Perché quello a Salvini non è affatto un processo politico

Nel suo video a metà tra il Sorrentinesco e il ridicolo, Matteo Salvini dice che lo vogliono arrestare per aver fatto il suo dovere (costituzionale) cioè per aver difeso i confini nazionali. Eppure già nel 2019 lui stesso aveva sfidato la giustizia italiana dicendo “processatemi pure tanto io non cambio idea”. Ma questo è solo il riflesso dialettico della bizzarra coerenza del leader della Lega che lancia la pietra e nasconde la mano.
Il caso – qui un link utile – è quello della nave della ONG spagnola Open Arms alla quale nell’agosto del 2019 fu negato di far sbarcare nel porto di Lampedusa 147 profughi soccorsi in mare.
Senza impelagarci in disquisizioni giuridiche, senza spaccare in due il pelo della politica si capisce a distanza di un miglio marino che in questa vicenda non c’entrano nulla l’intrusione della magistratura nella politica, il complotto delle toghe rosse per rovesciare un governo di destra, l’invenzione di un crimine ad hoc per incastrare un ministro che ha fatto solo il suo dovere (e qui la presidente Meloni o è in malafede o è malconsigliata).
In realtà i magistrati palermitani stanno evidenziando come un ministro ha calpestato il diritto internazionale per far fede a una propaganda non soltanto sua ma di un intero Governo, il governo Conte con i fantastici Cinque stelle che per un certo periodo avallarono quelle scelte.

E qui va aperta una parentesi in cui la politica, sì, c’entra.

Il processo di Palermo si celebra perché nel 2020 il Senato ha concesso l’autorizzazione a procedere ribaltando la decisione dell’apposita Giunta: finì 149 a 141, con il voto favorevole e decisivo dei Cinque Stelle. Che invece pochi mesi prima, nel marzo 2019, quando ancora governavano con la Lega, avevano espresso un giudizio diametralmente opposto (Salvini non è l’unico campione di bizzarra coerenza) schierandosi contro il processo all’allora ministro dell’Interno. Eppure l’accusa era identica, sequestro di persona per aver trattenuto 150 migranti a bordo della nave italiana Diciotti, e per il quale un altro tribunale per i reati ministeriali aveva chiesto l’autorizzazione.
“In quell’occasione – ricorda oggi Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera  – i grillini affidarono la decisione al voto degli iscritti alla loro piattaforma telematica, ponendo un quesito che nei tribunali si chiamerebbe ‘domanda suggestiva’, perché implicitamente suggeriva la risposta: ‘Il ritardo dello sbarco della nave Diciotti, per redistribuire i migranti nei vari Paesi europei, è avvenuto per la tutela di un interesse dello Stato?’. Il 60 per cento disse sì, seguendo le indicazioni della classe dirigente del Movimento, e il processo fu negato”. Bastò meno di un anno e quando il sodalizio di governo Lega – Cinque Stelle fini a tarallucci e vino, i grillini ci misero poco a voltare le spalle al loro ex alleato e lo mandarono a processo a Palermo.
Va detto che quello era il periodo d’oro di Salvini, quello in cui apriva e chiudeva i porti con un tweet e si rivolgeva ai poveri migranti scrivendo frasi tipo “la pacchia è finita” (qui il pezzo che scrissi per il Foglio su “La nuova malvagità democratica”). Il suo modello vincente è rimasto sempre lo stesso, quello di un ministro che sorride nella raffica di selfie e spara battute come un liceale in gita d’istruzione sfuggito al controllo dei professori.
Va anche detto – perché la memoria purtroppo non è come la lingua che batte sul dente che duole ma se ne fotte – che era anche l’epoca del vergognoso pacchetto sicurezza secondo il quale trenta morti di fame, al gelo di una deriva in pieno Mediterraneo invernale e incazzato, costituivano una minaccia per la sicurezza nazionale.
E come se non bastasse va altresì detto che il primo a opporsi a quel decreto ingiusto e oltraggioso fu l’ex sindaco di Palermo Leoluca Orlando con una decisione di grande civiltà (e di grande spessore politico) che resta nella mia memoria e spero in quella di altri.

Tornando a oggi, e alla luce di tutto ciò, si impone una domanda: quale e dove sarebbe l’ideologizzazione in una magistratura che vuole punire un ministro che sapeva di violare i trattati internazionali con un atto di becera presunzione politica? Salvini voleva far sazia la pancia di quel paese che lo aveva votato, una pancia che se ne infischiava dello Stato di diritto e che voleva ributtare gli immigrati a mare, in barba a ogni legge di ogni paese civile. È stato Salvini a portarsi davanti ai giudici in quell’agosto 2019, consapevole di fare un atto contro il diritto internazionale, un atto di propaganda personale. Ora grida alla costruzione di un complotto, ma i mattoni li ha impilati lui.
La richiesta di condanna a sei anni della Procura di Palermo è un atto conseguente a una detestabile provocazione fatta sulla pelle dei deboli, dei disperati e dei volontari che cercano di salvare vite. Salvini se l’è cercata, irresponsabilmente come è suo costume. Ed è giusto che paghi.

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