Cattivi maestri

L’articolo pubblicato su Repubblica Palermo.

È penoso e anche un po’ irritante vedere brandito ogni giorno l’articolo 21 della Costituzione come arma di difesa per tesi sempre più impervie. Il professore universitario che accosta con disinvoltura i vaccini al dramma di Auschwitz per ribadire il suo no al green pass si difende sguainando la libertà di pensiero e di parola e però si dimentica di collegarli saldamente tra loro. In un cortocircuito logico finisce per togliere valore al suo ragionamento che vorrebbe prendere il volo ma si schianta sulle reti del cattivo gusto. Incidenti, si dirà. Può capitare e in tal caso basta ammettere l’errore e correggere il tiro. Invece no. Nella foga anti-tutto dove c’è sempre un disegno chiaro solo a loro, gli altri quelli che sanno, e una grande volontà deviata di cui noi poveri imbecilli non ci accorgiamo o peggio siamo complici, il gioco di questo popolo di no-vax in pectore (perché non si dica che sono no-vax ma non gli si chieda nemmeno se sono vaccinati) è sempre al rialzo. Il no al green pass non è ideologico, né scientifico (nonostante molti di loro si mostrino campioni di virologia da tinello): è psicologico, anzi economico, anzi gestionale. Nel caso dei (pochi) professori palermitani che hanno firmato il “manifesto” contro la regolamentazione degli accessi all’ateneo in èra di pandemia si assiste a un orgoglioso moltiplicarsi di competenze utili per discettare operativamente di vaccini e affini: economia, psicologia, e chi più ne ha più ne metta.

Solo che c’è differenza tra mettersi al servizio e mettersi di traverso. Soprattutto quando, come nel caso del professore del tweet su Auschwitz, la stessa puntualizzazione “si trattava di provocazione” la dice lunga sulla lucidità del ragionamento: la provocazione che ha bisogno di puntualizzazione nel migliore dei casi è una gaffe.

E poi il pistolotto sulla libertà. Se proprio non potete risparmiarci le lezioni non richieste sulla libertà, specialmente quella applicata alle opinioni spalmate sui social, fate finta di aver capito che non esiste libertà senza responsabilità. I giovani sono la risorsa più importante che abbiamo. La scuola e l’università sono i luoghi in cui, come cantava Eugenio Finardi, si dovrebbe “insegnare a imparare”. Che lezione è quella che mistifica il concetto di libertà, equiparandolo a “io scrivo e dico quello che voglio”?

In una società sempre più polarizzata, per effetto soprattutto degli algoritmi di Facebook e vari, i giovani vanno salvaguardati dalla tentazione di considerare che il modo migliore per aver la meglio in una discussione sia quello di evitarla. La libertà di parola è troppo importante per finire impigliata nelle tesi sgangherate di quattro anti-vaccinisti più o meno rivelati e inconsapevoli del fatto che la lateralità di pensiero funziona sin quando non si deraglia.
Verrebbe da dire: non si scherza con le provocazioni. Ma qui purtroppo non c’è scherzo. E la provocazione è solo uno schizzo di cattivo gusto.

Il green pass e l’acqua alla gola

L’articolo pubblicato su Repubblica Palermo.

C’è qualcosa di allarmante nell’appello firmato dai docenti universitari di Palermo contro il green pass obbligatorio all’ateneo. Ed è qualcosa che ha a che fare col ruolo formativo, cioè con quella sorta di arte che un professore infonde nel suo allievo: il saper imparare nel rispetto degli altri. Il “rispetto” è fondamentale giacché introduce un concetto di reciprocità che gran parte delle enclave culturali estremiste (di ogni tempo e latitudine) hanno calpestato nel nome di un sapere egoistico, univoco.

Insomma fa impressione leggere la disamina strampalata degli effetti scientifici del vaccino anti Covid fatta da un professore di economia. Come se l’università non fosse il luogo della competenza specifica, della sacralità della specializzazione, questi signori brandiscono il concetto di libertà facendone un uso maldestro. Diciamolo chiaramente: non si può esercitare in modo stravagante il diritto al dubbio se si è con l’acqua alla gola. La Sicilia è in una situazione disperata anche per colpa di chi non si è vaccinato. E questo è un fatto incontrovertibile, certificato da chi ne ha titolo: medici ed esperti di virus. Non sociologi, non economisti. A nulla serve il solito refrain che questi signori usano per distinguersi dalla canea dei negazionisti. “Non siamo no vax” è come “ho tanti amici gay”: un modo di travestire da argomentazione colta un’incoerenza di cui, molto probabilmente, non si trova la forza di vergognarsi. Ora è il momento della chiarezza, in vista di nuove probabili tenebre. Accettare il green pass non è segno di sottomissione, ma di civiltà. Il che non vuol dire che si debba abolire il dibattito sul tema, ma che debba parlare solo chi è titolato. I pozzi della ragione sono già a secco, evitiamo gli avvelenatori.

Il desiderio di Ragazza X

Qualche anno fa l’attore porno James Deen ha girato un film con una ragazza che era una sua fan. La chiamava Ragazza X. Non era una novità. Spesso Deen – che in passato è stato accusato, ma poi prosciolto, per stupro – si è concesso alle sue ammiratrici. Metteva su una specie di contest sul suo sito e chi vinceva…
In realtà i video di questo genere hanno poco a che fare con il sesso poiché si tratta di filmati in cui prevalentemente si parla, si filmano le titubanze e comunque se sesso ci sarà, sarà solo un dettaglio. Perché il clou della discussione è “voglio fare sesso con te, ma non voglio mostrarlo al mondo”. Di questo argomento ha scritto qualche mese fa la scrittrice Katherine Angel sul Guardian analizzando il “presunto desiderio di una donna che, anche se si manifesta una sola volta, per un solo uomo, la rende vulnerabile. Come se il suo desiderio non la rendesse più degna di protezione”.
È un tema, generale, e applicabile a tutto il ventaglio di scelte della nostra socialità.
Desiderare è scoprire il fianco?
Auspicare significa necessariamente schierarsi?
Volere è per forza scegliere?
Pensate alle infinite declinazioni di questo argomento. Magari applicandolo al (falso) dilemma sui vaccini: mostrarsi perplessi è già un atto di imperio?
Non ho una risposta perché se è vero che domandare è lecito, spesso è anche vero che rispondere non è cortesia, ma sfogo, liberazione. Viviamo tempi complicati in cui è pericolosissimo desiderare senza filtro, in cui persino la fantasia deve stare attenta al suo genere femminile (e chi lo ha detto che non ci sia un fantasio? E chi ha scritto le regole di questa discriminazione che parte dalle vocali e finisce chissà dove?). Dobbiamo di nuovo imparare a desiderare, senza farci condizionare dal giudizio. E contemporaneamente dobbiamo stabilire un direzione coerente degli auspici, coerente con la storia, con il giudizio, con la buona creanza.

Non è sparandola grossa che si va sulla luna. O che si corona un sogno erotico.

Ciabatte e vaccini

L’altro giorno in un raro momento di relax sotto un ombrellone (ebbene sì, ogni tanto anch’io mi trasformo in un pigro ciabattante vista mare) ho sentito due signori discutere di vaccini. Erano alle mie spalle, ascritti alla categoria dei cosiddetti vicini di ombrellone: sui 40-45 anni, mediamente istruiti, mediamente impigriti dal caldo, mediamente appassionati alle vicende covidesche.
Dichiaravano di non capirci più nulla, e qui siamo in un campo abbastanza neutro. Ma poi concordavano sul fatto che nella confusione generale non ci si può schierare in alcun modo. Insomma non erano contro i vaccini, ma manco a favore. A questo punto avrei voluto intervenire per dire che sulla scienza non ci sono equivoci, o le si crede o si emigra su Marte. Per fortuna il libro che avevo tra le mani e la compagnia che rendeva il clima meno aggressivo mi hanno convinto a dedicarmi ad altro.

Però quelli continuavano.

Tutto è cambiato quando i tizi hanno cominciato ad allargare il discorso, in un’evoluzione tipica che parte dalla misteriosa sparizione delle mezze stagioni e finisce al piove governo ladro, passando per la differenza tra caldo/freddo secco e caldo/freddo umido. Dai vaccini, non so come, la discussione è arrivata ai terrapiattisti e uno dei due ha detto:

“Terra rotonda o terra piatta: che ne so io? Non so niente, chi mi dice qual è la verità?”.

Insomma, con la complicità dell’altro allegro bagnante, il tizio ha imboccato la pericolosa “terza via”, cioè in cui tutto è possibile, teoricamente anche che siamo tutti morti e che i vivi sono i morti stessi, tipo “Sesto senso” al lido Miramare.

La “terza via” è l’aspetto più inquietante del ventaglio di scemenze agitato dai no-vax: scemenze, si badi, che basterebbero da sole per autodissolversi un pozzo nero ma che, proprio perché vacanti di ogni minimo contatto con la realtà, sono quasi impossibili da estirpare. Il “che ne so io” è una pericolosa miscela di qualunquismo, egoismo e angustia mentale che supera per drammaticità sociale l’ignoranza del tale che scende in piazza agitando la foto di un ago-che-starebbe-dentro-l’ago-che-inietta-il-vaccino (una cazzata talmente enorme che è impossibile da spiegare, guardate qui). Perché vorrebbe essere deresponsabilizzazione allo stato puro e invece è il via libera alla prima panzana che atterra dal web, un vile omicidio della buona creanza.

Insomma nonostante questo attentato alla mia salute mentale in un momento di abbandono balneare, quando i freni inibitori sono bloccati dalla salsedine, ho resistito alla tentazione di alzarmi e usare le ciabatte in modo poco consono. Una parte della mia autostima mi ha comunicato che si trattava di un successo del sistema di autocontrollo ben oliato dalla mia (santa) psicologa, un’altra mi ha sussurrato di non illudermi e di considerare che invecchiare significa anche imparare a sopportare. Ommm.

Errori, che palle

Ora che siamo pronti a ricominciare dovremmo, secondo me, ricordarci alcune cose prima di mandare affanculo tutti gli insegnamenti che questa brutta storia del Covid ci ha lasciato.
1) Non è vero che si stava meglio quando si stava peggio: quando si sta peggio ci vuole poco a sentirsi meglio e non c’è vergogna a spogliarsi delle solite, trite, visioni nostalgiche del mondo e delle sue inezie.
2) Se qualcuno ci ha aiutato – noi o la nostra famiglia o la nostra azienda – va ringraziato e premiato anche dopo che la sua opera è finita. Siamo sempre prodighi di affettuosità e riconoscenza posticce quando siamo con le pezze al culo, la vera prova è esserlo quando ci siamo liberati di problemi e fardelli (su questo ho una casistica pubblica e privata impressionante).
3) La gratitudine è il miglior modo di svegliarsi la mattina. Caffè, cornetto, gratitudine… (questa è appendice del punto 2, ci tenevo a sottolineare e ribadire, non mi sono rincoglionito tranquilli).
4) La storia di pensare positivo va bene per i seminaristi e per Jovanotti. Noi comuni mortali pensiamo molto negativo ed è giusto farlo, per darsi una propulsione: l’importante è farlo in modo propositivo, per evitare brutti ceffi o strade sbagliate, magari. Pensar male non è affatto peccato e farlo con buon senso accende i sensi.
5) Una colonna sonora adeguata salva la vita. In solitudine come in compagnia. L’importante è non lasciarsela imporre, ma sceglierla ogni giorno ascoltando i suggerimenti e brandendo sempre quel minimo di indipendenza che ti consentirà, l’indomani, di goderti un eventuale errore tuo e solo tuo. Condividere gli errori è una palla mortale.

Paure, pecore, libri

Siamo anche ciò che temiamo. Ma è davvero importante avere una coerenza di timori per mantenere una conseguente linearità psicologica? Per quanto ne so, e per quanto mi è stato dato modo di capire vivendo, no. Basta buttare un occhio al passato per accorgersi che le paure sono più mutevoli di un virus e che, in fondo, è più la luce incutere timore che il buio.

Pensate che in epoca vittoriana c’era un vero allarme morale per la scoperta di come numerose donne si fossero date alla lettura di “romanzi”. Sino a qualche decennio fa (dire “nel secolo scorso” fa anziano decrepito e finche posso mi rifiuto) si temeva l’assuefazione dei giovani al gioco del flipper e addirittura al chewing gum, nonché ci si terrorizzava immaginando gli effetti che l’allora nuova televisione avrebbero potuto avere sulle menti del popolo bue. E così via: dal Boing  al telefonino, dalla Coca Cola a internet, dalla tv spazzatura ai social network.

È poco consolante ma molto istruttivo arrendersi a certe evidenze. Il vero pericolo, un pericolo che magari non è teatrale e ci coglie di sorpresa senza darci il preavviso di essere fenomeno di massa, è quello che attraversa le barriere della nostra percezione a breve distanza. Un pericolo che non dà il tempo  ai giornali di inventare o promuovere categorie (il popolo del web, la generazione jeans, i guerriglieri pacifisti, i respiriani), ma che si apposta e colpisce come un vero nemico: nel buio, dal nulla, di nascosto, facendo vittime innanzitutto tra chi lo ha intravisto per primo tramite il discredito.

Un virus.

Il meno affascinante e meno dotato di appeal tra i mostri che si potrebbero inventare, facendo le dovute eccezioni che partono da Stephen King e arrivano al Nobel che prima o poi gli dovrà essere assegnato.  

Siamo anche ciò che temiamo. Ma questa pandemia ci ha insegnato che siamo soprattutto ciò che non immaginiamo. Quindi per combattere o per prevenire, dobbiamo immaginare di più, leggere di più, studiare di più, sognare di più.

La vera immunità di gregge si raggiunge coi libri.   

La perfezione del cretino

Post poco natalizio. Ma in fondo cos’è Natale se non una parentesi? E allora usciamo dalle parentesi giusto il tempo di parlare di tale Eleonora Leoncini, consigliera comunale di San Casciano, in Toscana, responsabile della Lega nel Chianti. Questa geniale creatura di perfetta forgia leghista ha recentemente dichiarato che i morti di Covid a Bergamo erano una fake news e, dall’alto del suo scranno, ha messo in dubbio l’importanza del vaccino che proprio in queste ore arriva in Italia.

C’è un equivoco, nel quale sguazziamo da anni, in tema di libertà di opinione e cioè che ognuno possa dire la sua su ogni argomento e in qualsiasi momento. Come se ambiti, opportunità, ruoli e competenze non esistessero o fossero accessori di un giochino social tipo “che fiore sei”. Ebbene, ci si rassegni. L’impunità di sparare cazzate non è garantita da nessuna carta costituzionale, soprattutto se dalle tue propalazioni discendono azioni politiche, scelte sociali, movimenti di opinione. È il punto cruciale sul quale “l’uno vale uno” che ha portato al successo il Movimento 5 Stelle mostra tutta la sua vacua pericolosità. Lo so, vi sembrano polemiche stantie, ma l’onda lunga del disastro della deresponsabilizzazione, del trionfo dell’imbecille, della nobilitazione della minchiata non ha ancora finito la sua corsa devastante.

Quindi servono carta e penna, due strumenti antichi, per mettere nero su bianco cosa rischia di avvelenare il nostro futuro. Io lo faccio da decenni, qui e altrove: almeno prima di precipitare nel baratro potrò sciorinare una serie di nomi e link per ricordare ai sopravvissuti che il mio innato senso di inutilità ha prodotto qualche eccezione.

Scriveteli, certi nomi. Così come abbiamo fatto ai tempi di Craxi e delle grandi mangiate sul desco della Repubblica, ai tempi dell’antimafia fabbrica di carriere, ai tempi di Berlusconi e del conflitto di sex-interessi, ai tempi della baggianata dell’uomo qualunque al potere, ai tempi del Salvinismo e della scimmietta del Duce. Segnatevi tutto. Persino tale Eleonora Leoncini. Perché la perfezione esiste, anche nelle sue forme deteriori. Insomma una cretina perfetta val bene un segno sul bloc notes.     

In caso di minchiata

Siccome vedo che le minchiate sui social tornano sempre tipo maree nelle notti di luna piena, mi pregio di fornirvi un breviario (breve, manco a dirlo) su come argomentare in situazioni in cui anziché un mouse, vorreste una mazza da baseball a portata di mano.

Gli immigrati vivono alle nostre spalle.
I dati più recenti ci dicono che con i migranti l’Italia guadagna ogni anno 500 milioni: tra Irpef e imposte dirette lo Stato incassa 26,6 miliardi l’anno mentre per l’immigrazione le spese sono di 26,1.

Amazon uccide il commercio.
Invece di boicottare Amazon bisognerebbe chiedersi perché il 76 per cento delle piccole e medie imprese commerciali italiane non ha un sito di commercio online (studio politecnico di Torino).

Col Covid viviamo come carcerati.
I carcerati, quelli veri, se la passano peggio di tutti: e nella pena da scontare non sono previste la tortura e l’umiliazione. Nel mondo le persone chiuse in carcere sono quasi 10 milioni e ottocentomila (e mancano i dati di paesi come la Somalia e la Corea del Nord, mentre quelli della Cina sono buttati lì alla maniera… cinese). Secondo il World Prison Brief il numero totale è superiore agli undici milioni. Il paese con più carcerati in rapporto alla popolazione sono gli Stati Uniti: 665 ogni centomila abitanti. L’Italia è al 154° posto con 90 detenuti ogni centomila abitanti. Nel novembre scorso nel nostro paese c’erano 53.563 detenuti contro 47.187 posti disponibili. Ecco, adesso ipotizzate un distanziamento dietro le sbarre, poi fate un sospiro.

Con questi telefonini dove andremo a finire…
Dal 2007 al 2013 il mercato degli smartphone è cresciuto a dismisura. Poi nel 2017, per la prima volta, le vendite mondiali sono diminuite rispetto all’anno precedente: 1.466 milioni contro 1.470 milioni dell’anno precedente. Nel 2010 erano 305 milioni.

Palermo è uno dei Sud del mondo.
Facile da pensare, impossibile da dimostrare. Basti pensare che la latitudine di Palermo è pressoché uguale a quella di Washington e di Samarcanda. E anche con la longitudine ci sono sorprese, dato che Palermo è ad est di Udine.  

Poco innocenti evasioni

L’articolo pubblicato su la Repubblica Palermo.

Esistono molti modi di sbagliare su un tema così delicato e attuale come il rispetto delle norme di contenimento del Covid-19. E sono tutti deprecabili. Ad esempio, a chi nel tardo pomeriggio capitasse di percorrere la via Monte Ercta, la strada che da Mondello sale a Monte Pellegrino, potrebbe accadere di imbattersi in una comitiva di ragazzini che, per sfuggire ai controlli anti-assembramento, si dà appuntamento sulla piazzola panoramica che un tempo era territorio di coppiette più o meno clandestine. È un tipo proibito di assembramento – assembramento, la più attuale tra le parole un tempo desuete – che spesso è imbarazzante da censurare. Chi è stato giovane sa quanto è innaturale non far cose da giovani. I giovani non sono creature solitarie e imporre loro di esserlo è un compito da svolgere con garbata fermezza. Ai ragazzi di via Monte Ercta va spiegato che esistono libertà alle quali si rinuncia proprio per poterne (ri)conquistare di nuove.      

Errori. Tutti deprecabili, dicevamo. Ma ce ne sono alcuni più irritanti, come quello dell’immarcescibile Angela Chianello, iconica creatura della tv spazzatura foraggiata in popolarità dall’algoritmo strabico dei social. La signora del “non ce n’è Coviddi” è tornata l’altro giorno sul luogo del misfatto, la spiaggia di Mondello, e infischiandosene del semi-lockdown ha ballato con amici e sodali a favore di telecamera, tutti rigorosamente senza mascherina (probabilmente è un modo per preservare il brand). Anche questo video è diventato virale, arrivando però all’attenzione della Polizia. La Chianello si è beccata una denuncia quasi a clamor di popolo: uno di quei rari casi in cui il problema della giustizia-spettacolo non è la giustizia.