Voglia di novità

Matteo Renzi primo ministro.
Arisa vincitrice di Sanremo.

Se anche fosse viceversa, questo Paese non avrebbe sussulti.

Cosí, per dire (e ricordare)

Renzi Berlusconi

Era solo il 30 agosto 2013.

Sbadigli

Scampoli di informazione che filtrano nell’eremo di una vacanza. Tg3 delle 19: il povero Bersani colto da malore e liquidato in un paio di minuti, poi servizio con immagini di Renzi sorridente che ironizza su Fassina (e ce ne vuole a ironizzare su uno come Fassina, più facile ridere di un tronco di quercia arrostito da un fulmine), Fassina che replica a Renzi con immagini di Renzi in bicicletta (o Renzi pedala più di Gimondi o l’archivio del Tg3 è in piena sindrome da loop), Letta che risponde a Renzi con immagini di Renzi con e senza Letta (Renzi è comunque sorridente come da contratto con gli incolpevoli sostenitori che brillano di sorriso riflesso). Morale da estemporaneo eremita: ai tempi di Berlusconi i Tg procuravano solenni incazzature, oggi ai tempi di Renzi e del neo edonismo sinistrorso, i Tg procurano noia.

Mancano solo i tartari

 

Le lezioni americane

Una buona notizia. Il centrosinistra sembra aver finalmente capito che le primarie non sono uno strumento di faida, ma un’occasione di crescita, di ostentazione di democrazia se vogliamo.
La mano tesa di Bersani a Renzi in risposta all’apertura di quest’ultimo dopo la sconfitta, è un raggio di sole nel buio della politica italiana. Gli ingranaggi dei partiti hanno bisogno di una buona passata di lubrificante: serve innanzitutto un rinnovato collegamento con la base elettorale che si illude di contare ancora. Le primarie sono preziose in quest’ambito. Non a caso negli Stati Uniti, dove sono state inventate, servono non a dividere ma a consolidare. Ci si affronta più o meno lealmente, si va allo scontro nell’interesse del Paese, si rispetta il verdetto dell’elettorato e alla fine si lavora tutti insieme. Finora dalle nostre parti non girava esattamente così: le divisioni restavano dopo il verdetto popolare e anzi si accentuavano quando c’era da costruire la squadra del vincente.
Oggi pare che i due nemici, anzi “nemici”, abbiano imparato la lezione americana. Il vincitore recluta lo sconfitto, lo sconfitto appoggia il vincitore.
E’ un ottimo spunto di sogno davanti a un centrodestra che non sa ancora svincolarsi dal padre padrone. E’ l’occasione inseguita dopo vent’anni di quel crudele masochismo intellettuale che trasformava in sconfitte anche i gol a porta vuota.

Il sindaco che fa il sindaco

Il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, ha deciso di mandare in strada trenta dipendenti comunali per raccogliere le segnalazioni dei cittadini, per controllare che tutto funzioni al meglio, per monitorare lo stato di salute della sua città. Delegare, responsabilizzare, partecipare sono atti di buon auspicio quando si inseguono sagge decisioni.
Non conosco Matteo Renzi, né sono in grado di scommettere sulla sua capacità di amministratore. Però sono lieto di vedere che c’è ancora qualche sindaco che fa il sindaco.