L’incanto rovente della Death Valley

Chi vi dice che la Death Valley è soltanto una meta turistica probabilmente è passato dritto lungo la strada 190 per trovare presto rifugio nella civiltà. In realtà la Death Valley è un accordo di meraviglia, disagio e curiosità. Già prima di arrivare al bivio in cui la civiltà si separa dalla sua culla (le stratificazioni geologiche delle rocce della Valle della morte ci dicono della preistoria più di un libro di testo), concedetevi un antipasto di meraviglia. All’altezza di Lone Pine imboccate la strada Mountain Whitney Trail, quasi venti chilometri di panorami mozzafiato che vi prepareranno alla follia rovente della Valley. Vedrete le Alabama Hills, colline di pietre impossibili da descrivere e per questo luogo di molti set cinematografici, e un anticipo dei colori e dei contrasti della Death Valley.
Poi tirate il fiato e tuffatevi nel Grande Regno dei contrasti: dalle vette alle depressioni, dalle rocce vulcaniche alle pietre dai riflessi arcobaleno.


Per assaporare davvero questo luogo bisogna passarci la notte. L’operazione non è delle più semplici dato che nella Death Valley non ci sono né città né alberghi degni di questo nome. Esistono, anzi sopravvivono posti sperduti come Panamint Spring, un non-luogo che si compone di una stazione di servizio (una delle due dell’intera zona), un ristorante, un motel/campeggio. Noi alloggiamo in una cabin di recente costruzione (138 dollari, tasse incluse), in pratica un prefabbricato di legno eretto attorno a un condizionatore che vibra come un vecchio diesel. Per chi vuole risparmiare c’è l’opzione tenda, ma l’alloggio in un manufatto stile protezione civile senza aria condizionata (ma con zanzariera) credo sia catalogato come prova di sopravvivenza.
In questo posto che sembra ostile ma che forse ha solo bisogno di essere addomesticato nei nostri pensieri  è bellissimo perdersi davanti a qualche birra gelata (i frigoriferi di Panamint funzionano benissimo e la scelta di birre è vastissima). In più c’è il raro conforto di un’anarchia tecnologica: non esiste il wi-fi e i telefoni cellulari non hanno campo.
La Death Valley offre infiniti spunti e itinerari. Il problema è quanto tempo si ha e quanto si è disposti a resistere. Noi in un giorno e mezzo, compreso il suggestivo pernottamento di cui sopra, siamo riusciti ad avere una visione talmente esaustiva da alimentare una certa nostalgia già poche ore dopo essere tornati nel mondo ordinario: le dune, da osservare abbastanza velocemente; il Golden Canyon da percorrere a piedi per i primi due chilometri, luogo molto selvaggio; Badwater, ottanta e passa metri sotto il livello del mare, metterà a dura prova la vostra resistenza al caldo (siate pronti a scarpinare con una temperatura sempre oltre i 40 gradi).

Avvertenza tecnica: per affrontare la Death Valley è bene avere sempre sufficienti scorte di acqua e carburante. Per l’acqua non c’è problema, basta comprarla prima. Per la benzina evitate di fare rifornimento a Panamint Spring dove il carburante è molto caro.

7 – continua

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

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