grayscale photo of chair inside the establishment
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L’articolo pubblicato su Repubblica Palermo.

Chissà cosa resta nei ricordi di Gaetano Fernandez di quando finì in un film presentato addirittura al Festival di Venezia. Era il 2017 e i registi Antonio Piazza e Fabio Grassadonia portavano il loro Sicilian ghost story in giro per l’Italia. Era una storia ispirata al sequestro e l’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo rapito e assassinato per vendetta nei confronti del padre Santino, un mafioso che aveva deciso di collaborare con i magistrati. Allora Gaetano Fernandez aveva 14 anni e interpretava proprio Giuseppe Di Matteo. Oggi di anni ne ha 22 ed è accusato di essere vicino alla cosca mafiosa di Porta Nuova e di aver ceduto una pistola: è tra i 181 arrestati del blitz antimafia dei giorni scorsi.
Nelle curve della vita a lui è stata data una possibilità di guidare con saggezza: forzando la metafora potremmo dire che addirittura gli è stata fornita un’auto che altri si sognano. Ma niente, infischiandosene della tenuta di strada lui ha deciso di schiantarsi. E lo ha fatto deliberatamente.

C’è nella ancora breve storia di Gaetano Fernandez – è comunque un giovane che ha una vita davanti, possibilmente da non sprecare – un elemento che spariglia alcune certezze della buona coscienza civica antimafia, alle quali comunque è bene sempre rimanere abbarbicati, per esercizio di saggezza se non altro. Ma la saggezza non ci salva dal pensiero trasversale, dalla tentazione sbilenca di guardare alle cose senza il filtro dell’ottimismo forzato.
Lui ha conosciuto la luce dei riflettori. È entrato, seppur di rimando, nel mondo fatato del cinema. Ma non gli interessava: non è noto nessun intervento di coercizione che lo abbia distolto da una passione sana e invidiabile. Semplicemente ha esercitato la sua possibilità di scegliere. E ha scelto la pistola.

Non sappiamo quanto ha influito la famiglia (termine allargato a ogni possibile interpretazione), supponiamo però che abbia pesato l’epoca in cui viviamo. Per rimanere in ambito cinematografico dai “Ragazzi fuori” di Aurelio Grimaldi a oggi Palermo è cambiata. Allora, ma ancora prima negli anni ’80, c’erano un’altra mafia, un’altra città e un’altra ribellione. Poi, a dimostrazione che la componente criminale dominante ha su Palermo un influsso che raramente si registra altrove, gli equilibri sono cambiati: nelle cosche e nel loro riverbero malefico sulle coscienze pulite. Così la militanza di allora, da un lato e dall’altro della barricata, oggi è archeologia. Solo che le cosche hanno imparato che sulle ragnatele non si costruisce nulla, gli altri no.
Il giovane Fernandez è figlio di questa era senza immaginazione. Quel film e quei ricordi erano solo la sua ragnatela da spazzare via. Alla faccia del cinema, di Venezia e dei riflettori. Per tutti gli altri, gli astanti fuori moda e fuori tempo, resta una dolorosa certezza: è difficile illuminare la strada di chi sceglie di brillare di buio riflesso.

Di Gery Palazzotto

Uno che scrive. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

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