Da oggi il Consiglio di indirizzo del Teatro Massimo di Palermo ha un nuovo componente in sostituzione di Marcella Cannariato, indagata per corruzione nell’inchiesta che parte dal presidente dell’Ars Galvagno e arriva chissà dove. Il Consiglio di indirizzo ha il compito di definire gli obiettivi e le priorità della Fondazione: poi vaglia i programmi e decide di conseguenza. Insomma è un organo importantissimo, soprattutto in presenza di un sovrintendente debole come è Marco Betta, mi dispiace dirlo ma è la verità. Ebbene il nuovo componente, nominato dal governatore Schifani, è il nome che mai mi sarei aspettato dal Teatro che coraggiosamente, retto dal sovrintendente di allora Francesco Giambrone, ha messo in scena una trilogia di opere sui misteri delle stragi Falcone e Borsellino. In un mondo, o meglio in una città, alla rovescia tutto può accadere. Ma non che Anna Maria Palma, uno dei componenti del pool dei magistrati di Caltanissetta che avallarono le dichiarazioni del pentito farlocco Scarantino contribuendo in qualche modo al più grave depistaggio della storia repubblicana, quello della strage di via D’Amelio, entrasse nel consesso che dovrà decidere i programmi di un Teatro che di mafia e depistaggi (grazie al sottoscritto e a Salvo Palazzolo) si è occupato per la prima volta in assoluto. E non serve ricordare – ma lo faccio lo stesso – che Palma è stata assolta in sede giudiziaria insieme ai suoi illustri colleghi (tutti promossi, ovviamente). Serve invece tenere a mente che ci sono questioni morali, o di mera visione politica, o di buona creanza, che avrebbero imposto di fare mosse ben diverse. Diciamo che la scelta di Palma al Teatro Massimo è la più incredibile in assoluto. Perché ci tramanda al contempo la visione di una politica che se ne fotte di tutto, facendo leva sulla distrazione di Palermo e dei suoi circoli di pensiero anche mediatici purtroppo, e la cecità complice di un’istituzione prestigiosa come il Teatro Massimo ormai in balia del primo sussuro politico. È una situazione di una gravità assoluta perché mette la cultura al servizio della protervia della politica, la fa inginocchiare dinanzi al “qui comando io e non fiatare”. Ci si è sbraccciati dinanzi alla coincidenza della festa del figlio di Cuffaro con il 19 luglio (una minchiata solenne secondo me), ora cosa si pensa di fare con una nomina grottesca che non è una coincidenza?
Per essere pratico, la trilogia sulle stragi, che anche di Palma parlava, come mai si sarebbe potuta mettere in scena oggi?
Lo dico con un gran dolore dentro, mai avrei pensato di poter scrivere queste righe sino a qualche anno fa. Poi a poco a poco ho cominciato a sviluppare una sorta di callo nella coscienza.
Siamo una città che vive di sussurri e mobilitazioni prêt-à-porter, ma che non si alzi un’obiezione politica, civile, giornalistica contro questo scempio non di arte ma di verità, è qualcosa che per me si avvicina a un fine pena mai.
Vergogna.
[…] paese ha i disastri che si merita. E proprio oggi non è una frase a […]