L’articolo pubblicato su Repubblica Palermo.
È una questione culturale, dice giustamente il sindaco di Catania Enrico Trantino a proposito dell’ennesima corsa clandestina di cavalli sfiancati, con spari, moto rombanti, strade occupate abusivamente e relativo indotto illegale di scommesse. Perché non si può svuotare il mare col secchiello, è la sintesi estrema.
Poi aggiunge una frase che dà un’altra chiave di lettura del suo pensiero. Dice: “Se mi trovate uno solo che nelle stesse condizioni in cui operiamo possa produrre di più di quanto stiamo facendo, sono pronto a mettermi da parte”. Che significa che meglio di lui non c’è praticamente nessuno o che – giratela come volete – più di quello che sta facendo non può fare.
E qui la musica cambia o – giratela ancora come volete – torna la solita solfa. La politica del 2025, nell’era dell’amplificazione abnorme dei social (la storia di questa corsa clandestina proviene da quel bacino) e della dittatura dell’irragionevolezza, deve usare con gran cautela il verbo “fare”. Un sindaco che dice che più di questo non può fare e che nessuno potrebbe fare meglio di lui, fa esattamente ciò che un sindaco non deve fare. Sviare, foraggiare l’antico luogomunismo per cui “fa più rumore denigrare che costruire”, instillare di rimbalzo la sensazione che chi sbaglia può persino farla franca. Attenzione, qui non si chiede a Trantino la muscolarità del destrorso convinto, né l’annuncio di chissà quale giro di vite (dalle nostre parti c’è sempre una vite da stringere quando la macchina pubblica traballa, ma spesso il difetto è negli ingranaggi), ma gli si consiglia cosa non fare. Salire sul calesse per dimostrare che comunque ci si può illudere di essere primi anche quando non lo si è. Difendere l’immagine di una città (bellissima di suo) sciorinando excusatio in saldo. Dimenticare il buon proposito, che pure ha mostrato di coltivare ma che ha accantonato nella foga dichiaratoria, per cui “è una questione culturale”. Cultura significa: organizzazione, disciplina, responsabilità.
Il resto è fuffa da social.
Buongiorno, mi chiamo Fulmine e sono uno dei cavalli impiegati nelle corse clandestine di Catania.
Personalmente ho una buona opinione del sindaco: da quando è salito in sella alla nostra amata città è partito letteralmente al galoppo. Le critiche non gli sono mai mancate, ma lui ha saputo sempre “saltare in alto” e all’occorrenza “puntare sul cavallo giusto” per raggiungere il risultato. Mai poi che l’abbia visto “cambiare cavallo in corsa” per facili consensi. Infine un plauso al senso del dovere: è sempre in attività, anche quando ha una febbre da cavallo o un raffreddore da fieno.
Insomma… è davvero un purosangue.
l’editoriale di Piraneo contro non meglio definiti “nichilisti della porta accanto” continua una strana difesa del sindaco. Menomale che Lei ha scritto questo articolo