrano un po’ troppi.

E così anche… No, scusate, devo lasciarvi. Sono stato convocato per un vertice urgente sulle candele: bianche o color panna? tonde o cilindriche?

Insomma roba che scotta.

Auguri

Siamo agli auguri, miei cari. Innanzitutto vi faccio quelli per il Natale. Poi, visto che per una settimana proverò ad andare in vacanza, vi anticipo quelli di buon anno. Nella mia valigia però c’è sempre spazio per un computer e c’è il rischio che ci si continui a sentire nei prossimi giorni, tra una sciata e l’altra…
Comunque vada, vi abbraccio uno per uno…. il che, dato che ieri eravate più di mille visitatori unici – un grande numero per un piccolo blog –  è un bell’impegno.
Grazie, grazie a tutti. Siate sereni se potete.

P.S.
Se avete un paio di minuti date un’occhiata a questo video che abbiamo realizzato per diPalermo.

Biologia di maschio e femmina alla prova dello shopping

Se volete avere una dimostrazione biologica della differenza, al di là delle soggettive sfumature,  tra uomo e donna dovete sottoporvi alla prova dello shopping.
Lei è felice di immergersi nel traffico, anche se siamo in clima prenatalizio. Lui no.
Lei non si lascia intimorire da una commessa scocciata e sudata. Lui alza bandiera bianca perché ha altre cose a cui pensare.
Lei spulcia tra gli scaffali senza sosta. Lui cerca una sedia.
Lei indossa, prova e diffida persino dei propri sensi. Lui pensa all’auto parcheggiata in terza fila.
Lei non si accontenta neanche davanti alla perfezione perché la perfezione è sinonimo di rassegnazione. Lui è rassegnato e coscientemente imperfetto.
Lei si lascia convincere da un paio di pantaloni che le stanno bene. Lui si cala in un paio di pantaloni convinto che gli stiano bene.
Lei per prima cosa si guarda il sedere allo specchio. Lui si mette le mani in tasca e ravana.
Lei è in grado di restare nel camerino della boutique anche due o tre ore. Lui si lamenta perché la musica è ad alto volume e non riesce ad appisolarsi.
Lei torna a casa reggendo i pacchi come fossero una preda. Lui scassina il frigo alla ricerca di una birra.

L’albero dell’ospedale/2

Ricordate il famoso albero di Natale dell’ospedale Villa Sofia di Palermo? Quello addobbato con guanti di lattice e garze?

Oggi resta solo il suo cadavere, accanto all’ingresso del pronto soccorso. Con un residuo di cotone idrofilo e una cuffia chirurgica.

Grazie a Raffaella Catalano.