Il meno bello della diretta

Diretta facebook

Facebook pullula di dirette web. Neanche il tempo di aggiornare la timeline che ti spunta una diretta sul tramonto di Monte Pensatè, incardinata tra una diretta su come si cucina la pasta con le sarde e un’altra su quello che si leggerà domani sul giornale. In quest’abbuffata di immagini sgranate, in questo groviglio di auricolari, in quest’orgia di byte senza padrone, c’è tutto il paradosso dei social e del loro pubblico distratto. Facebook non è più lo strumento per comunicare, ma il regista della comunicazione stessa che impone nuove strategie. Strategie che pochi hanno studiato (e magari capito), ma che tutti sposano ciecamente. Perché si deve fare e non farlo significherebbe rinunciare a una possibilità.
Le conseguenze sono due.

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L’atroce assassinio del tempo libero

coppia-smartphone

Avvertenza: probabilmente le considerazioni che seguono le avrete fatte prima di me milioni di volte.
Giustificazione: io provo a metterle in rapida concatenazione in modo da fare una sintesi che, chissà mai, potrebbe essere persino utile.
Argomento: nuove tecnologie.
Ambito: la nostra vita sociale.
Categoria: solite cose che non dovrebbero essere le solite cose.

Da quando i telefoni non sono più telefoni, i computer non stanno più soltanto nella scrivania dell’ufficio, e le informazioni non vengono più da mezzi certificati, la nostra vita, anzi la nostra esistenza, è irrimediabilmente stravolta.
Se pensate a come eravamo dieci anni fa – non dico venti e figuriamoci trenta, ma dieci – avete tutti i motivi per ritenere di essere stati catapultati in un pianeta diverso.
Non mi dilungo negli esempi che animano catene di solidarietà nostalgica sui social (tipo: “Come eravamo”, o “Hai quarant’anni se…”, o “Sei un perfetto cinquantenne?”), ma vado al sodo. Continua a leggere L’atroce assassinio del tempo libero

La sveltina su Facebook

falegname

L’Italia sarebbe un Paese migliore se ognuno facesse SOLO quello che sa fare. E null’altro.

Ho scritto questa frase sui social e qui voglio spiegare meglio, avendo qualche riga in più a disposizione.
Per convergenza astrale, in seguito alle rivoluzioni economiche e alle conseguenti evoluzioni del mercato del lavoro, abbiamo tutti imparato a lavorare in modo diverso. Nel mio piccolo mi ero portato avanti e avevo cambiato regime, non senza correre rischi, qualche anno prima dei capovolgimenti della New Economy, ma questo non è importante. Importante è invece l’effetto che la crisi ha avuto su una fetta del mondo produttivo. Improvvisazione, mancanza di concentrazione, dilettantismo dilagante: molti si sono reinventati qualcun altro o qualcos’altro senza pensare che era il proprio talento quello che dovevano mettere a buon frutto. Non dovevano far altro che assecondare un’inclinazione. E invece hanno assecondato l’onanismo da tastiera. Il web infatti, a parte i grandi meriti di cui sappiamo, è stato anche un catalizzatore organico di cazzate.
Pensiero diffuso: siccome su internet io posso avere la stessa visibilità di Barak Obama (digito ergo sum) perché non devo parlare come Barak Obama? Da lì, il baratro. Continua a leggere La sveltina su Facebook

Dare dell’idiota a chi lo è

foto facebook

Facebook e il fattore prociutto

ProsciuttoFacebook non è un gioco, è una crudele macchina della verità. Con la scusa del cazzeggio, della celebrazione quasi onanistica dell’inezia, della collezione di amicizie, del voyeurismo camuffato da curiosità, del collegamento perenne e del gusto un po’ sordido di conoscere i fatti degli altri, il social network assolve una funzione cruciale nel sistema di relazione tra individui dotati di connessione internet: ci mostra per ciò che effettivamente siamo.
Altro che realtà virtuale, che mondi paralleli: è su Facebook che si scopre ciò che per una vita, sciaguratamente analogica, abbiamo cercato di nascondere.
Metti, ad esempio, l’ignoranza. Prima dell’avvento di smartphone e di tablet, se scrivevamo prociutto sulla lista della spesa, nessuno ci avrebbe riso dietro. Oggi invece è tutta un’altra storia. Sul prociutto ci costruiamo un bel post adeguatamente ricco di svarioni e magari ci mettiamo pure la foto della nostra faccia mentre addentiamo il panino col salume in questione, in modo da associare definitivamente una cazzata al suo autore.
Non domi, pensiamo di dover dire la nostra su tutto giacché il prociutto è solo uno spuntino dinanzi allo scibile umano da social network. Dalla crisi siriana a quella sentimentale di nostra sorella, dalla squadra del cuore a quella di governo, dalla celebrazione dei sentimenti a quella del cattivo gusto, e poi vendette, invidie, necrologi, felicitazioni, notizie, abbordaggi, desideri, frustrazioni, aneliti e maledizioni: si scrive di tutto orgogliosi di sapere nulla, bastano un polpastrello e un barlume di idea.
L’altro giorno ho letto un tale, che conosco da millenni e di cui ho sempre apprezzato la sobria (ed epica) incultura, che citava Proust (scritto in modo corretto grazie al salvifico copia e incolla) e non provava nemmeno vergogna a umiliarsi così. In altri tempi, il tale in questione avrebbe infatti usato Proust come spunto di valorizzazione delle proprie origini umili. Tipo: “Io le cose le vedo dal punto di vista dell’uomo della strada. Non è che sono Prust o come minchia si chiama…”. E invece eccolo lì a insidiare telematicamente una tipa dal profilo scollacciato con argomenti di terza mano che al confronto l’abbordaggio alla fermata del bus è roba da galateo.
Siamo passati dall’epoca in cui non scriveva nessuno a quella in cui si è nessuno se non si scrive. O si finge di scrivere. C’è uno che per dare il buongiorno alla sua timeline, copia e incolla il buongiorno del giorno precedente, refusi inclusi. Risultato: un elenco interminabile di strafalcioni che rivela dell’autore molto più di quanto lui stesso vorrebbe. L’altro giorno l’ho incontrato per strada e l’ho visto sotto una luce diversa. Non lo immaginavo capace di tanta banalità.

La spiaggia, l’amore e il vortice dei social

Ciao Ada, ieri ti ho rivista dopo più di trent’anni. Eri sdraiata in spiaggia a Mondello e parlavi al telefono con una tua amica: ti lamentavi della tata inglese che dovrebbe insegnare le lingue ai tuoi due figli e invece se ne sta tutto il pomeriggio davanti alla tv. Come lo so? Me lo hai detto tu, anzi ce lo hai detto tu a tutti quanti, nel raggio di duecento metri, dato che il volume della tua voce non era certo da bisbiglio. Volevo avvicinarmi per salutarti ma, visto che eri impegnata, ho preferito rimanere in disparte. Continua a leggere La spiaggia, l’amore e il vortice dei social

Se il Paese reale se la ride del web (e di tutti noi)

La rinascita di Berlusconi era inaspettata. Dovunque, principalmente sulla gogna di Twitter e sulla piazza di Facebook, le sue sparate suscitavano migliaia di battute e reazioni di scherno che sembravano aver sterilizzato l’elettorato dalle facili promesse e dai guizzi del grande giullare.
E invece i risultati sono stati quelli che conosciamo.
Da giorni i migliori analisti s’interrogano sulle doti del Grande Comunicatore e sulla ruffianeria dei suoi programmi televisivi – quello di Barbara D’Urso su tutti – ma risparmierebbero tempo e fatica se rivolgessero la loro attenzione esclusivamente al web. Dal web infatti sono venute le illusioni ottiche, le false prospettive, le congetture secondo le quali Berlusconi era spacciato. L’ironia di internet ha gonfiato le gote del pagliaccio senza depotenziarne la capacità di fare proseliti. E perché?
Perché l’Italia vera non è quella che sta in rete. Perché, checché ne dica Grillo, il web non è il termometro di un Paese con la febbre alta: è solo uno sfogatoio in cui la maggior parte delle persone non è disposta a mettere in atto neanche l”uno per cento di quello che promette a followers e sodali telematici. E poi arrendiamoci all”evidenza: chi si prende la briga di smanettare dietro a un computer ha un senso critico che non è quello dominante. Il Paese che conta è quello che va a votare aspettandosi l’immediata restituzione dell’Imu con gli interessi, è quello che il pc non sa cosa sia, è quello che si pianta davanti a Pomeriggio Cinque rincoglionendosi con le faccine della conduttrice. Tutti noi, in queste pagine virtuali, ci illudiamo di fare massa, soprattutto massa critica e invece siano solo una massa lasciata all”ammasso.
Il Movimento 5 stelle è una minuscola eccezione di fronte al dilagare delle chiacchiere inconsistenti della rete e sul fenomeno ha un”incidenza minima: quella di Grillo è una vittoria concreta, internet c”entra poco o nulla.
Su Twitter ci ammazziamo dalle risate prendendo in giro i potenti e chi gli va appresso, ma al confronto siamo quattro gatti spelacchiati e pure un tantino sfigati. Immaginate le risate che adesso si stanno facendo tutti quelli che hanno portato di nuovo Scilipoti in parlamento, Berlusconi in auge, Bersani sull’orlo della depressione e Ingroia nella pensioncina vista mare a giocare a briscola con Di Pietro.

La senatrice, Facebook e il perizoma

In questa e-mail la senatrice Dorina Bianchi chiede un aiuto per dare più visibilità alla sua pagina Facebook.
Visibilità che la Bianchi merita tutta dato che non c’è spazio dell’arco costituzionale che lei non abbia visitato. E’ stata col CCD, con l’UDC, con la Margherita, col Partito Democratico. Poi è tornata nell’UDC e infine ha ritrovato se stessa nel programma del Popolo della Libertà. Una maratoneta della coerenza.
Ma soprattutto è giusto cliccare su “mi piace” per la sua dichiarazione politica di maggior spessore rilasciata a un giornalista di Chi: tra il perizoma e gli slip preferisco il perizoma.

Se l’infinito avrebbe dei confini…

Jessica Cerniglia è una siciliana che di professione fa la “corteggiatrice” nel programma Uomini e Donne. I bene informati mi dicono che è assurta agli onori delle cronache grazie a una presunta notte d’amore con il tronista Francesco Monte, fidanzato di Teresanna Pugliese. Insomma, ci sono tutti gli elementi per un’interessante disputa tra intellettuali.
Ah, Jessica fa anche la “ragazza immagine” e si è auto-incoronata col nome d’arte di Jessibel Armani.

Sul suo profilo Facebook è spiegato il motivo del suo successo.

Ci sono giornali

Ci sono giornali che, come ha fatto il Giornale di Sicilia un paio di giorni fa, annunciano tardivamente una svolta moderna, telematica, supergiovane.
Il succo del discorso è questo: siccome c’è la crisi e non ci possiamo fare niente, siccome c’è internet e non ci possiamo fare niente, siccome siamo comunque bravi anche se perdiamo milioni di copie e non ci possiamo fare niente, noi che siamo moderni, telematici e supergiovani vi regaliamo un giornale sempre “più nuovo”.
E in cosa consiste la novità? Continua a leggere Ci sono giornali