Responsabilità

Dopo il test antidroga, ai deputati regionali non restano che le attenuanti generiche.

L’Ars delle vergogne

L'illustrazione, dal titolo "Vastasi", è di Gianni Allegra
L'illustrazione, dal titolo "Vastasi", è di Gianni Allegra

C’è un’isola incoscientemente felice in un arcipelago profondamente infelice. L’Assemblea regionale siciliana è tristemente nota per la vivacità delle sue spese in un ambito – sociale, geografico, storico, di decenza – che invece dovrebbe instillare compostezza e  sacrificio.
Quando si parla dei nostri politici, si espone il fianco alla demagogia. Ebbene, dopo aver letto l’ultima relazione sui conti del Parlamento siciliano verrebbe la tentazione di denudarsi, per esporre parti del corpo ben più espressive, oserei dire cruciali.
Il fatto è che, nonostante la crisi, gli ammonimenti internazionali, il crollo delle borse mondiali e l’implosione di quelle della spesa al supermercato, l’Ars costa sempre di più. E – ostento in modo populistico qualche centimetro quadrato in più di fianco – consuma soldi nostri.
Ci sono gli stipendi dei parlamentari che non hanno subito variazioni. Ma come? Io e molti di voi guadagniamo sempre meno da liberi professionisti (e senza attingere un centesimo dalle casse pubbliche) e loro non possono rinunciare a qualche spicciolo per indennità e rimborsi?
Ci sono decine di migliaia di euro per i corsi di lingue riservati agli ex parlamentari e addirittura 34 mila euro destinati a una non meglio precisata “Associazione degli ex parlamentari” (che fa? A che serve? Quanti pannoloni consuma?).
Ci sono i milioni per i gruppi parlamentari che, a parte essere un parcheggio di catorci socialmente inutili, dovrebbero servire anche per “l’attività di ricerca”. Mi sarebbe bastato leggere “attività di pensiero”: sarebbe stata una notizia.
C’è il “caro caffè” del servizio di buvette. Sapete quanto ci costa in più? Sessantamila euro all’anno.
C’è l’aumento delle bollette di acqua e luce: centomila euro.
E ci sono novantamila euro in più da pagare per il servizio di call center esterno che ha sostituito il vecchio centralino. Siccome la Regione ha pochi dipendenti, deve affidarsi a qualcuno per smistare il suo determinante traffico telefonico.
Se avrete la pazienza e i nervi saldi per leggere il bilancio integrale, troverete altri spunti per indignarvi.
Senza pregiudizi politici e senza dare un colore alla protesta, credo che questi signori debbano andarsene a casa. Non dovrebbe essere un movimento partitico a spazzarli via, né un’improbabile campagna di stampa (sappiamo come si muovono i giornali, specie quelli siciliani). Ma un elementare ragionamento contabile: tu costi infinitamente di più di quanto servi (da servire, nel senso di fornire servizi utili o necessari).
Vergogna!

Crisi e mignotte

Un pensiero mi ha preso, mentre mi riconnettevo col mondo dopo una breve e felice vacanza. Leggevo articoli arretrati, guardavo un tg, scorrevo qualche sito internet. Se c’è una parola che può racchiudere un panorama che parta dall’anno vecchio e arrivi all’anno nuovo, quella parola è – scusate la poca originalità – crisi.
Il pensiero che mi ha preso è stato questo: riuscirò a far quadrare i conti (almeno) nei prossimi dodici mesi? Il conforto di una consapevolezza globale dello stato di emergenza economica che da oriente a occidente allarma governi, aziende, condomini e minuscoli cittadini come il sottoscritto, non serve a nulla. Quando il male è comune, il mezzo gaudio è degli stolti: dovrebbero insegnarlo a scuola.
Serve invece una reale cultura premiale, con appendice rivoluzionaria. Traduco. Chi vale e chi ha meriti deve avere la possibilità (almeno la possibilità) di essere messo alla prova. Chi vale meno o chi gode di privilegi che non merita deve subire gli effetti di una classifica. Il caso più eclatante è quello dei parlamentari dell’Assemblea regionale siciliana che brillano per improduttività e che, in controtendenza con il pianeta che li ospita, continuano a elargirsi nuovi privilegi: recentemente si sono raddoppiati il sostegno per l’acquisto della casa (che può essere adibita anche a segreteria politica) e si sono dati un bonus di cinquemila euro per il loro futuribile funerale.
Reale cultura premiale significa, in questo caso, distinguere il consenso elettorale dai meriti oggettivi. L’esperienza ci insegna che accumulare voti non è una garanzia universale di maestria (non parliamo di onestà). Se, in tempi di crisi, i suddetti parlamentari si togliessero dalle tasche almeno cinquemila euro di benefit, a fronte di svariate migliaia mensilmente percepiti, compirebbero un atto politico di una dirompenza inimmaginabile (infatti loro non riescono nemmeno a immaginarlo).
Appendice rivoluzionaria. E se qualcuno provasse a toglierglielo, quel surplus di soldi immeritati, come reagirebbero questi squallidi figuri? Avrebbero l’ardire di scendere in piazza e di sfilare in corteo con il codazzo di auto blu, portaborse, addetti stampa e mignottone esentasse?