Se la pubblicità è l’anima del restauro

manifesto cattedrale di Palermo
Un estratto dall’articolo di oggi su la Repubblica.

Forse cadranno dal cielo quei soldi che servono per il recupero della Cattedrale di Palermo e di altri importanti monumenti cittadini. Di certo appare difficile che arrivino, come invece accade in tutto il mondo, dai privati. Coi tempi che corrono la pubblicità è l’anima del restauro, una forma collaudata e pratica di finanziamento o, se preferite, una toppa nelle tasche bucate della pubblica amministrazione. Il Comune non pare interessato all’argomento poiché non solo ha detto no ai manifesti sul ponteggio della Cattedrale, ma ha rinviato tutta questione a dopo l’approvazione da parte del Consiglio comunale del piano per la pubblicità. Siamo cioè all’ennesimo assolo nel concerto triste dei rinvii. In questa città, infatti, non c’è atto partorito che non sia legato ad altro atto in fase di concepimento, non c’è piano senza lacciuolo, non c’è delibera svincolata da un parere mancante.
(…)
Intanto i lavori si fermano perché al Comune si sono accorti che c’era una deregulation nel campo pubblicitario, come se l’emergenza fosse maturata l’altro ieri. Va bene essere nudi e puri, ma così all’improvviso si rischia la polmonite.
Orlando annuncia un piano compatibile con “la vocazione artistica, culturale e turistica della città” e sarebbe la migliore delle prospettive se solo non prevedesse lo stop forzato ai lavori che anche Confindustria Palermo ha stigmatizzato. Strano oracolo quello che annuncia luce, ma impone il buio: metafora ideale per una città che prova a trasformarsi senza mai divenire.
Che le regole servano, nessun dubbio. Che servano presto, nemmeno. Che però ci sia, in questa vicenda delle sponsorizzazioni, una visione angusta e provinciale, è purtroppo chiaro. Alle prime reazioni sdegnate per l’ormai famoso manifesto sui ponteggi della Cattedrale, che portava fior di quattrini alla nobile causa, ricordammo gli esempi del Duomo di Milano restaurato grazie anche alla pubblicità di un’azienda di lingerie (sacro e profano convivono alla grande quando mangiano allo stesso tavolo) e di Piazza San Pietro dove campeggiavano manifesti che pubblicizzavano carburanti, contratti telefonici, forniture di energia elettrica. Ma la diversità palermitana è prorompente: meglio scassati che sponsorizzati. Il manifesto deturpa il monumento e non importa se senza, lo stesso monumento rischia di venire giù pietra dopo pietra. A nessuno piace il consiglio per gli acquisti sbattuto sui muri, appeso su un arco antico, sventolante su una guglia. Ma alla durezza dei tempi deve corrispondere un’elasticità della mente. Altrimenti la frase finale di questa storia rischia di essere quella, ferocemente realistica, di Leo Longanesi: e vissero infelici perché costava meno.

Pubblicato da

Gery Palazzotto

Palermo. Classe 1963. Sei-sette vite vissute sempre sbagliando da solo. Sportivo nonostante tutto.

2 commenti su “Se la pubblicità è l’anima del restauro”

  1. E’ pazzesco rifiutare i soldi della pubblicità !
    Questi che si stracciano le vesti per un cartellone pubblicitario su un monumento poi sono disposti a cacciare qualche euro per il suo restauro ?

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