seated man reading newspaper with flames

Il disprezzo per i giornali

Si discute spesso e in modo troppo sbrigativo della crisi del giornalismo. È un problema di livello mondiale che si riverbera, amplificandosi, nelle testate regionali e locali.
La prima cosa da dire è che i mezzi di informazione hanno fatto di tutto per meritarsi il disprezzo che li circonda. In America come in Italia i giornali, a causa di ristrettezze economiche ma anche di una discreta quota di imperizia, hanno mostrato un’ostinazione nel far male il loro lavoro che rasenta il fantascientifico.

Da un lato molti colossi dell’informazione hanno messo gli obiettivi politici davanti a ogni cosa, piegandosi anzi inginocchiandosi davanti a quel potere che avrebbero dovuto sorvegliare. Dall’altro l’imbarazzante ricerca affannosa di contenuti acchiappa-clic ha impoverito l’offerta informativa contribuendo pericolosamente alla creazione di bolle e al proliferare dei pregiudizi. In pratica i mezzi di informazione si sono messi a scimmiottare l’algoritmo di quei social che un tempo consideravano veleno.
Ma la parte più pericolosa l’ha evidenziata Rebecca Solnit sul Guardian: “Vogliono darsi (sottinteso i giornali, nda) una parvenza di equità ed equilibrio trattando il vero e il falso, il normale e l’inaudito come ugualmente validi, e normalizzando i repubblicani, soprattutto Donald Trump, traducendo in frasi comprensibili le sue farneticazioni, mentre sorvolano sui crimini che ha commesso e sulle attuali menzogne e minacce. Oscurano continuamente storie importanti con conseguenze reali”.

Seguendo il ragionamento della Solnit una delle accuse che mi provoca più imbarazzo quando leggo le cronache di un qualunque giornale è, ad esempio riferita a un politico, quella di “non sapere comunicare”. Che è un vero cortocircuito logico giacché il compito dei giornali dovrebbe essere proprio quello di raccontare cosa fa quel politico e non recensire come lui parla di sé. Secondo questa logica un politico che invece comunica bene si dovrebbe prendere un applauso dalle redazioni per via della semplificazione del lavoro. Ovviamente ogni generalizzazione va evitata: sappiamo bene che esistono prodotti giornalistici di gran livello e che l’informazione di qualità resiste (anche se a fatica).

È in questo scenario che, per fortuna, prendono piede o in certi casi resistono newsletter di giornalisti intraprendenti e blog di personaggi ostinati (tipo il sottoscritto, perdonate l’autocitazione ma ognuno a casa propria può sentirsi un re). Solo che è un lavoraccio perlopiù gratuito che non dà altra soddisfazione che quella di una coscienza pulita (con la quale non si mangia ma si dorme benissimo).

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

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