C’è questa storia della legge bavaglio per la quale noi giornalisti, alcuni di noi giornalisti, stiamo facendo barricate, pronti a immolarci su una pira di giornali. Io me lo sono andato a leggere, questo provvedimento. E pur non avendo alcuna simpatia per la parte politica che lo sostiene devo dire che sono rimasto allibito per quel che ho visto sui quotidiani che parlano di legge liberticida.
In pratica la novità è che non si può fare più il “copia e incolla” delle ordinanze di custodia cautelare fino a quando non sono concluse le indagini preliminari. Non sino alla fine del processo, non sino all’ultimo grado, al giudizio della Cassazione: no, solo fino alla fine della prima fase delle indagini.
A parte il “copia incolla” però i giornalisti possono sintetizzare il contenuto delle ordinanze, che quindi non resta affatto segreto. Devono solo lavorare un po’ di più, diciamolo. E magari esercitare un po’ di capacità analitica nell’esaminare un provvedimento, ritenendosi finalmente liberi da ogni forma di appiattimento su una tesi accusatoria. So che scrivendo queste righe risulto non simpatico a molti miei amici e colleghi (che stimo e rispetto comunque, amen). Ma non posso non tenere in conto l’uso spesso sconsiderato che si fa di certe carte, di certe informazioni in esse contenute, dello spropositato sputtanamento messo in atto rendendo pubbliche vicende intime allo scopo di inquinare l’immagine di un indagato. Ricordiamocelo, anche se l’indagato è brutto sporco e cattivo ha diritto alle stesse garanzie di quelli belli puliti e buoni. Che ci piaccia o no.
Io per primo sono caduto più di una volta in questa trappola empatica calcando la mano per sentimento. È una cosa disdicevole, e ammetterlo non mi libera dal senso di colpa: quando si invecchia evidentemente certi sentimenti vengono a galla come gnocchi bolliti.
L’altro giorno Claudio Fava su Repubblica nel criticare questo provvedimento citava il caso Scarantino, il falso pentito del depistaggio delle indagini sulla strage di via D’Amelio. E mai citazione fu più appropriata, ma in senso opposto rispetto alle intenzioni dell’autore, giacché le propalazioni del mafioso farlocco hanno goduto per anni e anni di una visione totalmente acritica da parte di noi giornalisti. Insomma con meno “copia e incolla” e più ragionamenti forse ci saremmo potuti evitare certe figure da pesci in barile. Sempre lo stesso giorno il presidente dell’Anm Giuseppe Santalucia, nel contestare su vari giornali il provvedimento del governo diceva, in soldoni, che è meglio pubblicare un testo per come è stato scritto dal giudice che affidarsi al riassunto di un giornalista. E i giornalisti muti. Anzi, bene, bravo Santalucia. Una scena al limite del verosimile.
A proposito di verosimiglianza. Sapete a quanto ammonta la sanzione per gli editori in caso di violazione della legge. Tenetevi forte, perché è la parte più tosta di questo provvedimento liberticida: una multa fino a 260 euro.
Un bavaglino.