La fotogallery sulla pubblicità e il sesso pubblicata sul sito del Corriere della Sera è volgare, via Twitter Alessia Glaviano si lamenta col direttore Ferruccio De Bortoli e lui annuncia la rimozione delle foto.
Tutto in modo semplice, lineare.
Bello.
Ecco il lato utile di Twitter.
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Spread, bund, flop, sigh!
Faletti che porge l’altra guancia
Nel corso della mia carriera mi sono sottoposto diverse volte e in diversi campi alla regola delle recensioni. È lo scotto che deve pagare chi ha l’ardire di volere comunicare con la pretesa di essere ascoltato. Quando ne ho avute di buone, ho sempre sollevato un telefono o scritto una mail per ringraziare. Quando ne ho ricevute di meno buone non ho mai protestato, pensando che quelle critiche, anche solo in parte, forse me le ero meritate.
Così Giorgio Faletti, sul Corriere della Sera. Parole smentite dai fatti. E poi c’era bisogno di far finta di commemorare un morto per pubblicizzare l’uscita di un nuovo libro?
P.S.
Esattamente due anni fa – vedi un po’ le coincidenze – ci occupammo di una polemica che ha molto a che fare con tutto ciò.
La crisi della responsabilità
Che cosa penseranno in queste ore, leggendo nelle cronache delle belle imprese dell’onorevole Milanese, i suoi elettori? E che cosa avranno pensato ieri o l’altrieri gli elettori dei vari Cosentino, Papa, Brancher, Romano, e di non pochi altri senatori e deputati, a vario titolo indagati, rinviati a giudizio, condannati da un tribunale? La risposta è semplice: non hanno pensato niente. Per una ragione altrettanto semplice: perché quegli elettori in realtà non esistono.
Ieri, sul Corriere della Sera, Ernesto Galli Della Loggia riassumeva così il catastrofico risultato dell’attuale legge elettorale italiana. Come infatti sapete, i deputati e i senatori, e non solo loro, non sono scelti direttamente dal popolo, ma dai capi di partito. Ne consegue un’interruzione del rapporto tra causa ed effetto che allontana sempre più la gente dalla politica e al contempo consegna il governo di una nazione all’onanismo di un oligarca.
Non si è rappresentanti del popolo se il popolo ignora chi lo rappresenta. Se la scelta di un deputato è demandata al capo di un partito, nonostante l’esito delle urne dove pure sono contenuti nomi e cognomi, il merito oggettivo diventa il suo contrario: raccomandazione, privilegio, favore.
Il momento politico che viviamo ormai da un decennio è inquadrabile, molto sommariamente, in un ambito di crisi di responsabilità. Ci arrabbiamo se nella Finanziaria qualcuno mette una norma che non c’entra nulla coi conti dello Stato ma solo con quelli di un malfattore. Ci indignamo se in un anno di attività parlamentare la maggior parte del tempo se ne va nel discutere la riforma di una giustizia che non piace sempre al solito malfattore. Ringhiamo davanti ai palinsesti di una tv pubblica depredata delle sue forze migliori solo perché non sono allineate col potere (frase trita, lo so, ma chiara…). Ebbene, dovremmo risparmiare le forze per incazzarci a monte. Tutto ciò accade perché chi vota questi provvedimenti, di qualunque partito sia, non ha una responsabilità diretta nei confronti dei suoi elettori. Esiste solo un maledetto cordone ombelicale col leader del partito: suo è il regno, la potenza e la gloria nei secoli dei secoli.
Fai la cosa giusta
L’America può apparire puritana all’Europa, ma rispetta l’insegnamento di Thomas Jefferson, uno dei suoi padri fondatori: un uomo pubblico deve rispondere agli elettori anche della sua condotta privata. Se Strauss Khan ha fatto quello di cui è accusato, pagherà di persona.
Così ha scritto nei giorni scorsi Ennio Caretto sul Corriere della Sera, ricordandoci in fondo quello che sapevamo bene e cioé che gli Usa hanno fondato i loro pochi secoli di storia sul perfetto funzionamento del rapporto tra causa ed effetto.
Nel bene e nel male gli Stati Uniti sono il paese delle decisioni. La loro frase simbolica è: “Fai la cosa giusta”. La nostra è: “A frà, che te serve?”. Lì potere è duro, spesso crudele, e gode per sua essenza di una vastissima base di consenso, qui è in bilico tra mille compromessi e spesso, come disse un tale, logora chi non ce l’ha.
Negli Usa, soprattutto, nessun esponente politico si sogna di modificare una legge a suo vantaggio perché esiste ancora (e non solo in America, penso al Giappone ad esempio) una forte sensibilità alla vergogna. Che in Italia invece è stata abolita per decreto.
Così è la vita
Nel gennaio 1948, appena assunto al Corriere della Sera, Eugenio Montale portò un suo articolo al direttore Gugliemo Emanuel. Che diede uno sguardò e commento: “Non ci ho capito niente” e poi gettò nel cestino il dattiloscritto del futuro premio Nobel 1975 per la Letteratura. Al Corriere lavorava, già dal 1929, anche Dino Buzzati, ferocemente ribattezzato “cretinetti” dai colleghi.
Mario Cervi, giornalista, 90 anni il 25 marzo scorso.
Tenetevi forte
Oggi su Sette, l’inserto del Corriere della sera, a pagina 86 si parla di un noto matrimonio
Come si cambia
Oggi e domani il Corriere della sera è in sciopero perché il direttore ha comunicato brutalmente che i tempi cambiano mentre il cdr ha deciso di no.
Rettifica: è morto
de La Contessa
Viene da rimpiangere l’ipocrisia democristiana. O le allusioni maliziose di Cossiga, che per fortuna sta un po’ meglio.
Aldo Cazzullo sul Corriere (e sul corriere.it ancora oggi).
Oui, je suis Ferruccio de Bortoli
Il Corriere della Sera pubblica oggi una lettera aperta al presidente onorario delle Generali, Bernheim. In francese.