Tipici Spinelli

Non ho i verbali che occorrono per entrare nel dettaglio, né le parentele/amicizie giuste per parlare coi diretti interessati. Però questa storia del sequestro del ragioniere Spinelli mi sembra una tipica, anzi una ideale vicenda berlusconiana. Ha infatti la dose di trasversalità, di sudiciume, di non affascinante mistero alla quale le vicende politiche italiane dell’ultimo ventennio ci hanno abituati.
Sappiamo tutti che quando i calli non fanno male, sono comunque antiestetici. E la storia è brutta assai.

Nicole Minetti, la forma e le forme

Dice di averlo fatto per sostenere l’economia del paese. Nicole Minetti ha sfilato in costume – molto ridotto, ed è stato un bel vedere – a Milano, ha occupato le prime posizioni delle top news, e ritiene di aver dato una mano al made in Italy.
Dopo il presidente operaio, la consigliera smutandata. E non cadiamo nei moralismi, che i moralismi hanno segnato sino ad oggi la vittoria dei calpestatori professionisti della morale.
Nicole Minetti che sfila con le chiappe al vento è la nemesi del gioco di potere Berlusconiano. Una giovincella con un passato (nascosto) che è l’opposto del suo appeal (esibito) è stata promossa a icona politica dove il passato nulla conta rispetto all’appeal. Di che meravigliarsi?
Una consigliera regionale che si spoglia e che, anche grazie alla sua carenatura, si lascia dietro una scia di sguardi allibiti non sarebbe un fatto stratosferico se a quella passerella la signorina fosse approdata dopo alcuni passi fisiologici. Ma quando a una festa in costume pubblica si arriva per via di altre decine di feste in costume private, proprio in onore di colui che di quel passaggio è unico artefice, allora bisogna rassegnarsi.
Prima nella vita pubblica si chiedeva quantomeno il rispetto della forma, oggi ci si limita alle forme.

Il vero problema

Il Papa contumace

A parte le giustificazioni ufficiali, tutte ufficialmente valide, pesa notevolmente l’assenza del Papa ai funerali del cardinale Martini. Una benedizione-discorsetto in contumacia la dice lunga sulla volontà di rinnovamento e sulla capacità di introspezione della Chiesa guidata da herr Ratzinger. Del resto, non è una novità che questo pontefice si guardi bene dal vestire i panni di un papa del terzo millennio: è come se l’attualità lo infastidisse al pari di un faro abbagliante sparato sugli occhi.
La lotta senza quartiere di Benedetto XVI contro il relativismo è, ai miei occhi di cattolico orecchiante e disilluso, un alibi per mascherare una pericolosissima sordità sociale: in realtà non sono gli altri che non parlano – pur agitando idee e sentimenti – è lui che non ascolta, che non vuole ascoltare.
La Chiesa del 2012 ha troppe preziose occasioni per ritornare al centro dello scacchiere umano, però le dribbla tutte, inspiegabilmente.
Ci vorrebbe un reset, tra Storia e coscienza.
Ci vorrebbe un binocolo per guardare lontano, nelle lande del sottosviluppo.
Ci vorrebbe una lente di ingrandimento per osservare da vicino le trame della modernità.
Ci vorrebbe un Papa.

Vista lunga, gonna corta

Con quel che sta venendo fuori nel processo a Silvio Berlusconi per il Rubygate si alimenta una domanda che, giorno dopo giorno, diventa sempre più ingombrante. Perché a Barbara Faggioli non è stato dato uno scranno in Parlamento? Ovvero, perché quest’odiosa discriminazione tra intellettuali dalla vista lunga e dalla gonna corta?
Forse è bene rassegnarsi e non aver fretta di trovare la risposta: davanti a certe ingiustizie la cronaca non può nulla, meglio attendere la Storia.
Possibilmente sorseggiando un daiquiri.

Abbagliati da un cerino

Non mi interessa come si difende, quali barzellette tira fuori dal suo scarso repertorio, cosa inventa a se stesso. Io godo della ritrovata normalità in cui se uno ha un problema giudiziario, se lo va a discutere in un’aula di giustizia con tutte le garanzie del caso.
Gioire nel vedere Berlusconi in tribunale è di certo una stortura, ma è anche la conseguenza di un clima di storture nel quale ci hanno buggerato con leggi personali, lodi improponibili, finte emergenze.
La regolarità di un procedimento pubblico e la logica concatenazione degli eventi: da quanto tempo non guardavamo alle cose del nostro mondo con una consapevolezza antica? Oddio, non è che prima di Berlusconi vivessimo in un mondo di fate, però almeno a quel tempo la criminalità al potere non si mostrava orgogliosa di esser stata smascherata. C’era una discreta ritrosia a farsi cogliere con le mani nel malloppo, tutto qui.
Poi il “sogno italiano” si è avverato in tutto il suo luttuoso splendore ed eccoci qua, come veri sopravvissuti. A spiare come guardoni un anziano signore che si prende il caffé prima di andare a discutere delle sue cause giudiziarie. A sperare non già in una condanna, ma in uno svolgimento del processo.
Per chi proviene dal buio anche un cerino acceso è abbagliante.

La vera emergenza del terzo millennio

Il Papa, con ammirevole puntualità, prende di petto la vera emergenza del terzo millennio: le coppie di fatto.
Il fulcro del mondo è la famiglia, e una vera famiglia è solo quella fondata sul matrimonio, bemollizza (senza musica) il pontefice. Il resto – conviventi che ogni sera vanno a letto insieme da trent’anni, giovani che fanno l’amore e che scoprono il vero senso della vita, anziani uniti da un’improvvisa “affettuosa amicizia”, sodali per sentimento di ogni sesso, sperimentatori degli affetti, vedove che ritrovano un’anima gemella e che non hanno voglia dell’ennesima cerimonia, pazzi innamorati di ogni longitudine, innamorati pazzi di ogni latitudine età e religione – il resto, dicevamo, non conta un tubo.
Ci sarebbe di che urlare se non fosse che il senso del ridicolo ha l’obbligo di sterilizzare le parole di  chi ha l’ardire di discettare della stratosfera senza aver mai neanche guardato il cielo dalla finestra di casa. Che ne sa dell’amore quello lì? Chi gli ha dato certe dritte sulla vita di coppia?
E poi, se volete, anche dal punto di vista strettamente politico il Pontefice è perdente: il matrimonio è in crisi da decenni e ormai in Italia si separa una coppia su quattro.
Insomma, è come se Berlusconi oggi puntasse tutto sull’amministrazione comunale di Milano e pretendesse di avere ragione per diritto divino.

Lo gioia dopo la tempesta

Dopo la delusione della notte romana, ma con la gioia del risveglio milanese, mi prendo qualche giorno di riposo al di là delle Alpi.
Comportatevi bene.

Tolta Milano

Secondo il coordinatore del Pdl Denis Verdini, tolta Milano, l’ultima tornata elettorale è stata “sostanzialmente un pareggio”.
Analizzare i numeri senza pesarli, come fa Verdini, è un’operazione che comporta lo spargimento di un irritante tasso di arbitrarietà.
Però a lui questo gioco piace. E allora diamogli altri esempi su cui cimentarsi con ammirevole sprezzo del senso del ridicolo.

Tolto Horace Nelson, Trafalgar sarebbe stata un pareggio?

Tolta Hiroshima, la seconda guerra mondiale sarebbe stata un pareggio?

E tolto l’arbitro Gonella, la finale di coppa Italia del ’74 come sarebbe finita?

Vai a farti un giro

Questo Roberto Lassini mi pare un prototipo del candidato berlusconiano: impresentabile, con un passato da detenuto, fedele al tornaconto personale. L’unica cosa che lo distingue dalla melma pidiellina è che sa rendersi conto di aver sbagliato. Per questo hanno accettato in un batter d’occhio le sue dimissioni.