Una storia italiana

Silvio Berlusconi da "Chi"
Silvio Berlusconi da "Chi"

L’attimino fuggente

di Giacomo Cacciatore

Il premier invoca (anzi, pretende, con i modi morbidi con i quali sa pretendere) la riservatezza sulla sua vita privata. Ringhia al distinguo tra l’uomo e il politico, due identità separate che quei dannati comunisti stanno cucendo insieme – ad arte e a suo danno – come novelli Frankenstein, nel loro laboratorio segreto in via Cristoforo Colombo in Roma: una sentina chiamata “La Repubblica”, calderone di veleni della volontà popolare. Lo conforta la presenza di un Igor venduto alla sua causa, tale Minzolini. Insieme ad altri e più scontati automi: Cicchitto, Ghedini, Capezzone (quest’ultimo frutto di un esperimento di politica “frankensteiniana” a sua volta).
L’uomo è una cosa. Il politico un’altra. Certo. Però io ricordo di aver ricevuto anni fa a casa mia (e di mia madre) un opuscolo intitolato “Una storia italiana”. Vi si raccontava la vita di Silvio Berlusconi, con uno stile a metà strada tra i giornaletti di Dianetics (non so perché, ma pensai immediatamente alla celebre istantanea di Ron Hubbard con il cappello da ammiraglio sul ponte di una nave) e i dépliant delle agenzie immobiliari. Non c’era una pagina, in quel giornalino di propaganda, che non avesse un taglio personale, e dunque potenzialmente privato;  non un rigo o una fotografia che non contenesse informazioni sull’uomo, sulla sua famiglia, sulla sua origine e sulla sua ascesa, sui fiori che gli piaceva avere in giardino; tutto in previsione di un culto che sarebbe stato. Lo usai, stupido io, come lettiera per il gatto: la stessa sorte che riservo a “La torre di guardia” e alle pubblicità dei discount. Chi lo avesse conservato, se lo tenga stretto. Potrebbe essere un argomento di conversazione per una cena in piedi. Magari in presenza di qualche fedele del cavaliere, che insista: l’uomo è una cosa, il politico un’altra.

Messina a Palermo

Pare che da settembre Sebastiano Messina sostituirà Enzo D’Antona come capo della redazione di Repubblica-Palermo.

Neologismi come pallottole

repubblica

Quelli di Repubblica non lesinano gli sforzi nello scontro finale contro Berlusconi. E per non intaccare la riserva delle munizioni di parole, ne fabbricano di nuove.

Fino a qualche tempo fa

L'illustrazione è di Gianni Allegra
L'illustrazione è di Gianni Allegra

L’attimino fuggente

di Giacomo Cacciatore

Fino a qualche tempo fa  non nutrivo un’eccessiva simpatia per Michele Santoro. Lo trovavo  istrionicamente fazioso.
Fino a qualche tempo fa non nutrivo un’entusiasmante simpatia per il quotidiano “la Repubblica”. Pur avendo a lungo collaborato con l’edizione palermitana dello stesso giornale (o forse proprio per questo), lo trovavo snobisticamente fazioso.
Fino a qualche tempo fa giuravo a me stesso che non sarei mai stato fazioso. Mi sembrava un atteggiamento da ragazzino dei centri sociali (luogo che ho spesso frequentato), legato a slogan facili e digiuno di senso critico indipendente.
Fino a qualche tempo fa non avrei mai creduto che essere faziosi potesse diventare, nel nostro paese, qualcosa di più che una posa, ovvero un’esigenza, un’urgenza, una necessità.
Fino a qualche tempo fa, non avrei mai sognato, nemmeno nei miei incubi peggiori, di sentire la voce critica del mio paese ridotta a pochi solisti testardi (e, visti i tempi, coraggiosi o incoscienti). Tra questi un giornalista televisivo, un giornalista-saggista, un vignettista satirico e una sola, agguerrita testata di giornale.
Da qualche tempo sono fazioso, ricompro “la Repubblica” e non mi perdo una puntata di Annozero.

Domande (di moda)

domande

Grazie a “la Repubblica” le domande sono tornate di moda. Ed è un segno di decadenza morale che si debba inquadrare come trend qualcosa che dovrebbe essere naturale.
Chiedere è umano, non farlo è umanamente preoccupante.
Comunque, ecco le mie domande. Fatene quel che volete.

  1. Com’è possibile che un dittatore venga in Italia a dare lezioni di storia e di democrazia?
  2. Su quali basi una facoltà universitaria ha proposto per quel dittatore una laurea honoris causa in giurisprudenza?
  3. Perché a Niccolò Ghedini devo pagare lo stipendio di parlamentare quando ha già quello che gli versa il presidente del Consiglio (che a sua volta è pagato da me)?
  4. Perché il logo per promuovere l’Italia nel mondo non è scritto in italiano?
  5. Quale mente insana può ritenere che una legge che imbavaglia i giornali sia fatta nel nome del popolo?
  6. Quali sono, se ci sono, le ragioni intelligibili del senatore Enzo Galioto sulle ruberie dell’Amia di Palermo?
  7. Come si fa a spiegare a un amministratore pubblico/esponente politico che quando un privato cittadino gli rivolge una domanda, lui è tenuto a rispondere per il semplice fatto che chi gli sta parlando è il suo datore di lavoro?

Il clan

Il maestro Giacomo Cacciatore mi ha onorato ieri con una bellissima citazione su Repubblica Palermo. Colgo l’occasione per ringraziarlo pubblicamente, anche se molti in questo blog sanno che siamo amici e che professionalmente ci stimiamo a vicenda. Certo, poi qualcuno ci accusa di fare clan, ma chi se ne frega…

Idee chiare

corriererepubblica1

Il Corriere della Sera e la Repubblica riescono a dare versioni opposte pur citando la stessa fonte.

Grazie a La contessa.

Menzogne istituzionali

Secondo il ministro Gianfranco Rotondi, Silvio Berlusconi “cavalca l’anti­politica alimentata dalla sinistra e dai poteri forti. E’ la sua specialità: gli avversari gli preparano la corda e lui gliela avvolge intorno al collo. Vedrete che anche la doppietta Noemi-Mills elettoralmente farà male a chi l’ha sparata”. L’accatastarsi di due metafore (la corda e la doppietta) in poche righe è nulla in confronto all’affollamento di sigle partitiche che caratterizzano l’anagrafe politica del signor Rotondi: Dc, Ppi, Cdu, Udc, Fi, Cdl, Dca, Pri, Mpa (in ordine sparso dato che per rispettare cronologia sarebbe necessario un doping estremo). Il ministro in questione, titolare del dicastero dell’Attuazione del programma (come dire, un ministero della lubrificazione, della catena di montaggio delle intenzioni, della solidità delle promesse), è famoso per una sua dichiarazione: “Colpire un pm per educarne altri cento”. Un appassionato di gradevoli metafore, insomma.
Ora, davanti alle nuove rivelazioni sui trastulli del suo capo, chissà cosa tirerà fuori. Che la festa di capodanno del signor B. con quaranta ragazzine in Sardegna era un seminario di autocoscienza politica. Che le telefonate private del signor B. con una minorenne erano un espediente per stare a contatto col mondo dei giovani. Che l’interesse del signor B. per il discinto book fotografico di una giovincella qualunque era alimentato da sincero altruismo.
Però – lo capisco – queste non sarebbero metafore, bensì semplici, umanissime bugie. E Gianfranco Rotondi infatti non scende nei dettagli. Mica fesso: per le menzogne istituzionali ci vuole ben altro che un ministro alla lubrificazione.

Noemi al tavolo d’onore

E così Noemi e la mamma erano anche alla festa del Milan nel Natale scorso. Ovviamente al tavolo con Confalonieri. Alle dieci domande di Repubblica io ne aggiungerei un’undicesima: qual è il nomignolo con cui la ragazza chiama il fido Fedele? Popi? Fuffi? Confi? Zio?

Le risposte di Berlusconi

La vignetta è di Gianni Allegra
La vignetta è di Gianni Allegra

di Roberto Torta

1) Quando e come Berlusconi ha conosciuto il padre di Noemi Letizia, Elio?
Avevamo lo stesso parrucchiere.

2) Nel corso di questa amicizia, che il premier dice «lunga», quante volte si sono incontrati e dove e in quale occasioni?
Dall’estetista. Dal podologo. Al solarium. Anni e anni di centri estetici.

3) Ogni amicizia ha una sua ragione, che matura soprattutto nel tempo e in questo caso – come ammette anche Berlusconi – il tempo non è mancato. Come il capo del governo descriverebbe le ragioni della sua amicizia con Elio Letizia?
Una gioia.

4) Naturalmente il presidente del Consiglio discute le candidature del suo partito con chi vuole e quando vuole. Ma è stato lo stesso Berlusconi a dire che non si è occupato direttamente della selezione dei candidati: perché farlo allora con Letizia, peraltro non iscritto né militante né dirigente del suo partito né cittadino particolarmente influente nella società meridionale?
Perché aveva uno sguardo pulito. E ottimi capelli.

5)Quando Berlusconi ha avuto modo di conoscere Noemi Letizia?
Nel 2000, a Eurodisney.

6) Quante volte Berlusconi ha avuto modo di incontrare Noemi e dove?
Una volta sulle montagne russe. Un’altra volta mentre giocavamo a mosca cieca. E poi nascondino, strega comanda colore…

7) Berlusconi si occupa dell’istruzione, della vita e del futuro di Noemi. Sostiene finanziariamente la sua famiglia?
A Noemi compro la pizzetta durante la ricreazione.

8) E’ vero, come sostiene Noemi, che Berlusconi ha promesso o le ha lasciato credere di poter favorire la sua carriera nello spettacolo o, in alternativa, l’accesso alla scena politica e questo «uso strumentale del corpo femminile», per il premier, non «impoverisce la qualità democratica di un paese» come gli rimproverano personalità e istituzioni culturali vicine al suo partito?
Volevo che diventasse opioninista da Santoro.

9) Veronica Lario ha detto che il marito «frequenta minorenni». Al di là di Noemi, ci sono altre minorenni che il premier incontra o «alleva», per usare senza ironia un’espressione della ragazza di Napoli?
Sì, ma solo il sabato. Ai giardinetti.

10) Veronica Lario ha detto: «Ho cercato di aiutare mio marito, ho implorato coloro che gli stanno accanto di fare altrettanto, come si farebbe con una persona che non sta bene. E’ stato tutto inutile». Geriatri (come il professor Gianfranco Salvioli, dell’Università di Modena) ritengono che i comportamenti ossessivi nei confronti del sesso, censurati da Veronica Lario, potrebbero essere l’esito di «una degenerazione psicopatologica di tratti narcisistici della personalità». Quali sono le condizioni di salute del presidente del Consiglio?
Sprizzo di letizia.