La certezza che vacilla

Da Fròmista a Carriòn de los Condes
Da Carriòn de los Condes a Ledigos.

Crollo delle certezze? Ti svegli, barcolli sino a un simulacro di bar, ingolli le calorie necessarie per una giornata di sudore e fatica, ti carichi lo zaino in spalla. E prima che tu possa fare il primo passo, un furgoncino con la scritta “Caminofacil” accosta al portoncino del tuo B&B e ritira due zaini e quattro trolley giganti. È un servizio abbastanza noto tra chi si cimenta nei vari Cammini e consiste nel trasporto del bagaglio in modo che il pellegrino\camminatore possa fare il suo itinerario senza pesi sulle spalle. Che non è come fare le escursioni con la bici elettrica, godendo di una legittima seppur snaturante agevolazione, ma peggio. La voce più oltranzista del mio spirito di avventura dice che lo zaino è parte integrante del viaggio e mollarlo significa barare. Quella più trasversale dice: magari!

Ne scrivo da anni, lo zaino è il pegno e il bottino di un camminatore. È casa e fuga, è peso e sicurezza, è espiazione e crocifisso. Non potrei mai immaginare una scorciatoia fisica così sleale (io che odio le scorciatoie). Eppure. 
Eppure oggi nel famoso tratto di cui vi avevo detto qualche giorno fa, senza un albero senza una fonte senza un paese, un miraggio mi ha colto. Un miraggio di undici lettere: Caminofacil.

Era stata una tappa complicata. Con tripla scorta d’acqua cioè con tre chili in più sul groppone. Con una linea di orizzonte ingannevole che ti dice che tutto è vicino mentre non è manco a portata di maledizione. Con un misto di terra-sassi-sassi-terra che ti ricorda che le caviglie sono articolazioni misteriosamente connesse ai centri della tua sopportazione che non hanno a che fare con muscoli e tendini ma con parti meno descrivibili.
Le certezze vacillarono sino all’arrivo a destinazione, Ledigos, un non paese basato su un paio di albergue (e ovviamente una chiesa) con trionfo di cene comunitarie, dove la temperatura garbatamente alta ti induce all’unica tentazione accessibile: la cerveza 1906 per la quale ho una passione inconfessabile e alla quale devo il punto finale di queste righe.  

P.S.
La foto di questo post non a caso è simile a quella del precedente: siamo nella stessa regione, ma il terreno si asciuga sempre più.

12 – continua

Miraggi

Da Burgos a Hontanas.
Da Hontanas a Fròmista.

Spesso quando pensiamo alla nostra infanzia – e mi rivolgo a miei coetanei con un’oscillazione di dieci anni in più o in meno – il primo riferimento quasi istintivo è ai giochi per strada. Le nostre generazioni sono state le ultime a giocare a pallone sotto casa, a nascondino tra le auto parcheggiate, a muffa 21 nelle piazze di quartiere e così via. In “Cenere” c’è proprio un capitolo in cui il personaggio racconta la sua infanzia di strada con le sue regole (quando passava un’auto si fermava il gioco e nessuno barava) e le attrezzature (gli zaini o i maglioni impilati per fare le porte dell’immaginario campo di calcio).

È un pensiero che mi è tornato in mente in questi giorni di cammino tra i rari paesini delle mesetas spagnole: minuscoli centri senza auto dove i ragazzini giocano nei vicoli e abbandonano le bici per andare a pranzo senza paura che gliele freghino. Ecco, la bici lasciata così, incustodita, fa schizzare il mio tasso di nostalgia per quelle epoche che sembrano paleolitico e invece sono solo umanissimo serbatoio di sentimenti ed emozioni analogiche.
A impastare questi pensieri e soprattutto a cuocerli per bene sono stati gli oltre 65 chilometri macinati in due giorni, su altopiani martellati dal sole e sentieri di pietre e terra. Terra leggera che si alza a ogni passo e che si infila dovunque: te la ritrovi dove meno te l’aspetti e i primi minuti sotto la doccia sono sempre imbarazzanti. 

In questa parte del Cammino Francese gli alberi  diminuiscono di giorno in giorno. C’è una tappa addirittura, prevista tra due giorni, in cui la guida e le mappe indicano con precisione il chilometro in cui si troveranno alcuni pioppi e una quercia. E poi nulla.
La stessa guida avverte di fare attenzione perché “in questi luoghi le illusioni ottiche sono frequenti ed è spesso difficile calcolare le distanze”. Il che non mi scoraggia, anzi. I miraggi non ci hanno mai condotti alla meta, ma probabilmente senza un miraggio molti di noi non si sarebbero mai messi in viaggio. 

11- continua