Quell’Italia in sala trucco

Berlusconi ci ri-ri-ripensa. Ri-ri-riscenderà in campo e si ri-ri-ricandiderà a premier.
La decisione dopo aver letto i sondaggi che danno il Pdl di Alfano in agonia. Adesso è chiaro a tutti che il partito berlusconiano è solo ed esclusivamente berlusconiano, anche in termini di proprietà. Ciò sarà di aiuto agli elettori per le prossime consultazioni. Ci sarà da scegliere tra un governo di persone scelte a seconda delle capacità e delle competenze e un governo monocellulare con Berlusconi che decide la politica economica discutendo con Marishtelle Polanco e che si muove tra gli alleati esteri sbirciando i culi di hostess e premier dame. Semplice, no?
Il capo del Pdl ha anche annunciato che provvederà personalmente al rinnovo della classe dirigente del suo partito, girando per il Paese, facendo insomma dei casting.
Temo che purtroppo ci sia già una buona fetta d’Italia in sala trucco.

 

Drammatico

Bisogna stare molto attenti con gli aggettivi. Definire “drammatico” l’eventuale taglio del finanziamento ai partiti è da incauti. Di drammatico in questa nazione ci sono molte cose, e il mio non è benaltrismo.  Se si parla di soldi pubblici c’è una parola che legittima tutto: fiducia. Quando paghiamo le tasse lo facciamo sperando che quei soldi siano ben impiegati. Il dramma, quello vero, è che finiscono in sperperi, puttane, auto di lusso, ville, viaggi, cene, diamanti e tangenti varie.
Quindi non facciamo il drammatico errore di indicare drammatici errori che in realtà sono atti di legittima difesa da altri, veri, drammatici errori.

Faccia tosta

Che in politica ci voglia una certa faccia tosta non è un mistero, e nemmeno un dramma. Dal momento che non esistono uomini per tutte le stagioni, il saper confezionare idee (anche in modo estremo) a uso e consumo dell’elettorato è per un politico una specie di patto col diavolo.
Ma il limite non può non esserci, altrimenti anche il patto più indecente e l’impegno più pericoloso – tipo ritratto di Dorian Gray – si stemperano nel crepuscolo del ridicolo.
E’ quel che accade in questi giorni al segretario del Pdl Angelino Alfano che, vittima di una grave crisi di amnesia o di qualcos’altro che non voglio nemmeno immaginare, ha derubricato la riforma giustizia a problemuccio sollevato dal centrosinistra.
Non so chi sia la mente strategica dei discorsi di Alfano – una ci sarà di certo, in politica nulla si crea e poco si autodistrugge – però siamo di fronte a un campione mondiale di faccia tosta.
Oggi Alfano dice che c’è ben altro a cui pensare che non la giustizia (e la Rai). “Parliamo di banche e di lavoro”, tuona da un tg compiacente.
Ma come, chiederebbe un italiano qualunque, voi che per vent’anni non avete fatto altro che occuparvi di lodi e scorciatoie penali, di plasmare la giustizia sulle esigenze del capo supremo, ora improvvisamente ostentate una verginità? E sempre l’italiano qualunque, se solo avesse voce, domanderebbe senza malignità: lei, Alfano, che ministero occupava sino a qualche mese fa?
Prendiamone coscienza: più di quelli dalla faccia tosta, sono i senza vergogna ad avvelenare il futuro di questo Paese.

Questo partito non è un albergo

Il fake del segretario del Pdl Angelino Alfano mi ha fregato. Ci avevo creduto e, peggio ancora, gioivo per quello che, secondo me, sarebbe stato l’hashtag del secolo: #hounpartitodaportareavanti. Peccato.

Post aggiornato dopo la sua pubblicazione.

Caccia all’intruso

Berlusconi che non va da Vespa.

Rating & Poor’s che promuove l’Italia.

Alfano che non vuole parlare della Giustizia.

Bersani che fa lo spiritoso su Twitter.

Il giudice che perdona Ruby Rubacuori.

Il Pd che fa autocritica sul disastro primarie di Palermo.

 

Sembrano tutte notizie inverosimili, eppure solo una è inventata.

Se la Banda Bassotti si scioglie

La rottura drastica tra Pdl e Lega è una di quelle notizie che non andrebbero soltanto diffuse, ma declamate.
Una cosa tipo: “Udite udite, i partiti che per quasi vent’anni hanno fatto finta di essere alleati, i cui leader hanno diluito in cena, dopocena e aperitivo i rispettivi sentimenti di antipatia, i cardini di quella coalizione che ha reso possibile l’impossibile, che ha architettato leggi folli, che si è esibita in una polluzione di condoni, che ha inventato la giustizia pret-à-porter, gli attori di quella tragica messinscena che ha promesso all’Italia un sogno e che invece l’ha fatta precipitare nell’incubo, i personaggi che hanno condiviso rutti estivi e crostate invernali sfilando con canottiere o con bandane davanti ai flash dei fotografi e usando la volgarità come principale mezzo di comunicazione, ecco questi qua oggi hanno gettato la maschera. Sono sempre stati diversi, divisi e lontani, come Caino e Abele, le guardie e i ladri, Fede e Travaglio, Superman e Candy Candy. Sveglia! Stavano tutti insieme per becera strategia. Peggio di un matrimonio di convenienza quando lui, giovane e aitante, prende per moglie una decrepita petroliera texana”.
Solo che in questo caso i parenti della sposa sono sessanta milioni.
Tutti incazzati.

Angel the cannibal

Il Giornale dà una nuova visione di Angelino Alfano, un po’ sanguinaria.

Al limite, basta pagare

Gli vogliono tutti bene, però gli manca un quid…

Silvio Berlusconi a proposito di Angelino Alfano.

Il romanziere senza romanzo

Quelli di I Love Sicilia hanno avuto una bella idea. Far recensire il libro dell’ex ministro della Giustizia Angelino Alfano, “La mafia uccide d’estate”, al magistrato Antonio Ingroia.
Risultato: l’autore è promosso come romanziere, solo che il libro non è un romanzo…

Manca solo la rivoluzione

Se le farse pubbliche bastassero a innescare le rivoluzioni, in Italia avremmo risolto ogni problema. Persino la crisi di governo, un argomento serio e delicato, rientra nel copione recitato dai quattro attorucoli che ci governano. Berlusconi, con un messaggio indirizzato ai suoi usa toni melodrammatici, Bossi fa finta di accendere una miccia umida, Alfano getta acqua sul fuoco mai acceso. Avanspettacolo, insomma. Continua a leggere Manca solo la rivoluzione